Il potere di imparare (parte 2)

Nel futuro le diseguaglianze saranno sempre più di tipo cognitivo. A fare la differenza, la capacità o l’incapacità di apprendere e adattarsi. Ma prima di tutto il potere di imparare deve essere dato a ogni individuo. Nessuno escluso.

Autore

Susanna Sancassani

Data

7 Aprile 2025

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6' di lettura

DATA

7 Aprile 2025

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La consapevolezza dell’indispensabilità del sapere. E la sua attivazione

Sviluppare il potere di imparare non riguarda solo l’apprendimento di come far propri concetti, abilità e competenze, ma coinvolge elementi legati alla motivazione, all’autoefficacia e alla capacità di orientarsi all’interno del contesto educativo. Ci sono almeno tre presupposti chiave perché il potere di imparare si manifesti: 

  • la consapevolezza che il sapere serva;
  • l’abilità di ottenerlo;
  • la convinzione di poterlo fare.

Questi presupposti non solo abilitano il processo di apprendimento, ma sono anche alla base dello sviluppo dell’agency auto-educativa, ovvero la capacità di agire in modo autonomo e consapevole nel proprio percorso di crescita. Il primo presupposto fondamentale è che l’individuo debba essere consapevole dell’importanza del sapere, ovvero debba riconoscere che le conoscenze e le competenze che sta cercando di acquisire hanno una rilevanza per la sua vita e per la comunità. La consapevolezza del valore del sapere non è solo un fattore di supporto alla motivazione intrinseca per i percorsi che vengono proposti da un soggetto esterno (scuola, università, formazione aziendale) o connessa al valore pratico del sapere. Educare l’individuo al valore del sapere è un atto profondamente trasformativo e dunque politico, nella migliore accezione possibile: significa mettere al centro dell’educazione il processo attraverso cui le persone diventano consapevoli delle dinamiche che influenzano la loro vita e imparano a riconoscere le strade per negoziarle e plasmarle. Questa motivazione fondamentale basterebbe a dare una misura dell’importanza di sviluppare attivamente consapevolezza che il sapere serve, ma possiamo tener conto anche di altre motivazioni di ordine e priorità più basse.

In un mondo AI enabled sta cambiando repentinamente il rapporto con la decisione: siamo di fronte all’emergere di nuovi paradigmi in cui l’essere umano, in quanto unico soggetto passibile di sanzione, resta il soggetto che esercita la responsabilità della decisione, in un processo in cui controlla solo parzialmente le modalità di generazione delle opzioni possibili. In questo contesto si spazia dalla decisione banale di quale versione di un paragrafo generato da AI utilizzare per un briefing di progetto, alla scelta dell’opzione terapeutica suggerita da un sistema medico AI based. Il problema è che sempre più frequentemente il soggetto responsabile della decisione non avrà già a disposizione tutto il sapere che servirebbe per esercitare la sua responsabilità in modo consapevole. L’esercizio etico della responsabilità implicherà sempre di più un sistema di conoscenze continuamente adeguato al contesto reale. Un contesto in evoluzione costante, in cui chi non dispone dell’abilità di apprendere rapidamente e in modo significativo non potrà che assumersi la responsabilità di decisioni di cui non ha né controllo né consapevolezza. Infine, in molti contesti (anche se non in tutti), oltre al dominio della responsabilità, all’uomo resta il dominio della realtà. È l’essere umano che legge la realtà per chiedere aiuto all’AI, è l’essere umano che deve portare gli esiti nella realtà trasformandola. Almeno fino a oggi. Questa nuova rilevanza della realtà e della nostra abilità di conoscerne i layer, gli “strati di realtà” come li troviamo nel pensiero di un maestro della transdisciplinarità come Basarab Nicolescu 1, richiede nuovi processi di alfabetizzazione che poco (o niente) hanno a che vedere con il conoscere il funzionamento dell’intelligenza artificiale. In questo percorso però non siamo soli. Se vogliamo esplorare un concetto, acquisire una nuova abilità o comprendere il comportamento più appropriato a un contesto, gli agenti artificiali non si limitano a fornire risposte immediate, ma offrono un potenziale per creare esperienze di apprendimento dinamiche e personalizzate.

Alfabetizzare all’apprendimento nei nuovi ecosistemi digitali


Il secondo presupposto è la conoscenza dei processi di apprendimento e delle risorse disponibili per ottenere il sapere. La consapevolezza che il sapere è importante non basta: l’individuo deve anche essere in grado di accedere a queste conoscenze. Questo implica una comprensione dei metodi di apprendimento, delle risorse educative a disposizione e delle modalità attraverso cui può acquisire nuove competenze. In un’ottica pedagogica, insegnare come imparare è altrettanto importante quanto insegnare i contenuti stessi. Questo è il fondamento dell’approccio metacognitivo, che mira a sviluppare negli studenti la capacità di riflettere sui propri processi di apprendimento. Educatori e formatori devono fornire a studenti e lavoratori gli strumenti per comprendere come imparare efficacemente: questo può includere strategie di studio, la gestione del tempo, l’uso di risorse tecnologiche e il supporto di reti sociali o educative. In questo contesto, l’idea di imparare ad apprendere è centrale. Lo psicologo cognitivista Jerome Bruner ha sviluppato negli anni Ottanta il concetto di scaffolding, che si riferisce al supporto fornito dall’insegnante per aiutare lo studente a costruire gradualmente la propria capacità di apprendere in autonomia2. Attraverso il giusto supporto, gli studenti acquisiscono non solo conoscenze specifiche, ma anche la capacità di apprendere nuovi concetti in modo autonomo. La capacità di arrivare alle conoscenze e alle competenze necessarie e attivarle, il conoscere come ottenere il sapere, con l’accessibilità diffusa dei LLM, si rimodella completamente.

Si configura quella jukebox education3 che ci consente di imparare anytime, anywhere, anyway, la possibilità di mettere insieme un puzzle di discipline che si intersecano nella quantità e nella qualità richiesta. E oggettivamente diventa molto più strategico avere una visione complessiva sia delle necessità di contenuti che degli strumenti per accedervi. È un lavoro di regia e di interlocuzione che va sedimentato. Il semplice fatto di aver seguito con successo un percorso formativo non garantisce automaticamente la capacità di apprendere in modo efficace utilizzando agenti basati sull’intelligenza artificiale: serve, appunto, un nuovo tipo di “alfabetizzazione all’apprendimento nei nuovi ecosistemi digitali. Per interagire con queste tecnologie in maniera consapevole e produttiva, è necessario non solo conoscere le logiche di funzionamento degli strumenti, ma possedere competenze metacognitive avanzate e una profonda familiarità con i processi di apprendimento autonomo che non si acquisiscono “automaticamente” lungo un normale percorso di studio.

Autostima e autoefficacia

Il terzo presupposto fondamentale è la convinzione di essere in grado di apprendere, ovvero la fiducia nelle proprie capacità. Questo concetto, spesso indicato come autoefficacia (concetto sviluppato da Albert Bandura, uno dei più influenti psicologi del Novecento), è essenziale per il processo di apprendimento4. Se un individuo non crede di poter riuscire a imparare qualcosa di nuovo, anche di fronte a tutte le risorse e opportunità a disposizione, sarà difficile che intraprenda un percorso di apprendimento attivo e consapevole. Secondo i dati Eurostat e ISTAT pubblicati nel 2023, in Italia il fenomeno dei NEET (giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano) è una delle emergenze sociali più significative. Secondo i dati più recenti, circa 3 milioni di giovani, pari al 25,1% della popolazione in questa fascia di età, rientrano in questa categoria. Questo dato è ben superiore alla media europea, che si attesta attorno al 13,1%. L’Italia ha quindi uno dei tassi di NEET più alti in Europa, superata solo da Paesi come la Turchia. Come ha contribuito il nostro sistema educativo e formativo a costruire il livello di fiducia nelle proprie capacità di imparare di queste persone? Carol Dweck, psicologa di Stanford, con la sua teoria del mindset ha esplorato come la convinzione di poter imparare sia influenzata dal modo in cui le persone vedono le proprie capacità5. Disporre di un mindset dinamico significa essere convinto che le abilità possano essere sviluppate con impegno e pratica. Senza questa fiducia, nella cui costruzione l’educazione e la formazione hanno un ruolo cruciale, senza la convinzione di poter imparare, gli individui rischiano di non sviluppare mai appieno il loro potenziale e qualsiasi agency resta al di fuori del loro raggio d’azione.

L’incapacità e l’impossibilità di imparare produce le disuguaglianze del futuro

Ritornando all’incipit di questo articolo e ad Alvin Toffler, la sua previsione si sta dimostrando incredibilmente attuale: chi non sa come apprendere in modo efficace, o non ha gli strumenti per farlo, rischia di essere lasciato indietro, privo delle risorse necessarie per partecipare attivamente nella società. Questo fenomeno è amplificato dal fatto che l’accesso all’apprendimento oggi è potenzialmente illimitato grazie alla diffusione dei Large Language Model e presto dei personal agent: in qualsiasi momento possiamo costruire dialoghi autenticamente formativi nella nostra lingua, con la complessità di linguaggio che riusciamo a padroneggiare, e anche farci aiutare nel selezionare risorse educative digitali più “tradizionali”: i MOOC (Massive Open Online Courses) offerti dalle principali università sono ormai migliaia, così come i podcast educational o le comunità di apprendimento online. Senza la capacità di sfruttare questi strumenti, senza i “gettoni” – capacità di riconoscere il valore del sapere, abilità di ottenerlo, fiducia nelle proprie possibilità di farlo – che fanno funzionare il “jukebox educativo”, queste opportunità restano inaccessibili a molti.

Le più drammatiche disuguaglianze del futuro non riguarderanno solo l’accesso a risorse economiche o materiali, ma la capacità di apprendere e adattarsi. L’incapacità di imparare diventerà la nuova forma di analfabetismo e una delle fonti più gravi di emarginazione sociale. In questo contesto, abbiamo la necessità che istruzione e formazione possano andare oltre l’insegnamento di contenuti statici, promuovendo la crescita di una cultura del sapere, che includa la motivazione a imparare, la padronanza di come ottenere nuove competenze e la fiducia nelle proprie capacità.

Solo così, sviluppando una intelligenza auto-educativa e coltivando il potere di imparare, possiamo evitare che si creino fratture ancora più profonde nella società. È il potere di imparare, di crescere e di adattarsi che sarà il vero indicatore di inclusione sociale nel futuro.

Il potere di imparare – parte 1

Note

  1. B. Nicolescu, Heisemberg and the levels of reality, in “European Journal of Science and Technology”, vol. 2, n. 1, pp. 9-19.
  2. J. Bruner, Toward a theory of instruction, Harvard University Press, Cambridge (MA), 1966.
  3. S. Sancassani, Jukebox Education, in P. Alferj e N. Zanardi (a cura di), “Almanacco Equilibri 2024. La società dell’educazione”, Mimesis, Milano, 2024, pp. 140-143.
  4. A. Bandura, Self-efficacy: Toward a unifying theory of behavioral change, in “Psychological Review”, vol. 80, n. 2, pp. 191-215.
  5. C. Dweck, Mindset: The new psychology of success, Random House, Cambridge (MA), 2006.
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