2013, Deserto del Gobi, Mongolia. Il vento sferza la remota steppa dal cielo blu. Il paesaggio è punteggiato dalle yurte, o gher: le dimore nazionali a cupola con un soffitto sferico coperto di teli e feltro. In piedi, all’ingresso dell’abitazione, due bambini osservano un uomo dal volto scottato dal sole che si allontana lentamente in sella ad un cavallo. La gher si staglia bianca in un panorama fermo nel tempo, quasi immutabile da decenni. Una caratteristica però sembra far muovere in avanti le lancette dell’orologio: un pannello fotovoltaico appoggiato su una parete.
L’introduzione dell’energia fotovoltaica è il risultato di un progetto denominato REAP frutto di una partnership fra il governo della Mongolia, la Banca Mondiale, la società civile e alcuni imprenditori locali. Issati su un palo e collegati a un inverter all’interno della gher, i sistemi solari domestici forniscono una fonte di elettricità portatile e pulita che ha permesso di rivoluzionare la vita della popolazione locale. Infatti l’energia elettrica ha consentito l’utilizzo dei frigoriferi, modificando i tempi per l’approvvigionamento del cibo; dei cellulari, per poter avere assistenza sanitaria senza doversi recare a piedi nel villaggio più vicino e della televisione, per poter guardare le previsioni del tempo, fondamentali per il lavoro svolto dalla popolazione. I sistemi solari domestici permettono di diventare più autosufficienti anche senza essere collegati ad una rete di distribuzione nazionale che, spesso, è molto costosa da installare e quindi inesistente in aree molto povere o con una bassa densità abitativa. Questi sistemi sono quindi estremamente importanti anche per poter ridurre la povertà energetica dei Paesi in via di sviluppo. Ma l’energia fotovoltaica è altrettanto rilevante anche negli Stati più ricchi perché permette di sostituire l’elettricità prodotta da fonti fossili e quindi facilita la transizione energetica, riducendo la intensità di emissione per unità di prodotto. Ed i costi di produzione sono relativamente contenuti se comparati ad altre fonti energetiche, soprattutto se si includono anche gli impatti ambientali.
Un ulteriore vantaggio dei pannelli fotovoltaici è la possibilità di costruire tantissimi micro-impianti in unità unifamiliari per poter quindi decentrare il mercato fino a costruire delle vere e proprie comunità. Ovviamente ci sono anche delle caratteristiche di questa tecnologia che devono essere, quanto meno, corrette. In prima battuta l’intermittenza nella produzione: non si può produrre di notte e l’efficienza dell’impianto dipende da alcune caratteristiche geografiche, quali l’irraggiamento, e dal meteo. In seconda battuta, non si ha flessibilità nella produzione. Una volta costruito l’impianto, la quantità di energia generata non potrà adattarsi alla volatilità della domanda. Il proprietario dell’impianto non potrà aumentare la produzione per soddisfare consumi più elevati, non previsti. A tali problemi si può ovviare utilizzando sistemi di accumulo dell’energia che, tuttavia, implicano un aumento dei costi. È quindi cruciale definire bene ex ante la dimensione dell’impianto in modo da utilizzarlo nella maniera più efficiente possibile.
La possibilità di avere più persone con impianti fotovoltaici che si integrano in una comunità, aumenta la flessibilità della produzione rispetto alla domanda e rende il sistema potenzialmente più performante. Un ulteriore elemento critico è che la ‘densità energetica’ delle fonti rinnovabili è più bassa rispetto a quelle fossili. Ciò ha effetti sulla dimensione dell’impianto. Per produrre (e stoccare) la stessa quantità di energia generata da fonti fossili, la centrale verde richiede dimensioni molto più elevate. Questo elemento fa aumentare ulteriormente i costi per unità di energia prodotta. Non c’è un problema relativo alla disponibilità, perché il sole manda ogni giorno sulla terra una quantità di energia che è 20mila volte quella che l’umanità consuma in un solo giorno. Il limite è relativo ai costi diretti ed indiretti che devono essere sostenuti, anche in termini di spazio, per poterne usufruire. Sicuramente una soluzione sarà quella di utilizzare un mix di fonti (come l’eolico, l’idrogeno, etc) in modo da poterne combinare le differenti caratteristiche in maniera ottimale.
Nel frattempo, nel remoto deserto di Kubuqi, in Mongolia, La Cina sta costruendo uno degli impianti fotovoltaici più grandi del pianeta: un tappeto di pannelli solari che si estende a perdita d’occhio su una superficie di 600 chilometri quadrati. In Cina un quarto dei consumi di energia è prodotta da fonti rinnovabili, ma, allo stesso tempo, più del 50% proviene, ancora, da centrali a carbone. I segnali verso la transizione sono incoraggianti ma la strada è ancora piuttosto lunga.