C’è molto caldo. Più di 30 gradi. Una pioggia incessante cade fra le foglie, piegandole al suo incedere e risuonando attorno in tutta la foresta. Siamo nel Kalimantan orientale, sull’isola del Borneo, in Indonesia. Qui sorgerà Nusantara, la nuova capitale della Indonesia. Il suo nome significa l’ ‘arcipelago’ o ‘le isole esterne’ e vuole riflettere la geografia del Paese. Il 18 gennaio 2022, il Parlamento dell’Indonesia ha dato il via libera allo spostamento della capitale da Giacarta, megalopoli da circa 10 milioni di abitanti. La città, oltre a essere una delle metropoli più trafficate e inquinate al mondo, sta sprofondando in acqua a una media di circa 7,5 centimetri all’anno, a causa dell’abbassamento del terreno (la subsidenza) e dell’innalzamento dei mari, derivante dal cambiamento climatico. Lo spostamento della capitale inizierà quest’anno, costerà l’equivalente di circa 28 miliardi di euro e richiederà molto tempo: secondo il governo indonesiano durerà fino al 2045.
La decisione di spostare un’intera città è l’immagine forte e rappresentativa di un processo in atto in tutto il mondo, che cerca di anticipare gli effetti avversi dei cambiamenti climatici e adottare misure adeguate per prevenire o ridurre al minimo i danni da essi derivanti. Le azioni intraprese prendono il nome di adattamento. Purtroppo, anche se riuscissimo a ridurre le emissioni di gas climalteranti (la cosiddetta mitigazione) entro gli obiettivi che ci siamo prefissati (2050 per la neutralità climatica in Europa), è molto difficile che l’incremento della temperatura terrestre sia così limitato da non causare danni ambientali e socio-economici. L’azione principale deve essere la riduzione delle emissioni
Sebbene l’azione principale debba essere la riduzione delle emissioni, bisogna prepararsi agli effetti a cui andremo incontro. Ed è sempre più necessario investire in questa direzione. Come il caso indonesiano sta evidenziando, il processo di adattamento è già in corso, perché la temperatura è in continuo aumento e gli effetti sono già visibili, con l’innalzamento dei mari, l’aumento dell’intensità e frequenza degli uragani, la variabilità e la concentrazione delle piogge, le ondate di calore, per citarne alcuni.
Dunque, come investire in adattamento? Innanzitutto, devono essere individuate delle nuove strategie di difesa, come la costruzione di dighe e argini contro l’innalzamento dei mari. Ne sono un esempio virtuoso le barriere della città di Rotterdam, dopo la devastante inondazione del 1953. New York sta progettando delle strutture simili per proteggere Manhattan. In altri casi la strategia consiste nell’alzare il livello della strada, come a Miami, o nello spostamento dei centri abitativi, come mostrano i crescenti flussi migratori di matrice climatica; in altri, ancora, si cerca di utilizzare sistemi naturali di protezione, come il progetto la ‘Grande Muraglia Verde’ promosso dall’Unione Africana, che consiste nella piantumazione di una barriera di 8000km di alberi dal Senegal a Gibuti al fine di fermare la desertificazione, ricostruire un ecosistema e far rinascere aree non sviluppate. Nel processo di adattamento un ruolo cruciale sarà svolto anche dal sistema energetico che dovrà essere, in taluni casi, ridisegnato. L’energia è infatti fondamentale per il funzionamento delle pompe idrauliche in caso di allagamento, per desalinizzare l’acqua nelle aree profondamente aride, per alimentare l’aria condizionata in presenza di colpi di calore e anche per mantenere attiva la rete di telecomunicazioni in presenza di catastrofi. È importante quindi preservarne la produzione e mantenerne attivo lo scambio anche in situazioni limite, evitando i black-out. A tal fine, da un lato si progettano reti elettriche più resilienti ai danni ambientali con centraline sopraelevate; dall’altro dei sistemi di scambio energetico decentralizzati, a strutture radiali, basati su nuove tecnologie intelligenti (smart), in grado di fornire nel contempo energia e informazioni, per rispondere a eventuali shock ed efficientare il consumo energetico. Si potranno sviluppare così nuove tipologie di comunità, basate anche sulla condivisione di risorse rinnovabili, quali l’energia solare ed eolica. Le nuove città potranno quindi sfruttare tecnologie innovative, aumentando la resilienza e l’adattamento e, nel contempo, riducendo le emissioni di CO2, favorendo la mitigazione. La transizione passa quindi anche attraverso la riprogettazione del sistema energetico necessario per l’adattamento.
Nel 2045 Nusantara sarà formata da tante piccole case integrate fra loro e alimentate da energia green.