Gli algoritmi, non è un mistero, guidano le nostre vite. Lo fanno, come suggerisce il bel libro di Donata Columbro, Dentro l’algoritmo. Le formule che regolano il nostro tempo (Effequ, 2022, pp. 130, € 17,00) in modo quasi stregonesco.
Forse gli algoritmi hanno anche un lato umano ma, nell’attesa di comprenderlo: «permeano la nostra quotidianità e non sappiamo quasi nulla del loro funzionamento. Quindi parliamo con loro, li nominiamo di continuo, sui social, sui giornali, come un mantra o la formula di un incantesimo».
Scopriamo, tra le pagine del libro, che questo insieme di regole e procedimenti (non casuali ma costruiti dall’essere umano) può determinare i nostri consumi, scegliere le nostre attività culturali, indirizzare sistematicamente le nostre vite.
Per esempio nel mondo dei media stiamo assistendo a una rivoluzione: la viralità dei contenuti non si produce grazie ai social e all’algoritmo che ne regola la diffusione, bensì sono i contenuti stessi ad essere realizzati su misura dall’algoritmo. Se agli esordi di questo processo c’era una buona componente di fortuna perché un video diventasse virale, oggi quella fortuna è piegata da contenuti creati appositamente per funzionare su TikTok.
Ma c’è di più. L’algoritmo vive delle perversioni umane.
Gli esempi sono innumerevoli. Nel 2020, l’algoritmo alla base di un’app di delivery è stato giudicato discriminatorio perché penalizza chi si assenta dal lavoro non tenendo conto delle motivazioni. Nel libro viene citato anche il bel lavoro di Safiya Umoja Noble, Algorithms of Oppression, che ha dimostrato quanto il razzismo dei motori di ricerca possa influire sulla rappresentazione delle donne nere nelle notizie e nelle immagini.
«Se sei bianco, uomo, eterosessuale, con un corpo conforme, è molto probabile che l’algoritmo governerà il mondo in tuo favore».
Qualche possibilità in meno per le donne. Apple in collaborazione con Goldman Sachs ha prodotto una carta di credito che assegnava alle donne un plafond di dieci-venti volte inferiore a quella degli uomini. Forse la tecnologia non è così neutra e incorruttibile come saremmo tentati di pensare.
Le discriminazioni già presenti nella nostra società si insinuano nei sistemi tecnologici che ci governano.
Google ha reso noto, nel 2009, l’applicazione di un nuovo sistema di risultati nel suo motore. L’azienda comunica che userà una ‘classifica’ per collocare i contenuti nella sua pagina dei risultati, e questa sarà diversa a seconda dell’utente che condurrà la ricerca. Questo implica anche un regime diverso di prezzi, di interessi, di possibilità.
Del motore di ricerca ci fidiamo, ci sembra quel canale super partes che può ragionevolmente darci le informazioni che cerchiamo. Dimentichiamo però troppo spesso che esso è espressione di una società privata che genera profitto tramite inserzioni commerciali e pertanto conduce il navigante dove meglio crede.
Siamo dunque vittime dell’algoritmo o l’algoritmo migliora le nostre esistenze?
Sono vere entrambe le affermazioni. Non dimentichiamoci che l’intelligenza artificiale ha reso le nostre vite più semplici garantendoci maggiore fruizione di contenuti, conoscenze, interessi.
Il libro ci lascia con due spunti importanti. Il primo è che possiamo provare a contrastare il sistema. La resistenza algoritmica, intesa come spirito haker che vuole modificare gli assetti predefiniti del sistema, è una realtà da diversi anni. Il secondo riguarda l’alfabetizzazione da proporre nelle scuole, negli spazi pubblici per capire e smontare gli algoritmi quotidiani. «Su, facciamolo!»
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