In un momento in cui sembrano tramontati ideali e culture con i quali le generazioni precedenti si sono fin qui identificate, seppur con sostanziali differenze e declinazioni, ci troviamo all’alba, forse, di una nuova era e, sicuramente, di un nuovo millennio. E come tutte le albe, può avere senso considerarla foriera di speranze e nuove energie.
Il nostro Paese, in una nuova alba ipotetica, può giocare un ruolo strategico in ambito europeo e anche globale, traendo insegnamento dal passato, e valorizzando una sostanziale e illuminata visione del proprio patrimonio culturale anche contemporaneo1, ammesso che sia capace di difendere valori, conoscenze e formazione che diversamente porterebbero al depauperamento e alla negazione di un’eredità culturale destinata, anche secondo i principi sanciti dalla Convenzione di Faro e dal nostro Codice dei beni culturali e del paesaggio, alle future generazioni2.
Un adempimento, il dover rispettare il diritto all’eredità culturale, che ci richiama all’ordine della tutela e della valorizzazione esprimendo una leadership, da un’esperienza millenaria, nel bene e nel male, nella gestione e conservazione di uno dei patrimoni più pregevoli e consistenti al mondo3.
Certo, il Ministero della Cultura(MiC), e la sua appena rinnovata governance deve essere consapevole che i propri funzionari e specialisti di alto profilo necessitano di una formazione adeguata, di terzo livello, evitando il pericoloso declassamento dei requisiti richiesti per accedere ai ruoli.
La SIRA, Società Italiana per il Restauro dell’Architettura, ha di recente varato un Documento di indirizzo per la Qualità dei Progetti di Restauro dell’Architettura, redatto in modo corale da docenti delle università italiane in collaborazione di alcuni dirigenti del MiC, al fine di offrire un contributo concreto alla progettazione degli interventi sul patrimonio costruito, paesaggistico e storico, per garantirne la migliore tutela e valorizzazione.
La riforma del Ministero della Cultura, attualmente in corso, con la relativa revisione delle famiglie professionali e delle competenze e ruoli nell’ambito dell’ordinamento professionale in attuazione del titolo III del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro, non può che essere del tutto incompatibile con il declassamento delle competenze dei funzionari tecnici, che mortificherebbe pericolosamente la qualità del controllo e indirizzo della tutela: di qui lettere e appelli indirizzati al Ministero da parte di Associazioni, Università, Scuole di specializzazione etc., che attendono risposte nei fatti.
Quarant’anni di esercizio della professione di conservatrice restauratrice e storica dell’arte, in un percorso evolutivo costante, ho potuto apprezzare da un palco privilegiato, la ricchezza inestimabile che ci è concessa: un patrimonio naturalistico, quello italiano, paesaggistico, archeologico, architettonico e artistico di straordinaria consistenza e bellezza.
Negli ultimi dieci anni di attività ho potuto sperimentare il proficuo lavoro interdisciplinare, grazie alle competenze e allo scambio di idee e opinioni con i soci, partner, consulenti e collaboratori. Abbiamo focalizzato meglio una visione che si nutre di rinnovato approccio alla valorizzazione e gestione del patrimonio culturale.
Da qui un lavoro ad ampio spettro (con i miei sodali Bottini e Petraroia) basato su principi di ‘conservazione strategica©’ di un’eredità che rappresenta la vera sostenibilità del Paese, un’ eredità per le prossime generazioni arricchita dalle conoscenze cangianti di questi anni e decenni.
Ed è proprio la bellezza, sintomo di magistrale sapienza e dedizione delle tante generazioni precedenti alla nostra, a suscitare nei milioni di visitatori di ogni dove, lo stupore, il godimento, la riconciliazione, il benessere che il nostro Paese e la nostra cultura, nello specifico, sanno ancora suscitare.
La visione strategica di ripartire proprio dalla valorizzazione della nostra eredità si traduce in risultati sorprendenti che confermano le potenzialità e la centralità politica della gestione del patrimonio culturale. Basti pensare, infatti, a come il sistema ha reagito prontamente con creatività, determinazione e competenza alla grande sfida che la pandemia da Covid-19 ha rappresentato a livello globale e alla presa di coscienza della nostra fragilità4.
In pochi mesi si sono rovesciate scale di valori che per secoli, se non millenni, avevano scandito le nostre esistenze, generando gerarchie valoriali cristallizzate e inscalfibili.
Un virus potente ha scardinato e sovvertito un sistema culturale globale, costringendo a nuovi approcci e a tante riflessioni: un teorema che possiamo definire dimostrato. È possibile dunque riscrivere la nostra storia basandosi su nuovi parametri che pongano nuovamente l’uomo, e le sue sacrosante necessità di relazione e benessere, al centro di una rinnovata relazione di cura.
Una ‘filosofia della cura’, che affonda le proprie radici in culture ancestrali, che poggiano essenzialmente su civiltà organizzate in forma circolare e non gerarchico-piramidale, inserite in relazione con l’ambiente naturale e in sintonia con il mito di Gaia, Madre Terra, viene ben descritta, per esempio, nelle opere di Vilma Baricalla, studiosa di filosofia ambientale ed ecologista, che, in Animali ed ecologia in una rilettura del mondo al femminile, ritiene maturi i tempi per una sovversione pacifica della visione antropocentrica auspicando il ritorno all’equilibrio. La stessa autrice, con altri studiosi e filosofi in Natura e cultura occidentale tramondo antico ed età moderna propone soluzioni alternative per la costruzione di una nuova civiltà capace di superare la prevaricazione dell’uomo sulla natura e di ricollocare in nuovo equilibrio l’esistenza umana con il contesto naturalistico e sociale.
Anche Vito Mancuso in La via della bellezza ritiene che questa sia la via per la salvezza e che la dimensione estetica e la innata propensione all’apprezzamento della bellezza sia, anche a livello inconscio, perseguita e auspicata in qualsiasi ambito. Non solo culturale o artistico, nell’economia, nel commercio, nei prodotti. Occorre tuttavia evitare una pericolosa semplificazione del tema, gestito in modo semplicistico e retorico cioè estetizzante e commerciale.
Diventa auspicabile se non urgente una riflessione approfondita sul valore della bellezza intesa come percorso e orientamento verso un la ricerca sul sé e l’altro, in una rinnovata relazione intima e con evidenti ricadute relazionali e di conseguenza anche in ambito sociale5.
In particolare, l’Unione Europea è stata in grado di prendere atto di un lavoro sistematico che il nostro Paese ha nel tempo costruito ed è stato capace di elaborare e di sottoporre al parere dei rappresentanti di venti Paesi europei lo scorso 29-30 luglio 2021 a Roma6.
Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza-Next generation Italia, infatti – nelle sue versioni iniziali e nei perfezionamenti che l’hanno portato a essere lo strumento attraverso il quale dal 2021 (e fino al 2026) – sono state messe in campo dall’UE ingenti risorse, con regole ferree e premianti, seppur di difficile applicazione soprattutto per le tempistiche, costringendo a uno sforzo di verifica, analisi, progettazione e realizzazione di attività che richiedono una visione unitaria, coerente, rigorosa ed efficace, un forte stimolo alla creatività e alla progettazione.
A lungo termine il nostro Paese si sta impegnando per adempiere all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: il 25 settembre 2015 le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals, SDGs), articolati in 169 Target da raggiungere entro il 2030.
Prima ancora della codificazione di SDGs da parte dell’ONU e dell’UE, Luigina Mortari in Filosofia della cura proponeva già una decina di anni fa scale valoriali basate sulla cura e il rispetto, capaci di porre in sequenza ed equilibrio fisiologico l’essere umano nei confronti del prossimo e del contesto che lo ospita.
Sembra un passaggio obbligato come tanti, ma non vi è dubbio che per la Cultura in senso lato, e per la creatività contemporanea nello specifico, si apra l’opportunità di una nuova era.
La conservazione strategica del patrimonio culturale (parte 2)
Note
- M.Ciatti, Il futuro del contemporaneo: passato, presente e futuro dell’OPD, in L.Montalbano, M.Patti, Il futuro del contemporaneo, Firenze, EDIFIR, 2014
- Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, Consiglio d’Europa, Faro, 27 ottobre 2005
- P.Petraroia, La cura del patrimonio storico-culturale come leva di sviluppo del territorio. Una nuova frontiera dell’ottava legislatura, “Regione Lombardia, Confronti” n. 3/2005
- AA.VV., Supplemento 11/2020 de “Il Capitale Culturale” (https://rivisteopen.unimc.it/index.php/cap-cult/issue/view/130), V. Cantoni Mamiani, Leadership di cura. Dal controllo alle relazioni, Vita e pensiero-Strumenti di economia, 2022
- Si leggano a tal proposito le interviste in appendice in: V. Villa, M.Ciatti, P. Petraroia, F. Buzzi, B. Cattaneo, A. Rava, Per una conservazione e gestione strategica del patrimonio artistico contemporaneo©. “Spirit of Peace” e la collezione Bottega: un caso di studio in Academia.edu (www.academia.edu.com) e Research gate (www.researchgate.net), pp. XXI-LVIII
- https://media.beniculturali.it/mibac/files/boards/be78e33bc8ca0c99bff70aa174035096/PDF/DichiarazioneFinale_G20_ITA.pdf