Almanacco Equilibri 2025 – Il potere di imparare
L’apprendimento amplifica il potenziale di resilienza e innovazione: è un potere che può permettere all’individuo di negoziare la propria identità messa perennemente in crisi dalla rapidissima evoluzione degli scenari. Le diseguaglianze saranno sempre di più di tipo cognitivo. E, a fare la differenza, sarà sicuramente la capacità o meno di conoscere. Il potere di imparare, l’abilità di saper apprendere lungo tutto il corso della vita, è la risposta adattiva cruciale della nostra epoca. Per tutti e con tutti. Anche le competenze potrebbero non confluire più nel mondo del lavoro. La sfida collettiva è creare un habitat educativo generalizzato che realizzi le condizioni per acquisire ‘il desiderio di apprendere’, nel passaggio, epocale, dal diritto al potere di imparare.

A complemento di Equilibri Magazine abbiamo pensato di offrire ogni anno, ai nostri lettori e quelli che arriveranno, uno strumento più tradizionale e più scanzonato: un ‘Almanacco’ che accoglie alcuni contributi già apparsi online e tanti nuovi di approfondimento o che esplorano insoliti percorsi.
Il cambiamento climatico è il tema del nostro tempo, ma il dibattito pubblico intorno a esso sembra in ritardo rispetto alla portata della crisi. Di adattamento si parla molto, ma spesso in termini ambigui, quasi a voler accettare passivamente una realtà inevitabile. Quando se ne parla, esso viene distinto dalla mitigazione, dall’insieme cioè delle azioni volte a ridurre le cause stesse del cambiamento climatico. Va da sé che la distinzione è inevitabile, però nasconde il rischio di marginalizzarla. L’enfasi sull’adattamento, cioè sugli strumenti per affrontare gli effetti del cambiamento climatico, se male intesa può trasformarsi in un’ammissione di sconfitta, un ‘adattarsi’ a questi effetti, sempre più devastanti, piuttosto che ‘adattare’ la realtà per contenerne gli impatti.
Le politiche di adattamento per fronteggiare eventi estremi sempre più frequenti, come il disastro di Valencia e i tanti episodi catastrofici del 2024, non possono limitarsi a risposte emergenziali o tecnocratiche. Occorre non solo un approccio pragmatico, ma anche un cambio di prospettiva nella visione della natura, intendendola come un’entità vivente, dinamica e interconnessa. Una visione che rompe col dualismo uomo-natura, perché la natura non è l’altro da dominare o proteggere, ma un sistema complesso di cui noi siamo parte integrante. Ciò implica soluzioni trasformative che vadano oltre il modello ‘business as usual’, ripensando profondamente il nostro modo di vivere e tutte le forme di produzione, scambio, consumo. Eppure, nonostante i moniti sempre più drammatici – per esempio l’ultimo Rapporto Copernicus, che ha correttamente previsto per il 2024 una temperatura globale superiore a 1,5 gradi sopra il livello pre-industriale – sembra agire una sorta di rimozione collettiva inconscia. Ogni evento catastrofico sembra scuoterci solo temporaneamente, per poi essere rapidamente dimenticato. Ma il ‘ritorno del rimosso’ potrebbe essere tremendo: ignorare le lezioni del presente non fa che amplificare i rischi del futuro, cioè impatti sempre più devastanti e impensabili.
Adattamento e mitigazione sono due facce della stessa medaglia e devono agire insieme, altrimenti le politiche sono inutili. L’adattamento richiede non solo di prepararsi agli impatti inevitabili, ma anche di trasformare la realtà per ridurne gli effetti. E per fare questo, non bastano soluzioni che mantengono intatti i paradigmi economici e sociali attuali. È necessario mettere in campo un concetto forte di trasformazione del presente politico. Gli effetti del cambiamento climatico colpiscono tutti, ma ciò non deve nascondere le responsabilità di alcuni, in particolare dei decisori politici.
A complemento di Equilibri Magazine abbiamo pensato di offrire ogni anno, ai nostri lettori e quelli che arriveranno, uno strumento più tradizionale e più scanzonato: un ‘Almanacco’ che accoglie alcuni contributi già apparsi online e tanti nuovi di approfondimento o che esplorano insoliti percorsi.
Il cambiamento climatico è il tema del nostro tempo, ma il dibattito pubblico intorno a esso sembra in ritardo rispetto alla portata della crisi. Di adattamento si parla molto, ma spesso in termini ambigui, quasi a voler accettare passivamente una realtà inevitabile. Quando se ne parla, esso viene distinto dalla mitigazione, dall’insieme cioè delle azioni volte a ridurre le cause stesse del cambiamento climatico. Va da sé che la distinzione è inevitabile, però nasconde il rischio di marginalizzarla. L’enfasi sull’adattamento, cioè sugli strumenti per affrontare gli effetti del cambiamento climatico, se male intesa può trasformarsi in un’ammissione di sconfitta, un ‘adattarsi’ a questi effetti, sempre più devastanti, piuttosto che ‘adattare’ la realtà per contenerne gli impatti.
Le politiche di adattamento per fronteggiare eventi estremi sempre più frequenti, come il disastro di Valencia e i tanti episodi catastrofici del 2024, non possono limitarsi a risposte emergenziali o tecnocratiche. Occorre non solo un approccio pragmatico, ma anche un cambio di prospettiva nella visione della natura, intendendola come un’entità vivente, dinamica e interconnessa. Una visione che rompe col dualismo uomo-natura, perché la natura non è l’altro da dominare o proteggere, ma un sistema complesso di cui noi siamo parte integrante. Ciò implica soluzioni trasformative che vadano oltre il modello ‘business as usual’, ripensando profondamente il nostro modo di vivere e tutte le forme di produzione, scambio, consumo. Eppure, nonostante i moniti sempre più drammatici – per esempio l’ultimo Rapporto Copernicus, che ha correttamente previsto per il 2024 una temperatura globale superiore a 1,5 gradi sopra il livello pre-industriale – sembra agire una sorta di rimozione collettiva inconscia. Ogni evento catastrofico sembra scuoterci solo temporaneamente, per poi essere rapidamente dimenticato. Ma il ‘ritorno del rimosso’ potrebbe essere tremendo: ignorare le lezioni del presente non fa che amplificare i rischi del futuro, cioè impatti sempre più devastanti e impensabili.
Adattamento e mitigazione sono due facce della stessa medaglia e devono agire insieme, altrimenti le politiche sono inutili. L’adattamento richiede non solo di prepararsi agli impatti inevitabili, ma anche di trasformare la realtà per ridurne gli effetti. E per fare questo, non bastano soluzioni che mantengono intatti i paradigmi economici e sociali attuali. È necessario mettere in campo un concetto forte di trasformazione del presente politico. Gli effetti del cambiamento climatico colpiscono tutti, ma ciò non deve nascondere le responsabilità di alcuni, in particolare dei decisori politici.
All’interno dell’Almanacco, troverai anche questi articoli:
- Il potere di imparare (parte 1 e parte 2), Susanna Sancassani
- Le nuove frontiere dell’idrogeno, Alessandro Lanza e Valeria Zanini
L’Almanacco è disponibile online e nelle migliori librerie.
All’interno dell’Almanacco, troverai anche questi articoli:
- Il potere di imparare (parte 1 e parte 2), Susanna Sancassani
- Le nuove frontiere dell’idrogeno, Alessandro Lanza e Valeria Zanini
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