Chi busserà alla nostra porta?
Una delle esperienze più interessanti che mi sia capitata è stata la visita all’Heinz Nixdorf Museum di Padenborn (https://www.hnf.de/en/home.html) in occasione di una delle biennali ISH di Francoforte: qui è raccontata l’evoluzione di ogni singolo oggetto elettronico da noi impiegato, a partire dallo strumento di calcolo binario ideato da Leibniz e padre dei computer moderni, sino ai cellulari.
L’aspetto più rilevante (e più inquietante) è come le qui evidenti rivoluzioni tecnologiche siano penetrate insensibilmente eppur irreversibilmente nel nostro vissuto, il tutto nell’arco di una sola generazione, fatto questo reso possibile non solo dall’evoluzione dei chip ma anche da mutamenti di paradigma nell’organizzazione umana.
Se senza andare in Renania-Vestfalia come ho fatto io, voi andaste nelle cantine di casa vostra dove trovate la caldaia a gas che vi riscalda dovreste ricordarvi che prima di quest’ultima transizione, avvenuta non oltre trent’anni or sono, quella stessa caldaia aveva un bruciatore a gasolio e altri trent’anni prima del carbone o della nafta, come per i motori marini, notoriamente le apparecchiature in moto più inquinanti che esistano.
Qual è la rivoluzione che ci ha accompagnato e di cui non ci siamo quasi accorti se non nella scomparsa delle vere nebbie milanesi, oggi un pallido ricordo nella memoria dei più anziani?
È l’intuizione di Mattei che un gas infiammabile, blandamente comprimibile e quindi facilmente trasportabile in normalissimi tubi di acciaio, avrebbe potuto convenientemente sostituire nelle case e nelle industrie gli ingombranti, puzzolenti e assai più inquinanti combustibili precedenti, modificando la geografia urbana e la viabilità delle città: non più depositi di carburanti, non più cisterne a tutte le ore, non più l’odore del gasolio appena travasato, o per i più anziani la polvere di carbone e il diverso colore delle su ricordate nebbie.
Quanto ci costò questo trapasso tecnologico? Nulla, perché la maggior efficienza dei bruciatori a gas unita al minor costo di consegna del combustibile, reso possibile dal finanziamento pubblico delle reti agevolato dalla proprietà pubblica dei distributori interessati a monopolisticamente soppiantare i petrolieri, resero possibile la sostituzione secondo quello che in termini odierni viene definito in ESCO (Energy Service Company) ovvero il mantenimento degli stessi costi mentre cambio la tecnologia a spese del fornitore.
Da un punto di vista ecologico questo passaggio ha permesso di diminuire drasticamente le emissioni di particolati ma, sul fronte dei consumi, non ha modificato in modo sostanziale la quantità di non rinnovabili, essendo il vantaggio tecnologico limitato verso l’alto dall’invincibile Secondo Principio della Termodinamica che impedisce a qualsiasi combustione di raggiungere un rendimento del 100%: modificate e ridotte le nebbie ma mantenuta, se non incrementata, la cappa di ossidi di azoto sulle nostre teste, come testimoniato dalle sconfortanti mappe di Copernicus che tutti possiamo ammirare sul web (https://www.copernicus.eu/it/servizi/atmosfera).
L’esito di questa rivoluzione tecnologica è stato principalmente distributivo, concentrando nelle mani dell’allora fornitore unico SNAM, un potere precedentemente disperso fra i potentissimi petrolieri: le liberalizzazioni successive hanno reso oligopolistico il mercato, assoggettato giustamente al controllo dell’Autorità preposta (oggi ARERA) e qui con la Transizione Ecologica al 2050 le trasmissioni sarebbero finite con l’addio ai fossili non rinnovabili ed il subentro del bio-metano e dell’idrogeno, ma senza che nessuna ESCO credibile e universale sia sin qui comparsa a sostituire a costo zero la caldaia con la pompa di calore, ovvero quello che si erano immaginati i legislatori europei cercando giustamente di ridurre di n-volte i consumi fossili.
I motivi per cui ciò accade sono molteplici e tutti politicamente rilevanti:
- La tecnologia a macchina singola in grado di sostituire a tempo zero le caldaie è sicuramente la Pompa di Calore Aria-Acqua ma questa, a fronte di un patrimonio edilizio energivoro e di masse radianti ad alta temperatura, ha rendimenti non convenienti o, meglio, non così convenienti da permettere una sostituzione in tempi di rientro accettabili, specie senza incentivi irrazionali come quelli che ci siamo lasciati alle spalle.
- La più efficiente Pompa di Calore geotermica, che invece ha rendimenti elevati tali da giustificare gli investimenti, richiede però una infrastruttura a monte di difficile realizzazione, ovvero i pozzi di presa/resa o quelli a sonde, cosa che per gli edifici ad alta concentrazione come quelli urbani si rivela spesso fisicamente impossibile e comunque assai onerosa per cui, pur in presenza di questi rendimenti assai più elevati del ciclo Aria-Acqua, la massa di investimenti richiesta allontana i tempi di rientro.
- L’esistenza di reti ‘fossili’ già esistenti: oltre a quella del gas anche le reti in alta temperatura dei teleriscaldamenti che sono inevitabilmente a fonte fossile, sia pure ammorbidite nella loro rinnovabilità dall’impiego delle biomasse che garantiscono invarianza climatica ma non invarianza nei sottoprodotti della combustione che permangono immutati. Inoltre queste reti, gestite in modo concessorio e quindi monopolistico, risultano di fatto l’ostacolo numero uno alla transizione verso la pompa di calore per via della – inefficiente ma comprensibile – opposizione dei gestori usi a controllare reti e non impianti singoli come farebbe l’idraulico di turno e che li costringerebbe a defatiganti lotte corpo a corpo commerciali.
- La nota e imbarazzante insufficienza delle reti di distribuzione elettrica che già con l’ingresso estivo delle PdC per mitigare il caldo, offrono ripetuti black-out per nulla confortanti circa l’estensione dell’elettrificazione nel servizio di produzione dell’energia termica.
Per contro vi è un motivo dominante che impone la transizione e quindi contestualmente impone pure di trovare una soluzione ed è il Teorema di Carnot (https://home.ba.infn.it/~depalma/lezioni/TeoremadiCarnot.pdf ) che indica i valori moltiplicativi limite delle macchine termiche in funzione dei differenziali di temperatura fra fluido sorgente e utilizzazione: già oggi alcune PdC geotermiche a 70°, ovvero la temperatura massima dei termosifoni che sono la più inefficiente massa radiante esistente, hanno COP superiori a 4, ovvero assorbono una unità di energia elettrica rendendone quattro di energia termica.
A questo si aggiungono tre fattori ad elevata probabilità:
- I rendimenti effettivi sono inferiori a quelli massimi ipotizzati dalla Macchina di Carnot, ovvero è altamente probabile che in futuro i rendimenti delle macchine ‘reali’ possano ulteriormente aumentare.
- Le riqualificazioni degli edifici negli elementi strutturali (tetti, serramenti, involucri o masse radianti) possono diminuire le temperature richieste e quindi incrementare i COP forniti dalle macchine.
- Il fluido sorgente geotermico oggi assunto per dato sia nei prelievi di falda sia nei pozzi con le sonde, può venire positivamente modificato dalla realizzazione di acquedotti duali da impiegare anche per usi termici oltre che tecnici (irrigazione, antincendio, lavaggio pavimentazioni) come previsto dalla legge nazionale di riferimento (DLGS 152/2006). Tale acquedotto duale può a sua volta ricevere gli eventuali cascami termici prodotti dalle città o dalle industrie incrementando così per questa terza strada l’efficienza della macchina geotermica.
Poiché scrivo in lingua italiana può darsi che qualcuno possa pensare che i miei siano solo i pii desideri dell’appartenente ad un ordine confessionale, ma già nel vicino Canton Ticino, dove parlano lo stesso nostro italiano, un simile acquedotto per usi termici esiste ed è tariffato (circa 0,20 euro al mc), come peraltro avviene in forma pubblica o privata in molte altre parti del mondo, e già oggi negli USA i miei desiderati calcoli vantaggiosi su reti acquedottistiche destinate a recepire cascami e cedere utilità termiche vengono finanziati dal DOE (Department of Energy) e da un’azienda distributrice di gas che ha deciso di scommettere sul futuro.
Dunque se il Teorema di Carnot indica la strada ma è il sotto-strada dell’acquedotto duale che la traduce in opera, opera che ha però bisogno di una levatrice di eccezione, ovvero la confluenza di volontà e interesse di una Congiura degli Innocenti (decisori politici, sistema finanziario e società energetiche) che capiscano quanto i tubi destinati a trasportare acqua (caldina e freddina) da destinare alle PdC finali variamente organizzate per uso singolo o collettivo, siano esattamente quello che avrebbe fatto oggi Mattei per garantirsi un monopolio/oligopolio sano e benvoluto, sostituendo un’energia a perdere con una rinnovabile quasi integralmente.
La misura delle cose – parte 1