In pochissimi anni si sta verificando una profonda trasformazione globale che verte su obiettivi strategici che coinvolgono e orientano la cultura e, di conseguenza, anche la produzione artistica contemporanea, con una nuova visione, una nuova strategia e processi creativi motivati e fortemente connotati anche dal punto di vista dell’impegno etico e sociale.
Alla base di uno stimolante processo di ridefinizione, come quello che ora si auspica e ci si prospetta, occorre porre una rinnovata e ampliata capacità di riconoscimento di valore, prima che di uso del valore, e questa sembra essere la sfida più ardua.
Non può esserci, infatti, gestione e conservazione del Patrimonio contemporaneo senza il debito riconoscimento di valore: da qui si apre la sfida che, a più riprese nei secoli, si è già prospettata nella storia della produzione artistica, ovvero quella di guardare con occhi nuovi, colmi di curiosità e benevolenza, il processo evolutivo contemporaneo, certi che anche gli artisti meno noti e fortunati possano rappresentare una parte del processo in corso, e che tale processo meriti di essere valorizzato e trasmesso alle future generazioni. Di qui la necessità di arricchire la lettura anche del rapporto fra patrimonio culturale e sviluppo locale, elaborandone le molteplici e complesse potenzialità di generazione di valore1.
Non dimentichiamo che la pandemia, oltre ad aver arrestato la possibilità di fruizione diretta e tangibile del patrimonio artistico per un tempo dilatato, ha avuto il pregio di incidere profondamente sul rinnovamento dei modi di fruizione e gestione dei luoghi della cultura. Il processo di accesso al digitale, forzato dalla costrizione domestica, ha subito un’accelerazione caotica ma immediata e proattiva per il Patrimonio culturale e la creatività artistica, generando quel cambiamento che era già in nuce e che aveva già connotato molti dei processi creativi contemporanei, ma non avendo però trovato riscontro in una fruizione su larga scala.
I luoghi di cultura che, sino a marzo 2020, necessitavano di una fruizione in situ, nel giro di pochissimi giorni hanno reagito al virus pandemico come potenti anticorpi, innescando quel processo rigenerativo che solo un organismo in salute sa approntare: musei, spazi d’arte, teatri e gallerie si sono trasformati in pochissimo tempo, e molti di essi sono stati capaci di accelerare il processo di digitalizzazione offrendo dapprima misurate e poi sempre più performanti attività a distanza.
Questo significa che il Patrimonio artistico è capace di generare nuove forme di benessere esperienziale e che le nuove formule di imprese creative e culturali sono nate e si sono divulgate rapidamente con soluzioni davvero straordinarie.
Da questo eccezionale e interessante momento di trasformazione nasce l’occasione per riportare al centro il tema della cultura, dell’arte contemporanea e della creatività in ogni settore, quale eccellente veicolo di coesione e solidarietà sociale e driver privilegiato di una nuova generazione e di una rivoluzione pacifica2.
Un percorso nuovo da cui far emergere la necessità di fare impresa in cultura, profit e non profit, accrescere la partecipazione dei cittadini, sviluppare nuovi modelli di partenariato tra pubblico e privato, anche con l’ausilio del digitale.
Si tratta di un decisivo passo in avanti per favorire metodi innovativi di coprogettazione che, specialmente per la gestione e la valorizzazione del patrimonio, possono favorire la crescita di imprese culturali e di nuova occupazione, l’abbattimento di barriere fisiche e cognitive, in vista di un processo di divulgazione della cultura e di rieducazione globale.
Per non parlare delle potenzialità che la Rete, se usata con consapevolezza e rispettando i criteri di sicurezza, offre a tutto quel patrimonio sommerso, conservato in depositi, collezioni private, archivi, magazzini di gallerie, inaccessibile e reso inutile dalla mancanza di condivisione. Per capirci, si valuta che il patrimonio museale sia per l’85% conservato in depositi, ovvero inaccessibile (stima ICCROM).
Oggi, grazie agli innovativi processi preventivi e di una maggiore attenzione e consapevolezza, si è sviluppata una sensibilità che ha portato a miglioramenti essenziali, seppur perfettibili, supportati in larga scala dalle moderne tecnologie digitali e dalla diagnostica.
Preme ricordare che la gestione e conservazione della maggior parte del patrimonio artistico contemporaneo, a eccezione delle opere di grande interesse, sfugge alle leggi di tutela del Codice dei beni culturali e, pertanto, rischia maggiormente degrado, trasformazioni, manomissioni e reinterpretazioni, con sostituzioni e rifacimenti.
Per ‘conservazione strategica©‘ si intende il processo che, partendo dal piano di conservazione preventiva, programmata e integrata3, si spinge a pensare l’opera come strumento generativo di valore, capace insomma di essere interpretata e compresa nella sua interezza, costituita da valore materiale e immateriale, e impiegata al meglio non solo per il processo di fruizione, implicitamente necessario, ma anche esperienziale, educativo, partecipativo e soprattutto sostenibile; processo che pone l’accento sull’uomo, oltre che sulla ‘cosa’.
L’opera riacquista pertanto una dignità che pone l’artista al centro di un processo di evoluzione e di alterazione culturale e spirituale per la società, in cui l’uomo artista e l’uomo fruitore vengono ricollocati al centro, attore propositore e destinatario di valore.
Il concetto di ‘conservazione strategica©’ assolve in sé anche una visione olistica, capace di coniugare l’esperienza radicata sulla conservazione preventiva, programmata e integrata con la nuova concezione di sostenibilità, perché un patrimonio ha ragione di esistere ma anche di essere fruito, liberandosi di quella connotazione di inerzia che troppo spesso il nostro, così vasto e ingente, si porta dietro.
Strategico diviene pertanto non solo rallentare e mitigare il processo di degrado e di carico entropico della materia4, ma anche aderire a quanto sancito dalle recenti innovazioni costituzionali e legislative – in particolare il Codice dei beni culturali e del paesaggio – che hanno messo le Regioni italiane di fronte alla necessità di rivedere profondamente le proprie politiche per il patrimonio culturale.
È infatti interessante che, già nel 1999, al Convegno di Bressanone, Stefano Della Torre avesse proposto di sostituire all’idea di conservazione come arresto del degrado, l’idea di tutela delle ‘potenzialità evolutive’, il cui enzima non poteva che essere l’allargamento di scala al concetto di conservazione integrata, ossia con un’attenzione rivolta ai risvolti economici e sociali della strategia, in una logica proattiva della conservazione5.
Ma come coniugare al meglio le esigenze di conservazione e tutela con quelle di valorizzazione, fruizione e sostenibilità destinate a consolidare e perseguire un intento volto a diffondere benessere e un’economia circolare?
Il processo di ‘conservazione strategica©’ avrebbe ragione di praticarsi a partire da casi emblematici come questi, ossia capaci di tradurre in generatore di valore un patrimonio diversamente inerte, tenendo conto di cosa si intenda per l’intero processo che, a partire dal riconoscimento di valore, passando per la conservazione preventiva, programmata e integrata, quali azioni di tutela, sia in grado di generare valore a livello intrapsichico e quindi benefiche ricadute a livello sociale6.
Passare quindi da un piano di conservazione preventiva e programmata a quello di conservazione strategica©, significa impiegare al meglio il Patrimonio, riconoscerne e sfruttarne valenze e potenzialità e ripensare al rapporto artista-pubblico con nuovi criteri e ricadute benefiche sull’uomo e di conseguenza sulla società, a livello globale, con un uso sostenibile per contribuire allo sviluppo umano e alla qualità della vita, nel rispetto della diversità culturale7.
All’articolo 2 della Convenzione di Faro si parla infatti della ‘comunità di eredità’ che, nella definizione, rappresenta essenzialmente l’insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici dell’eredità culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future: ecco pertanto rappresentato, in sintesi, lo scopo cui destinare il processo strategico di conservazione8.
Per millenni, ciò che poi è diventato per noi patrimonio culturale si è tramandato sulla base di un riconoscimento di pregio, di valore più o meno socialmente diffuso, e non di norme di tutela; anzi queste norme sono nate per consolidare l’avvenuto e costante riconoscimento, che è la chiave di ogni percorso di selezione, di salvaguardia e di fedeltà. La tutela, infatti, non può vivere senza la sua dimensione relazionale e comunitaria9. L’eredità culturale, in prospettiva, abbraccerà il patrimonio contemporaneo che pertanto rientra nel processo di salvaguardia, tutela, valorizzazione e conservazione al fine della costruzione di uno sviluppo di comunità inclusivo, partecipato, distribuito, con il protagonismo dei territori.
In questa logica prendono vigore tutte le imprese, specie quelle creative, e la leva della cultura può acquistare una centralità che nel corso degli ultimi tempi era andata scemando, travolta dall’impeto famelico del profitto fine a sé stesso, con uno sguardo globale legato alla pace che si costruisce anche partendo dal piccolo, così come allo stesso modo il benessere e la felicità, propria e degli altri, si costruiscono dal basso.
Ed è in questa logica che all’uomo del terzo millennio si può prospettare una nuova era, basata su valori rinnovati e innovativi, in un’ottica di nuova gestione delle risorse e del tempo che, anche grazie agli sviluppi tecnologici e all’IA, nonché all’auspicata ridistribuzione del lavoro che nella realtà è già presente. Torneremo ad avere il tempo per pensare, per immaginare, per creare, per studiare, suonare, contemplare, oltre che per produrre e consumare? È proprio l’equilibrio che dovremo cercare di conquistare, andando a colmare quel vuoto di saperi che il consumismo sfrenato aveva generato.
Partendo da tale, forse involontario, fallimento occorre ripensare una conservazione strategica© del patrimonio diffuso, conservato in borghi, musei e gallerie minori, fuori dai grandi circuiti ipersponsorizzati, iperfrequentati, ipersfruttati, per ridistribuire e riequilibrare non solo la possibilità di esistere e di resistere, ma anche in un’ottica di ridistribuzione di competenze di valore e di ricadute reali sul territorio e su chiunque voglia fruire, nessuno escluso.
Un esempio virtuoso di tale approccio è la Fattoria di Celle a Pistoia ove l’illuminata visione del collezionista Giuliano Gori e della sua famiglia ha generato, già alla fine del Novecento, un processo di divulgazione della cultura, di ridistribuzione dei valori che la collezione incarna, a partire da un sito decentrato, di proprietà privata, che, con uno sforzo immane, è aperto alla fruizione, alla condivisione e allo studio di giovani, professionisti, critici, storici e studiosi di ogni disciplina.
Si pensi anche alla straordinaria attività, seppur commerciale ma di forte ricaduta sociale, che Galleria Continua, partita da una San Gimignano già insidiata dal turismo più di 25 anni fa, esercita in tutto il mondo, non solo influenzando gusto e opinione, ma evidenziando l’impegno di dare voce a quegli artisti che hanno un intento sociale e, attraverso la loro arte, denunciano, propongono, rappresentano.
Ed è proprio dall’art. 9 della nostra Costituzione che parte l’impulso in tal senso:
«… occorre articolare in una dimensione comunitaria, relazionale la percezione del valore del patrimonio culturale e leggerne le potenzialità attivatrici per la crescita spirituale, economica e sociale della comunità, legittimando ogni sforzo di tutela, ricerca e valorizzazione.»
Questo è l’orizzonte etico che la nostra lungimirante Costituzione già ci proponeva nel 1948 e che oggi è maturato come principio a livello globale, con una chiara consapevolezza, ben espressa nella Convenzione di Faro che al punto 2, art. b, definisce la ‘comunità di eredità’, espressione nuova che il nostro Codice dei beni culturali non contempla, ma che non entra in conflitto, anzi ne rappresenta una logica evoluzione, spostando l’asse dall’oggetto d’arte alla persona: tutela e valorizzazione non più solo come processo di salvaguardia del bene, ma come funzionali al benessere dell’individuo e della comunità, in forma strategica, enzimi attivi della comunità stessa.
Ed è ancora nella nostra Costituzione, all’art. 4 comma 1, che rintracciamo la genesi del processo in atto; comma consacrato a sancire la centralità del lavoro nella comunità civile, che parla di diritto al lavoro, adeguato alle capacità e inclinazioni, in una logica di diritto e di contribuzione al processo evolutivo della società. E ancor più pregnante in tal senso risulta il comma 2 del medesimo art. 4 in cui si insiste sul libero e creativo contributo quale dovere permanente del cittadino, basato sulla libera scelta.
L’Omelia contadina di Alice Rohrwacher e di JR, rappresentata dapprima a Venezia e poi a San Gimignano nel 2020 in performance, evidenzia, in forma corale, la forte spinta emotiva dei partecipanti, veri contadini che gli artisti hanno coinvolto per una denuncia sociale e civile votata a un impegno di crescita spirituale e di recupero di valori e tradizioni in pericolosa via di estinzione. L’Omelia contadina è definita dagli autori come un’azione cinematografica per scongiurare la scomparsa di una cultura millenaria. Nel cortometraggio che è fruibile online in forma gratuita, una comunità si riunisce su un altopiano al confine fra tre regioni per celebrare il funerale simbolico dell’agricoltura contadina e l’arte contemporanea si fa denuncia, si fa patrimonio identitario, si rende partecipativa e di comunità: diviene un patrimonio ereditario di comunità.
In tale logica pensare alla restituzione post generazionale di un patrimonio tangibile e intangibile diventa fisiologico e, laddove esso risulti di impossibile o difficile conservazione fisica, si potrà documentarne l’esistenza, in alternativa, in forma digitale.
Pensiamo in tal senso alle installazioni site specific, a quelle per natura o collocazione sottoposte a un inesorabile degrado, a quelle che, per fisiologici processi entropici della materia di cui sono costituiti, sono destinate nella migliore delle ipotesi a trasformarsi, ad autodistruggersi nella peggiore. La produzione di Loris Cecchini, per esempio, realizzata con polimeri siliconici rivelatisi nel tempo autoestinguibili non troverebbe memoria se non vi fosse la possibilità di prolungarne l’esistenza attraverso la documentazione e il processo di digitalizzazione.
Se si pensa che buona parte della prima produzione giovanile di Mario Merz è andata totalmente perduta, ci si rammarica giacché sarebbe bastata una maggior fiducia dell’artista in sé stesso in un momento in cui, all’ombra del successo della moglie Maria Luisa Truccato, nota come Marisa Merz, produceva splendide opere in vimini che, vuoi per l’effimera consistenza, vuoi per un negato riconoscimento di valore, sono andate irrimediabilmente perdute. Se ne custodisce la memoria soltanto grazie a qualche vecchia foto. In tal senso il processo di digitalizzazione, oggi in corso, avrebbe potuto evitare la perdita, consegnandocene almeno la memoria.
Concludendo, la conservazione strategica© deve orientarsi a pensare a quel processo capace di riconoscere alla cultura e alla creatività un ruolo integrativo di agende politiche più ampie, al fine di rivendicare i diritti umani, la coesione sociale, l’occupazione, l’innovazione, la salute, il benessere, la tutela dell’ambiente e lo sviluppo locale sostenibile.
Il settore creativo, su larga scala, è il solo motore per la rigenerazione e per una crescita sostenibile ed equilibrata, per una trasmissione di formazione e istruzione, per la transizione ambientale e digitale e per dare impulso a nuove direttrici per la cultura che possono utilizzare i tanti strumenti oggi disponibili.
Ecco perché, da conservatrice restauratrice e storica dell’arte, mi sento costantemente chiamata a portare testimonianza di una civiltà interiore e interiorizzata, di una acquisizione di consapevolezza dell’importanza dell’arte nella vita e nell’esistenza umana: difendiamola, non lasciamocela scippare, non svendiamola frammentando i poteri della tutela con leggi pericolose per la visione di insieme: governiamo il processo e saremo nuovamente liberi e, soprattutto, sapremo valutare la nostra identità secondo rinnovati parametri e paradigmi: il ‘ben essere’, la pace, un ambiente ed ecosistema in equilibrio, la solidarietà, il diritto al lavoro e alla serenità, la cura e la relazione transgenerazionale, in scambio e reciprocità.
La conservazione strategica del patrimonio culturale (parte 1)
Note
- Su Horizon Europe, per gli aspetti culturali, si veda: F. Donato, Cultura, patrimonio culturale e creatività nelle politiche della ricerca europee / Culture, cultural heritage and creativity in European research policies, in: “Il Capitale Culturale. Studies on the Value of Cultural Heritage”, n. 24, 2021, pp. 341-359 https://riviste.unimc.it/index.php/cap cult/article/view/2803/1981; si veda inoltre: https://www.regione.marche.it/Entra-in-Regione/Fondi Europei/Programmazione-2021-2027#Atti-amministrativi; P. Petraroia, La valorizzazione come dimensione relazionale della tutela, in: G. Negri-Clementi, S. Stabile, “Il diritto dell’arte. La protezione del patrimonio artistico”, Milano, Skira, 2014; P. Dragoni, M.Montella, Nuove tipologie museali, in: M. Montella (a cura di), “Economia e gestione dell’eredità culturale. Dizionario metodico essenziale”, Vicenza, Wolters Kluwer-CEDAM, 2016
- D.L. 9 giugno 2021, n. 80 recante: “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efaicienza della giustizia”. Cfr.: https://www.altalex.com/documents/2022/05/04/ decreto-pnnr-novita-materia-pubblico-impiego
- S.Della Torre, Preventiva, integrata, programmata: le logiche coevolutive della conservazione, in G.Biscontin, G.Driussi (a cura di), Pensare la prevenzione. Manufatti, usi, ambienti: atti del XXVI convegno Scienza e Beni culturali, Bressanone 13-16 luglio 2010, Venezia, Arcadia Ricerche, 2010; S.Della Torre (a cura di), La conservazione programmata del patrimonio storico architettonico. Linee guida per il piano di manutenzione e consuntivo scientifico, Milano, Guerini, 2003; S.Della Torre, La carta del rischio e la pratica della conservazione, “Arkos. Scienza e restauro”, n. 1, 2000, pp. 18-21; R. Moioli, Il manuale d’uso, in S.Della Torre, La conservazione programmata del patrimonio storico architettonico. Linee guida per il Piano di Manutenzione e consuntivo scientifico, Milano, Guerini, 2003; G. Noci, Expo piattaforma per il turismo. Investire sul potenziale paesaggistico-culturale può aiutare la ripresa, “Il Sole 24 Ore”, 13/1/2014, p. 10.
- Con riferimento al Secondo principio della termodinamica si veda: K.G.Denbigh, I principi dell’equilibrio chimico, Milano, Casa Editrice Ambrosiana, 1971, ISBN 88-408-0099-9
- S.Della Torre, Preventive and planned conservation as a new management approach for built heritage: from a physical health check to empowering communities and activating (lost) traditions for local sustainable development, “Journal of Cultural Heritage Management and Sustainable Development”, https://www.emerald.com/insight/content/doi/10.1108/JCHMSD-05-2018-076/full/html, 5 giugno 2018. F.Occhetta, 5 domande a…Sergio Gatti. Il pluralismo bancario per uno sviluppo inclusivo, partecipato, distribuito, editoriale nel sito “Comunità di connessioni”, https://comunitadiconnessioni.org/editoriale/sergio-gatti-pluralismo-bancario/, 16 ottobre 2021.
- V.Villa, Per una conservazione e gestione strategica del patrimonio artistico contemporaneo©. “Spirit of Peace”e la collezione Bottega: un caso di studio nel Registro Pubblico Generale delle opere protette dal diritto d’autore. Registrazione A136250 del 29/07/2022
- P. Petraroia, Studies on the Value of Cultural Heritage, “Il Capitale Culturale”, n. 21/2020, pp. 7-14; P. Petraroia, La valorizzazione dell’eredità culturale in Italia, “Il Capitale Culturale”, Supplementi 05/2016, p. 17 e sgg., edizioni Università di Macerata
- «Una comunità patrimoniale è costituita da persone che attribuiscono valore ad aspetti specifici del patrimonio culturale, che essi desiderano, nel quadro dell’azione pubblica, mantenere e trasmettere alle generazioni future». Cfr. L. 1° ottobre 2020, n. 133 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005”, art. 2, lett. b.
- P. Petraroia, La valorizzazione come dimensione relazionale della tutela, in G.Negri-Clementi, S.Stabile (a cura di), “Il diritto dell’arte. La protezione del patrimonio artistico”, Milano, Skira, 2014, p. 41 e sgg. P. Petraroia, La valorizzazione dell’eredità culturale in Italia, “Il Capitale Culturale”, Supplementi 05/2016, p. 17 e sgg., edizioni Università di Macerata, https://www.academia.edu/10234683/La_valorizzazione_come_dimensione_relazionale_della_tutela