La parola ‘collasso’ è entrata ufficialmente nei discorsi delle classi dirigenti globalizzate, seppure in maniera circoscritta, relativa ad alcuni elementi e non come possibile prospettiva complessiva della civiltà tecnologica attuale.
Il documento Global Risks Report 2023 pubblicato dal World Economic Forum evidenzia per la prima volta la possibilità di una serie di collassi in ambito statale, infrastrutturale e a livello di ecosistema.
Una combinazione di rischi che ha portato a coniare il termine ‘policrisi’ per descrivere la situazione attuale e la possibile evoluzione nei prossimi dieci anni.
Rispetto alle precedenti edizioni, risulta evidente il cambio dei toni di uno dei maggiori consessi globali e la presa di coscienza, per il momento ancora circoscritta, che la situazione planetaria si sta deteriorando rapidamente. Ma all’interno del report persistono chiavi di lettura legate al vecchio mondo, alle regole della globalizzazione legate agli anni ‘90 e al concetto di cooperazione internazionale post-guerra fredda, che suona sempre più antiquato di fronte alla rapida mutazione dell’assetto internazionale.
La questione dell’adattamento inizia a essere considerata, specialmente di fronte al previsto peggioramento della crisi climatica-ambientale nei prossimi anni, ed è il primo segnale che le speranze della mitigazione felix, della transizione soft, si stanno spegnendo anche fra coloro che si sono impegnati a credere e a propagare questa visione ottimista nelle ultime due decadi.
Ma questa presa di coscienza del pericoloso incedere del Sistema globale non ha ancora portato a una ‘rivoluzione culturale’ contro le fondamenta stesse dell’attuale modello di sviluppo, bensì solo una confusione limitata ad alcuni campi di stretta attinenza con l’attuale realtà geopolitica.
Le crisi aumentano, i pericoli intrecciati inquietano, eppure la risposta maggioritaria è pur sempre la fiducia nel deus ex machina tecnologico, nella spinta salvifica del capitalismo dinamico. Patrocinatore di continue idee per evitare la ‘fine’.
Le élite sono imprigionate nel Meccanismo, avviluppate nelle sue dinamiche costringenti, mentre solo alcuni dei loro membri accarezzano la remota possibilità del ‘si salvi chi può’ intuendo che il Collasso, quello globale, quello definitivo, potrebbe realmente avvenire indipendentemente dai loro sforzi.
Nonostante questa cecità di fondo (per dirla con Ghosh) il report rappresenta comunque la prima reale breccia, a livello di establishment, nel granitico ottimismo esibito riguardo le ‘magnifiche sorti e progressive’ dell’umanità.
Il primo passo verso la presa di coscienza, non solo dei rischi sistemici ma, anche, della natura del nostro modello e la traiettoria intrapresa nel XXI secolo. Una prospettiva che qualsiasi comunità dovrebbe fare propria entro pochissimo tempo, vista l’instabilità sempre più profonda generata dalla modernità.
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