Comprendere i valori è la base delle relazioni tra gruppi. Nelle relazioni internazionali, ogni governo esprime attraverso i propri comportamenti la cultura del paese. I valori di ciascuno sono tra loro diversi, così come sono diverse le azioni che essi ispirano, e le eventuali reazioni. Ad esempio, quanto conta l’armonia della relazione a fronte della necessità di discutere con franchezza un argomento scomodo? Dipende. Ogni cultura ha dato una propria risposta a questa fondamentale domanda.
Oggigiorno, questa diversità di vedute aggiunge complessità alla già complessa situazione geopolitica; complessità che viene ogni giorno ispessita da interconnessioni globali sempre più fitte, da cambiamenti socio-economici sempre più repentini e ravvicinati, e da dinamiche macro-ecologiche che coinvolgono ogni terrestre in un interminabile dibattito planetario.
Il paese verso il quale sentiamo più viva la necessità di colmare l’ampio iato che separa le reciproche vedute è di certo la Cina. Non è necessario ricapitolare la lunga lista di ragioni per le quali si da il caso che sia così. E’ altrettanto evidente che, insieme alla sua crescente presenza e influenza, è stata sempre più sentita anche la necessità d’interpretare le mosse e i messaggi dei suoi statisti, e farlo attraverso le lenti della storia e della cultura è di certo utile.
Tuttavia, malgrado la proliferazione di studi di ogni genere e livello, che ci forniscono un ampio ventaglio di strumenti per saggiare l’influenza della cultura cinese sul mondo contemporaneo, sembriamo ancora disarmati nella interpretazione delle situazioni tanto ufficiali e formali quanto quelle quotidiane e mondane.
Il motivo per cui è ancora così difficile capire il mondo dal punto di vista cinese, o per lo meno uno dei motivi, è che spesso non abbiamo delle vere e proprie competenze in materia di cultura. Il relativismo ci insegna che tutte le culture hanno lo stesso valore, ma nell’accettazione acritica di questo principio si cela il rischio di trattare tutte le culture come se fossero uguali. La confusione sta forse proprio nel molteplice significato di ‘valore’, o forse nella confusione tra equità ed uguaglianza. Comunque sia, abbiamo bisogno di guide e di strumenti che ci accompagnino nello sviluppare competenza nello studio delle diversità. E’ troppo facile alzare lo stendardo della diversità quando esso è leggero, perché vuoto.
Per poter dire di aver cominciato a comprendere la diversità di una cultura servono almeno i rudimenti più elementari che di essa è possibile distillare. Nel tentativo di sviluppare io stesso queste competenze, mi sono imbattuto nel libro di Adam Grydehøj e Ping Su, China and the Pursuit of Harmony in World Politics: Understanding Chinese International Relations Theory. Tra le tante cose che è questo libro, è anche una guida, che possiamo usare quando, nel tentativo d’interpretare le parole e i gesti dei politici cinesi attraverso le lenti della cultura, vogliamo evitare il rischio di una spiegazione troppo semplice.
Che cos’è una spiegazione troppo semplice? E’ una spiegazione più semplice del necessario. Ad esempio, spiegare la politica ZeroCovid e la generale condiscendenza con la quale è stata accettata nel 2021 con l’idea che la cultura cinese sia essenzialmente collettivista e autoritaria, è davvero troppo semplice. E’ possibile accettare questa spiegazione soltanto se, al tempo stesso, si accetta una definizione astratta di questi termini e si escludono deliberatamente dal ragionamento fatti che sembrerebbero indicare proprio il contrario, e cioè che la cultura cinese ha al proprio interno un denso seme di individualismo e di combattiva competizione tra pari. Se non fosse così, come avrebbe mai potuto venirsi a configurare l’esteso fenomeno culturale noto come nèijuǎn (内卷), letteralmente… anzi no, tratteremo questo termine in un’altra puntata.
Ecco, quando cominciamo a inserire nel ragionamento termini emici, vuol dire che ci stiamo avvicinando sempre di più al punto di vista dell’altro. Adam Grydehøj e Ping Su lo hanno fatto con un termine che viene tanto usato quanto è abusato il suo significato: héxiê (和谐), letteralmente… armonia. Esso attira da tempo l’attenzione di coloro che lo considerano come espressione dell’essenza stessa della politica cinese, tanto interna che estera. Superando questo essenzialismo, si può vedere che non esiste solo un modo cinese di intendere l’armonia, ma molteplici. Il significato di armonia varia a seconda del suo radicamento all’interno di varie teorie ben distinte, tra cui ricordiamo:
- Tiānxià indica tutto ciò e tutti coloro che si trovano sotto il cielo, e che, nella teoria, possono co-esistere in armonia seguendo la dottrina confuciana del giusto mezzo e del rispetto dei costumi.
- Guānxi è la relazione, la variabile che determina gli interessi degli attori in gioco. Agire, nella teoria, significa prima di tutto anticipare gli effetti che il nostro operato avrà, e trovare un modo per raggiungere l’obiettivo evitando il conflitto.
- Gòngshēng è la simbiosi attraverso la quale la diversità tra soggetti porta a un mutuo progredire.
Nel corso dei prossimi ‘episodi’, vedremo come diverse concezioni di questi e di altri termini ci possono essere di aiuto nel comprendere la presenza cinese a livello globale, locale, e nella nostra vita quotidiana.