Benvenuti a Scarfolk

Autore

Alessandro Leonardi, Raffaele Alberto Ventura

Data

14 Luglio 2023

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TEMPO DI LETTURA

4' di lettura

DATA

14 Luglio 2023

ARGOMENTO

PAROLE CHIAVE


Società

Filosofia

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Scarfolk è un piccolo villaggio inglese dove regna la paranoia. Il suo consiglio comunale è particolarmente prolifico nella produzione di opuscoli e manifesti che pubblicizzano rimedi drastici ai problemi della società moderna: «Sospettate che i vostri figli siano stati contaminati dal virus della rabbia? Non esitate a SPARARE.» E più generalmente: «Qualsiasi cosa stiate facendo, NON FATELA.» Un altro manifesto dice solo: ‘No’. E in basso, a pié di pagina: «Per ulteriori informazioni, rileggete questo poste.» A Scarfolk si sospetta di tutto e di tutti. Una misteriosa minaccia aleggia in ogni momento e la sicurezza è la prima priorità.

Scarfolk, ovviamente, non esiste: è un’invenzione del designer Richard Littler, ispirato alla retorica della comunicazione istituzionale inglese degli anni ‘70, all’estetica di quegli anni, nonché all’immaginario distopico di serie tv come Il prigioniero, al folk horror di The Wicker Man, alla musica hauntology. Littler ha disseminato le tracce di questo paese immaginario prima in un blog e poi in alcuni libri, che compongono in maniera frammentaria un universo coerente, prigioniero di un inquietante loop temporale.

Eppure in un certo senso Scarfolk esiste effettivamente ed è ovunque. Innanzitutto è un’immagine del passato al quale s’ispira, come la propaganda per il ‘fronte interno’ della seconda guerra mondiale, ma soprattutto è un’immagine deformata del presente e forse premonitrice del futuro. Non ho potuto fare a meno di pensarci quando, seduto nella cosiddetta ’area silenzio’ di un treno Frecciarossa, mi sono trovato di fronte alla gigantesca sagoma stilizzata di un volto che tiene il dito indice ritto davanti alla bocca. Zitti, il nemico ci ascolta? No, ci ascolta il nostro vicino di posto, che vorrebbe soltanto leggere in santa pace. Abbiamo militarizzato la cortesia. Non diversamente da Scarfolk, con la sua campagna ‘Finger on lips

Ma Scarfolk sopravvive anche nelle pubblicità che ci chiedono di segnalare ogni comportamento sospetto, che ci spiegano come bisogna comportarci, o che ci ricordano di lavarci le mani e di tenerci a debita distanza gli uni dagli altri. Perché anche nel nostro mondo aleggiano molte minacce e la sicurezza è diventata la priorità: dal crimine, dai comportamenti indecoros e ora dalla pandemia.

Questo significa che sia giusto avere le mani sporche o fare chiasso sul treno? Assolutamente no: significa semmai che siamo passati da un vecchio mondo in cui le regole di buona condotta e di igiene erano interiorizzate dalla società civile a un nuovo mondo in cui la regolazione del corpo sociale è progressivamente esternalizzata a poteri burocratici e polizieschi. Qui sta la differenza tra il classico fascismo e il dispotismo della società securitaria: se il fascismo imponeva con la forza cose che riteniamo sbagliate, il nuovo dispotismo impone con la forza un numero crescente di cose che appaiono come, se non giuste, perlomeno inevitabili. Perché il mondo si è effettivamente riempito di minacce: le abbiamo create noi, dal terrorismo alla crisi climatica passando dalla pandemia e dalla miseria relativa.

Quanto al futuro sembra che il confine tra la realtà e la parodia scarfolkiana tenderà sempre di più a erodersi. A Scarfolk, per esempio, Margaret Thatcher si era candidata con uno slogan tutto sommato onesto: «Non sperate in una vita migliore.»

Di fronte alla realtà che acciuffa la parodia quest’ultima non può che tentare un salto in avanti. Così negli ultimi tempi ci giungono da Scarfolk nuove idee: per entrare nel paese sarà necessaria una quarantena di 75 anni; e ovviamente sarà illegale assembrarsi in gruppi di una persona (entro sei piedi da sé stessi). E il consiglio comunale rassicura: «VA TUTTO BENE. Malgrado quello che potreste aver sentito, nessuno sta morendo. L’economia non sta crollando. Nessuno vi spia. L’ecosistema naturale non sta collassando. Di conseguenza non c’è NESSUN BISOGNO di discutere di questi argomenti in pubblico, sul vostro luogo di lavoro o a casa.»

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