La nascita e l’invenzione della bicicletta ci porta a riflettere sull’intreccio tra mobilità sostenibile e crisi climatiche.
Il 12 giugno del 1817 un signore di poco più di trent’anni, fronte spaziosa, occhi luminosi, ma vestito un modo decisamente inappropriato per un gentiluomo qual era, trascinò fuori dalla sua residenza nel centro di Mannheim un trabiccolo con due ruote messe in fila, anziché l’una accanto all’altra come ci si sarebbe aspettato. Senza esitare, andò a cavalcioni di quell’assurdo congegno, manovrando un rozzo manubrio collegato alla ruota anteriore e iniziando contemporaneamente a spingersi in avanti con i piedi. Prima che i curiosi si assiepassero, il barone Karl von Drais era già sparito alla vista.
«È una macchina che fa camminare una persona con grande velocità» ha lasciato scritto il suo inventore su ciò che sarebbe in seguito diventata la bicicletta. Rendendo la camminata molto leggera per effetto del sedile che sostiene il peso del corpo. Fissato a due ruote che cedono facilmente al movimento dei piedi». Sappiamo che quel giorno Drais impiegò meno di un’ora per fare in tutto quattordici chilometri: più di 14 Km/h con un veicolo del peso di 25 kg, per di più senza pedali. Una velocità enorme, per l’epoca.
Karl Drais e la Laufmaschine
Cittadino (bürger), come volle farsi chiamare dopo aver clamorosamente rinunciato al suo status di barone, Karl Drais (1785-1851) aveva realizzato la convincente Laufmaschine (‘macchina da corsa’) dopo aver riflettuto sulle terribili ristrettezze sofferte durante il cosiddetto Anno Senza Estate, il 1816. L’imponente eruzione del vulcano Tambora in Indonesia (1815) aveva aggravato l’effetto oscurante provocato dalla cenere già dispersa in atmosfera da altre eruzioni minori, avvenute nei tre anni precedenti, provocando ovunque un forte abbassamento della temperatura.
Buona parte dell’Asia e l’intera Europa furono interessate dal fenomeno, che si estese fino alle coste orientali del Nord America. Fu ovunque un disastro: andarono perduti due raccolti di seguito. Oltre ai tumulti, la carestia provocò una morìa degli animali dai quali dipendeva gran parte della mobilità delle persone e delle merci di allora.
Cessata l’emergenza, quella piccola macchina proseguì la sua corsa fino a oggi, fidando nei suoi evidenti vantaggi. Legata a doppio filo ai cambiamenti climatici fin dal suo debutto. La bicicletta è l’icona della sostenibilità, il veicolo perfetto. Con questo titolo, chimerico almeno quanto realistico, crediamo utile darvi aggiornamenti e riflessioni sulla ‘ciclabilità’. E, più in generale, sulla mobilità sostenibile, da queste pagine. Seguiteci a ruota!