La fantascienza intercetta il cambiamento climatico. A dimostrarlo è il libro di Kim Stanley Robinson New York 2140 (Fanucci, 2017, €25,00). L’autore non è nuovo a questi temi: ecologia e politica anticapitalista sono due dei suoi cavalli di battaglia.

La New York del futuro ha la caratteristica di essere una movimentata città semisommersa. Il cambiamento climatico e il conseguente innalzamento del mare hanno cambiato il paesaggio urbano, la vita e molti mestieri cittadini.
I mari si sono alzati di tre metri nel 2050 e di altri dodici metri intorno al 2100. Miliardi di persone sono morte. Le temperature si sono fatte estreme: durante l’inverno i canali gelano: le persone possono pattinare sul giacchio ma devono evitare i buchi dove le foche escono a prendere aria. Si riconosce la primavera dal rumore sordo del ghiaccio che si rompe.
Dopo un lungo periodo di psicodramma collettivo seguito alla catastrofe ecologica, New York si è adattata e ora risplende nella sua nuova aura come ‘Super Venice’. Il centro città è ora semi sommerso, gli affitti sono comprensibilmente bassi e pullula di artisti. Le torri con gli uffici di Midtown sono stati trasformati in appartamenti con moli di proprietà e fattorie sui tetti. Ci si sposta a piedi su dei ‘ponti sospesi’, ossia grandi tubi di plastica, mentre i super ricchi della finanza sfrecciano sui loro motoscafi.
New York 2140 è un racconto corale, scritto da otto diverse prospettive. Uno dei narratori si chiama Franklin Garr e lavora in un hedge fund dal nome WaterPrice; è il creatore dell’Interidal Proprety Pricing Index, che consente agli investitori di valutare i beni annegati e di acquistare derivati basati sui mutui subacquei. È in corso una nuova bolla speculativa.
Un’altra voce è quella di un comune ‘cittadino’, che racconta la storia di New York con commenti sardonici, in un ponte tra passato e presente. Ora i ragazzi più scaltri hanno preso il controllo delle coste. Sono occupanti abusivi, diseredati, topi d’acqua, abitanti degli abissi. La città abbandonata è una zona sperimentale, un luogo di innovazione sociale dove convivono libere università aperte a tutti, scuole d’arte, scuole di libero commercio. Forse New York non è mai stata così interessante.
New York 2140 fa risorgere uno dei temi centrali del lavoro forse più famoso di Robinson: la trilogia di Marte (Red Mars, Green Mars, Blue Mars), ossia il conflitto tra diverse versioni dell’ambientalismo: l’intervento umano atto a creare o preservare habitat sostenibili o il proliferare della Natura incontaminata.
Il messaggio è quello di una rivoluzione presumibilmente egualitaria, antiautoritaria e anticapitalista. Una rivoluzione che inizia dal basso, come mutuo soccorso, per sfociare in una parabola filogovernativa, in cui la forza eroica dello Stato sarebbe in grado di arginare e sconfiggere anche il capitalismo più rapace (la versione speculare dell’individualismo di Ayn Rand di metà del secolo scorso).
Anche il cambiamento climatico antropogenico è attribuito sostanzialmente alla mancata regolamentazione dei mercati. Vero, ma c’è di più.
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