Mare e città

Polpette - Ep. 2 - la rubrica di Andrea Bellati che racconta in maniera originale la Scienza.

Autore

Andrea Bellati

Data

12 Settembre 2022

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3' di lettura

DATA

12 Settembre 2022

ARGOMENTO

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Mare e città, acqua e città, un legame indissolubile e non scelgo questa parola perché l’acqua è il solvente della vita ma perché lasciavamo le nostre impronte sulla sabbia quando le città non esistevano e tuttalpiù costruivamo capanne di frasche proprio dove facevamo scorpacciate di molluschi. Si trovano ancora montagne fossili di gusci vuoti lasciate dai primi sapiens. E chissà che cosa dicevamo tra noi mentre lanciavamo cozze sgusciate dietro alle spalle, quali racconti mentre guardavamo il mare.

Mare e città, quindi, cosa dire di nuovo? Sono indeciso e confuso e allora sapete che faccio? Parlo di una città che il mare non ce l’ha. Anzi, a dire il vero non ha nemmeno un fiume o un lago. È la mia città, è Milano. Ma cosa gli è venuto in mente di fare una città senza acqua? Semplice, qui l’acqua ce l’hanno portata.

Ma quante braccia, cantava Battisti, chissà quante braccia hanno scavato un fosso che da quasi il Lago Maggiore arriva qui e dopo un giro in città torna al Ticino verso Pavia. Tra il Naviglio Pavese e il Grande c’è la Darsena, non so se lo sapete ma la Darsena di Milano era il terzo porto italiano fino alla fine del 19° secolo per tonnellate di merci movimentate. Dalla Darsena passavano i barconi con i materiali destinati alla fabbrica del Duomo che, come vuole il detto, è stata lunga. Lunga come la fabrica del Domm si dice da allora, i barconi hanno portato sabbia e cemento e il celebre marmo rosa di Candolia per 600 anni! Lungo il Naviglio c’erano dazi ovunque ma non per le chiatte con il materiale destinato alla nostra cattedrale. Sopra ai barconi c’era la scritta Ad Usum Fabricae Operis, che abbreviato fa A U F O. E a ufo si mangia a sbafo qui a Milano perché il dazio, il conto, non si paga.

La costruzione dei Navigli è antica, i canali sono cresciuti con la città. Verso la fine del XV secolo, Ludovico il Moro, duca di Milano, promosse un grande sviluppo del sistema dei Navigli e proprio in quegli anni, sulla scrivania del Duca, giunse una lettera. Si trattava di un curriculum, forse il primo della storia. Era un foglio scritto a mano sul quale l’autore descriveva in dieci punti le cose che sapeva fare. Probabilmente Ludovico il Moro non riconobbe la firma sul CV, ma oggi, alla Biblioteca Ambrosiana, possiamo ammirare quel foglio ingiallito dal valore inestimabile e leggere in basso un nome leggendario: Leonardo da Vinci. Leonardo da Vinci inventore del curriculum propose al Duca i suoi servigi. Nel documento, per prima cosa, Leonardo esalta la sua esperienza nel costruire macchine da guerra. Ma nell’ultimo punto il genio fiorentino conclude dicendo: In tempo di pace credo satisfare benissimo a paragone de omni altro in architectura, in composizione di edificii publici et privati, et in conducer acqua da uno loco ad uno altro. Cioè a Ludovico il Moro si propose come architetto, bravo quanto gli altri, e soprattutto come esperto di canalizzazione delle acque. Il Moro lo assunse e Leonardo diede il suo contributo prezioso ai Navigli di Milano lavorando alla progettazione del sistema delle chiuse.

E forse non lo sapete ma a due passi da una delle chiuse di Leonardo, in via Lecchi, due fratelli tedeschi scelsero di costruire una piccola fabbrica di dinamo e motori elettrici. Erano Jakob e Hermann Einstein, babbo e zio di Albert che quando portava le braghe corte bazzicava le sponde del pavese. Va bene, i geni, i navigli ma la darsena mica è il mare. Eppure, a Milano c’è uno strano luogo appena dopo Corvetto che si chiama Porto di Mare. Anzi, ci hanno fatto pure una fermata della linea gialla.

Porto di Mare… Che storia è questa? La località si chiama così perché nel 1917 fu approvato un progetto faraonico: costruire una nuova enorme darsena, un porto vero e proprio destinato all’approdo del traffico navale in arrivo dal mitico canale Milano-Cremona-Po. Un canale che avrebbe collegato Milano al Po e da lì all’Adriatico e portato in città navi da 3mila tonnellate di carico. Un sogno, finalmente i milanesi avrebbero avuto il loro collegamento diretto con il mare, una strada d’acqua dritta fino a… Milano Marittima? Un progetto mai realizzato: oggi il canale è un moncherino che arriva a Pizzighettone e del porto, oramai, non c’è quasi più traccia. Eppure, come il mare vero modella le coste e le spiagge, quel mare milanese che non è mai esistito ha modellato le coste virtuali della periferia di Milano. I terreni espropriati per la costruzione del Porto Milanese sono diventati le tangenziali e le tangenziali hanno dato forma alle periferie.

Ma che aspetto avrebbe Milano con il mare? Be’, lo sappiamo, e lo ha ricordato di recente Beppe Sala, il nostro sindaco: «Se Milano avesse il mare sarebbe una piccola Bari».

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