I navigli nascosti o della ricchezza snobbata

Acqua – Ep. 6 – la rubrica di Giuseppe Santagostino su acqua ed energia

Autore

Giuseppe Santagostino

Data

3 Marzo 2023

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6' di lettura

DATA

3 Marzo 2023

ARGOMENTO

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Quella dell’acqua, ovvero la combinazione di elementi chimici più diffusa nel creato solido superficiale, è una storia di sottovalutazione, ben stigmatizzata da Adam Smith nel paradosso del valore, dove il confronto con gli inutilissimi diamanti rende palese come l’abbondanza di un bene pur indispensabile per la sopravvivenza ne renda nullo sia il costo che il relativo percepito.

Ai nostri giorni mentre si avverte con maggiore razionalità la più complessa riproduzione delle acque dolci ad usi potabili, e quindi la comparsa di una scarsità preoccupante a fronte dell’incremento della popolazione, avviene però un’altra e più significativa sottovalutazione sempre legata all’abbondanza del bene, ad esempio nell’incomprensione del contenuto termico in un elemento che si presenta allo stato fluido in modo comodo e a noi vicino.

Se si analizza l’elemento  ‘acqua’  noi vi rintracciamo la fonte di ogni ricchezza non solo nella sua composizione chimica che la pone alla base dell’alimentazione di ogni organismo, nonché costituirne la parte principale, non solo nel suo divenire meccanico agito dalla forza di gravità attraverso la produzione di energia idroelettrica, ma anche nel raffreddamento e azionamento delle macchine industriali, prime fra tutte le centrali termoelettriche, e ancora non solo nella sua percorribilità per il trasporto di merci e persone dove il Principio di Archimede e la forza di gravità regalano economie importanti tali da rendere il trasporto via acqua quello con il miglior rapporto tra emissioni e km percorsi, ma anche nel suo ruolo di portatrice di energia termica e di stoccaggio della stessa.

Nessun altro elemento, semplice o composto, ha così tante utilità e proprio questa complessità di impieghi costituisce oggi un freno all’impiego su vasta scala, avendo intrappolato la nostra acqua in una ragnatela istituzionale complessa, la cui articolazione disarmonica produce situazioni paradossali.

Prima di affrontare la questione energetica contenuta in potenza nella nostra acqua prendiamo un caso paradossale di questi cortocircuiti istituzionali: l’estate del 2022 con siccità prolungata (la stagione del 2023 si annuncia simile) ha comportato gravi problemi di approvvigionamento idrico per tutta l’Italia Settentrionale arrivando a numerosi razionamenti per gli utilizzi non potabili, così pure a Milano e Città Metropolitana che hanno interrotto le irrigazioni dei parchi pubblici, mentre gli stessi Comuni continuavano a gettar via in roggia o in fognatura le acque di prima falda che quotidianamente da sempre allagano i manufatti sotterranei, oltre a scaricare in modo vario le acque tecniche impiegate dalla geotermia: ho calcolato in circa 400 ml di metri cubi annui la somma di queste acque parassite o dall’utilizzo incompleto.

La cosa più interessante è che lo sforzo meccanico di veicolazione di tutte queste acque viene comunque compiuto dagli enti proposti o dai privati: altra energia elettrica sprecata perché manca una rete capace di accoglierli e renderli disponibili, ovvero una infrastruttura la cui necessità non solo è scritta nelle leggi italiane (DLGS 152/2006) ma è di chiara evidenza a tutti.

Ora questo fatto appena occorso che indica in una rete duale la soluzione più razionale all’utilizzo delle acque nobili per i soli usi potabili e di quelle meno nobili per tutti gli altri, specie dove la fatica energetica di veicolare queste acque non nobili ma utilissime viene comunque fatto, segnala pure una seconda utilità dimenticata: queste acque hanno una temperatura media di 15-16° centigradi, ovvero la temperatura media del sottosuolo padano, la quale temperatura assai stabile rappresenta il fluido sorgente più efficiente disponibile per alimentare le pompe di calore geotermiche.

Che io non stia parlando di cose sconosciute è reso evidente dal fatto che tutti gli insediamenti più importanti milanesi (circa il 15% dell’edificato) utilizzano già in modo economicamente conveniente la risorsa geotermica.

A costo di apparire eccessivamente didascalico ricordo che la pompa di calore, prelevando o cedendo calore dal fluido sorgente, ne moltiplica la restituzione termica all’ambiente secondo un valore variamente definito (COP, Coefficient Of Performance,  è il termine tradizionale) che stabilisce per ogni unità di energia elettrica impiegata quanta energia termica riesco ad ottenere: mentre per una caldaia, sia che alimenti un impianto singolo o che venga adibita alla cogenerazione di un impianto di teleriscaldamento, questo valore non è mai maggiore di 1, vale sempre il secondo principio della termodinamica,  le pompe di calore, in modo assai variabile a seconda del fluido sorgente e delle temperature da erogare alle masse radianti interne, hanno fattori moltiplicativi legati alla compressione dei gas che possono arrivare a multipli assai importanti: questa moltiplicazione è l’indice sia del risparmio energetico ottenuto, sia delle minori emissioni prodotte, sia, infine, del minor costo assoluto del condizionamento.

Dove si trova questa ricchezza termica?  Nella terra che abbiamo sotto ai piedi.

Dov’è che è più semplice utilizzarla? Accedendo all’acqua superficiale o di prima falda, almeno sin dove questa si posiziona a una ventina di metri nel sottosuolo, altezza che non richiede un grande sforzo estrattivo consumatore di energia.

Non si tratta, come è comprensibile, di una risorsa infinita o infinitamente sfruttabile per almeno due motivi importanti:

1)Non si possono prelevare le acque in modo indiscriminato a causa della possibile subsidenza generata da tali prelievi, anche in caso di completa re-immissione del fluido pompato ancora nella sua falda di origine.

2)Non è possibile gestire l’incremento/decremento termico del fluido sorgente a valle dell’utilizzazione senza considerare le derive termiche arrecate ai prelievi sottostanti, posto che la falda della Pianura Padana ha un ben preciso moto uniforme lungo la direttrice Nord-Ovest Sud-Est.

Con queste premesse è evidente che il possibile impiego su larga scala dell’energia termica contenuta nell’acqua non rimarrà più a lungo affare per concessioni singole, specie se i costi dell’energia fossile non rinnovabile continueranno a manifestare una variabilità così accentuata ma soprattutto perché in prospettiva proprio i fossili non rinnovabili tenderanno a scomparire fra le fonti disponibili, almeno qui in Europa.

Il principale concorrente, libero da vincoli di sorta, è l’aria, ma questa ha una antieconomica variabilità nelle temperature proprio nel momento di maggior bisogno e quindi consumi e costi crescenti, ovvero un grado assai inferiore di appetibilità economica ma, soprattutto, ecologica.

Dunque la prossima stagione dell’acqua parte da una consapevolezza ulteriore della sua preziosità sottostimata; inevitabilmente tale consapevolezza non può che venire inquadrata in un contesto di sostenibilità globale del bene nonché di democrazia nel suo utilizzo. Si ripropone dunque un inquadramento analogo a quello storicamente determinatosi nello sviluppo dell’apparato legislativo italiano che ha visto le norme seguire (razionalmente) le necessità tecnico-economiche indirizzandole verso una altrettanto razionale gestione tariffata, trattandosi di monopolio naturale.

La bellezza della risorsa energetica contenuta nell’acqua e nel sottosuolo non è solo nella sua autarchica assenza di ricadute ambientali, quando ben gestita e programmata, ma anche nel liberare risorse economiche che oggi, destinate a inquietanti fornitori esteri, appesantiscono la nostra bilancia dei pagamenti mentre inquinano la nostra aria.

E una soluzione pubblica infrastrutturale è l’unica via possibile per evitare la deriva attuale dove ai primi che arrivano, dunque a chi è capace di investire avendone la possibilità, viene concesso in esclusiva il bene efficiente, mentre agli ultimi, finita la stagione del gas, come fluido sorgente verrà lasciata l’aria, ricreando anche nel campo dell’energia termica le stesse disparità della vita sociale.

Leggi anche >> Acqua, una visione industriale (Ep 1 di Acqua)

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