L’uomo di Piltdown, ovvero la bufala più famosa della storia

Autore

Andrea Bellati

Data

10 Marzo 2023

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3' di lettura

DATA

10 Marzo 2023

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Terra piatta, vaccini tossici, invasioni aliene, scie chimiche… Le bufale scientifiche corrono sulla rete da quando esistono i social network. Eppure, non sono invenzioni moderne, ci sono sempre state. Una tra le bufale più famose della storia, riguarda un ritrovamento fossile eccezionale: l’Uomo di Piltdown.

Grazie alle migrazioni, i nostri progenitori sono morti ovunque nel mondo, quindi si trovano fossili di umani un po’ dappertutto. Dappertutto tranne che in Inghilterra.

Il fossile umano più antico rinvenuto in Inghilterra nella gola di Cheddar a due passi dalle zone di produzione del famoso formaggio a pasta dura. Si tratta dello scheletro di un giovane soprannominato ‘Cheddar man’ e morto soltanto 10.000 anni fa, quindi piuttosto di recente.

Questo fu un grave smacco, soprattutto a cavallo tra ’800 e ’900 quando la superpotenza britannica stava a guardare mentre negli altri paesi europei si facevano scoperte sensazionali. I fossili che cominciavano a svelare il percorso evolutivo dell’uomo e delle specie cugine erano francesi, spagnoli, croati, italiani ma soprattutto tedeschi. Nel 1856, per esempio, nella Valle di Neander dalle parti di Düsseldorf venne alla luce la più nota tra le specie umane estinte: l’uomo di Neanderthal.

Charles Dawson era un avvocato con la passione per la paleontologia. Raccoglieva fossili e il suo sogno era diventare celebre grazie a una scoperta clamorosa. Scoperta che fece a Piltdown, una piccola località sulla Manica. Dawson mostrò alcuni frammenti fossili presumibilmente umani al professor Arthur Smith Woodward, direttore del dipartimento di geologia del British Museum. Woodward incuriosito volle visitare il luogo del ritrovamento, Dawson lo accompagnò e convinto dell’importanza dei reperti, il professore intraprese scavi approfonditi. Vennero alla luce altri frammenti che assemblati diedero forma a un teschio eccezionale perché presentava caratteristiche umane e animali insieme.

Mentre il cranio era tipicamente umano, la mandibola era grossa e prominente, come quella di una scimmia. La scoperta fu resa nota al mondo scientifico nel 1912 e suscitò un meritato clamore. Dawson ottenne il successo tanto ambito: l’uomo di Piltdown fu chiamato Eoanthropus dawsoni, in suo onore. L’uomo di Piltdown era un reperto di valore inestimabile, grazie alle sue caratteristiche intermedie, rappresentava il mitico anello mancante tra l’uomo e la scimmia, la prova tutta inglese che la teoria dell’evoluzione elaborata dall’inglese Charles Darwin era corretta. Orgoglio nazionale. Dawson morì celebre e felice quattro anni più tardi, nel 1916. La morte gli risparmiò la vergogna di vedere la sua scoperta bollata come clamorosa sì, ma come il falso scientifico più clamoroso della storia. Nel 1953 l’uomo di Piltdown fu archiviato definitivamente come bufala. L’analisi del reperto rivelò che si trattava di un cranio umano d’epoca medievale unito alla mandibola di un orango, il tutto trattato con agenti chimici per conferire alle ossa un aspetto antico.

Chi è stato?

Dawson è chiaramente in cima alla lista dei sospettati ma è possibile che ebbe un ruolo secondario e che il vero artefice della truffa fu proprio il professor Woodward che grazie al fossile divenne un luminare della paleoantropologia. C’è invece chi sostiene che dietro alla vicenda ci fosse addirittura Sir Arthur Conan Doyle, l’autore di Sherlock Holmes, perché conosceva personalmente Dawson, collezionava fossili, era socio del Piltdown Golf Club e aveva fatto dire quanto fosse facile contraffare un osso a un personaggio del suo romanzo ‘Il mondo perduto’ del 1912. Prove troppo deboli, o come forse avrebbe detto il grande Holmes: «Troppo elementare, Watson!»

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