Sognando Città 30

Autore

Federico Del Prete

Data

9 Dicembre 2022

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2' di lettura

DATA

9 Dicembre 2022

ARGOMENTO

PAROLE CHIAVE


Ambiente

Società

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Olbia e Bologna sono le prime città italiane ad aver introdotto il limite di trenta chilometri orari: Città 30, come si dice. In Europa ce n’è diverse: Bruxelles, Barcellona, Parigi, per fare qualche esempio. I Paesi Bassi stanno addirittura introducendo l’idea di Nazione 30: ovunque sia edificato si andrà piano.

L’immagine attuale della città è da oltre un secolo associata all’idea di movimento, possibilmente frenetico, sicuramente veloce, secondo l’equazione velocità uguale ricchezza. Per fortuna le convinzioni cambiano.

Ogni epoca ha avuto una sua idea di città: la città ideale del Rinascimento, simbolica e un po’ astratta; l’attuale città verticale dei Futuristi, fatta di automobili lanciate a folle corsa e fabbriche tumultuose, oggi rimpiazzate da SUV e grattacieli; e la città green, quella della transizione ecologica che ci aspetta, smart e sostenibile, pulita e slow.

Le aspirazioni non coincidono quasi mai con le realizzazioni ma le città italiane sono però talmente pericolose e inefficienti che non esiste alternativa: prima ancora che essere smart e sostenibili, dovranno intanto garantire a tutti libertà di scelta su quale veicolo utilizzare ed essere sicure per tutte le età e le abilità. Il primo punto è utile a chiarire il secondo: l’attuale livello di motorizzazione non garantisce i diritti più elementari, sia nelle città sia nei territori. Città con più di tre automobili ogni dieci persone non sono città per umani, ma parcheggi.

Città per adulti chiusi dentro abitacoli climatizzati, convinti di essere soltanto individui, che impiegano risorse sempre meno disponibili. Chi è fuori da questi parametri rischia: molto, ci dicono i dati sull’incidentalità a carico delle cosiddette utenze deboli. Gli stessi dati ci dicono anche quanto la popolazione automobile-centrica rischi a sua volta: è una logica ormai lose-lose quella di città e territori fatti per le automobili: niente innovazione, niente crescita, tutti perdono.

L’Italia deve ‘velocemente’ (in questo caso, sì) ripensare la sua politica dei trasporti, sia individuali sia collettivi. Una ciclabilità diffusa è la soluzione immediatamente impiegabile per vincere le sfide climatiche, economiche, sociali. Trenta chilometri orari è la velocità che serve a tutti per ripensare le relazioni, motivo fondamentale della domanda di mobilità.

Il primo passo? Renderci conto che così piano stiamo in realtà già andando.


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