Odissea Energetica: il ruolo dell’IA tra sfide e opportunità per il futuro nucleare

L'IA aumenta la domanda energetica, spingendo le aziende tech verso il nucleare, e potrebbe ostacolare o favorire la transizione, migliorando l'efficienza o aumentando i consumi. Il futuro è incerto.

Autore

Sergio Vergalli

Data

28 Gennaio 2025

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7' di lettura

DATA

28 Gennaio 2025

ARGOMENTO

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Rosso. Un uomo in una tuta da astronauta sta lavorando galleggiando nel vuoto all’interno di una navicella spaziale. Si vede il casco trasparente di profilo con una luce rossa che si riverbera sul vetro. Con una mano sta togliendo alcune cassette bianche dagli scaffali. Ad un certo punto una voce: «Buongiorno signori, sono un operatore HAL9000. Entrai in funzione nelle officine HAL di Verbana, nell’Illinois, il 12 gennaio 1992. Il mio istruttore mi insegnò anche a cantare una vecchia filastrocca». Nel frattempo le cassette bianche vengono lentamente rimosse dall’apparato a cui sono collegate. «Giro giro tondo, io giro intorno al mondo…». L’immagine si concentra su una grande luce rossa che sembra un occhio.

Elizabethtown, Pennsylvania, Stati Uniti, 1969. Un uomo sulla trentina con occhiali quadrati, barba rossa ed una giacca grigia si alza dalla poltroncina del cinema e si incammina fuori. È una giornata quasi fredda. Affretta il passo. Il film era molto bello ma domani si dovrà alzare presto per andare al lavoro a Three Mile Island: stanno costruendo l’unità 2 della centrale nucleare. L’unità 1 è già in costruzione da un anno. Sarà il futuro dell’energia!

Elizabethtown, Pennsylvania, Stati Uniti, 25 marzo 1978. Bianco. L’immagine indugia sulla sala di controllo della centrale. Numerose attrezzature elettroniche, manopole e sensori. Un uomo con gli occhiali sta guardando molto preoccupato alcuni numeri. Si stropiccia gli occhi. Uno schermo si illumina di colpo e si colora di rosso. C’è il serio rischio di un incidente nucleare. Si alza di scatto e preme alcuni pulsanti in modo molto rapido. Da dietro una vetrata un uomo ed una donna lo osservano. Buio… Nella sala del cinema, l’uomo con i capelli rossi, oramai giunto sulla quarantina, si alza dalla poltroncina. Per fortuna è solo un film che descrive una storia verosimile ma che non sta realmente accadendo. Nel film Sindrome Cinese addirittura dicono che l’incidente «potrebbe rendere inabitabile un’area grande come la Pennsylvania». In realtà l’unità 2 è stata terminata un anno fa ed è finalmente diventata operativa a pieno regime.

L’uomo dai capelli rossi non sa che il 27 marzo 1978 si verificherà veramente un incidente alla centrale di Three Mile Island. Sarà il peggiore nella storia dell’energia nucleare civile prima di Chernobyl e Fukushima. Si verificò una parziale fusione del nucleo del reattore n. 2, causata da una combinazione di guasti tecnici e errori umani. Sebbene non ci furono vittime immediate, l’evento provocò fughe di piccole quantità di materiale radioattivo e 140 mila persone abbandonarono le loro case nel fine settimana del 31 marzo e primo aprile.

Ma cosa lega HAL9000 di 2001 Odissea nello Spazio, Michael Douglas di Sindrome Cinese e la transizione energetica? La notizia è di qualche mese fa: Constellation Energy e Microsoft hanno firmato un accordo ventennale di fornitura di energia proveniente dalla Unità 1 della centrale nucleare Three Mile Island. L’impianto verrà riaperto dopo la chiusura del 2019 e dovrebbe entrare in funzione nel 2028, fornendo più di 800MW di energia e dovrebbe rimanere operativo fino al 2054. Microsoft sta cercando nuove strategie per soddisfare la sua crescente domanda di energia, mantenendo le emissioni sotto controllo. Esse infatti sono aumentate di quasi un terzo dal 2020. Come molti dei suoi rivali, Microsoft ha fissato una serie di obiettivi climatici, tra cui diventare ‘carbon negative’ entro il 2030. Amazon, che tramite una sua controllata fornisce numerosi servizi Internet sempre più legati alle IA (Intelligenza Artificiale), ha di recente acquistato un data center in Pennsylvania direttamente collegato a una centrale nucleare e sta espandendo le attività di ricerca e sviluppo legate alle tecnologie nucleari. Lo stesso fenomeno sta avvenendo per META e Google.

Il mondo sta aumentando in modo vertiginoso la quantità di informazioni che vengono scambiate ogni giorno e la IA ha accelerato notevolmente questo processo, allargando in modo esponenziale la rete neurale del Globo Terrestre. Si stanno costruendo sempre più data center che richiedono una sempre maggiore quantità di energia. Solo l’anno scorso le grandi società tecnologiche hanno investito 105 miliardi di dollari in queste vaste strutture. Già nel 2016, un uomo sulla trentina con occhiali quadrati, barba rossa ed una giacca grigia, Alex de Vries, aveva iniziato a occuparsi del consumo energetico di alcuni elaboratori, in particolare quelli legati alla produzione di bitcoin (il cosiddetto ‘mining’). Dopo aver letto che una singola transazione di bitcoin consumava la stessa quantità di energia che una famiglia americana media usava in un giorno, costruì il Bitcoin Energy Consumption Index e lo pubblicò sul suo blog Digiconomist. Secondo le ultime cifre dell’indice, il mining di bitcoin consuma 145 miliardi di kwh di elettricità all’anno, che è più di quanto viene utilizzato dall’intera nazione dei Paesi Bassi, e la produzione di elettricità si traduce in 81 milioni di tonnellate di CO2, che è maggiore delle emissioni annue di una nazione come il Marocco. Successivamente de Vries ha volto il suo interesse nei confronti del consumo di energia della IA.

Alcune stime recenti indicano che una ricerca su ChatGPT richiede quasi 10 volte più elettricità di una normale ricerca su Google. Le previsioni degli esperti prevedono che il consumo energetico dei data center in tutto il mondo dovrebbe almeno raddoppiare nei prossimi anni. Goldman Sachs ha stimato un incremento del 160% entro il 2030. Anche la IEA (Agenzia Internazionale per l’Energia) ha previsto che la domanda sarebbe più che raddoppiata entro il 2026. Lo stesso de Vries, ha calcolato che se Google integrasse l’IA generativa in ogni ricerca, il suo consumo di elettricità dovrebbe aumentare a qualcosa come 29 miliardi di kwh all’anno: più di quella consumata da molti paesi, tra cui Kenya, Guatemala e Croazia. Si stima infatti che ChatGPT risponda a qualcosa come duecento milioni di richieste al giorno e, così facendo, consumi più di mezzo milione di kilowattora di elettricità. Per fare un paragone, una famiglia media degli Stati Uniti consuma ventinove kilowattora al giorno. Ecco che quindi serve una notevole quantità di energia. Ed in futuro ne servirà molto di più dato che la IA sembra seguire la crescita esponenziale che ha percorso internet in passato. Ed il consumo di energia è continuo nell’arco della giornata, cioè non può essere soddisfatto solamente da fonti energetiche che mostrano delle periodicità, come il fotovoltaico o incertezza, come l’eolico.

Una soluzione è ovviamente l’utilizzo di batterie, ma di fronte ad una domanda globale in continuo aumento, servono fonti che producano elevate quantità ed in modo continuativo. Di fronte al vincolo legato alle emissioni, le grandi società tecnologiche si stanno appoggiando alla produzione nucleare che si mantiene costante nel tempo con bassissime emissioni. Pertanto, l’energivora IA sta danneggiando il processo di transizione? Al momento i data center rappresentano circa l’1-2% della domanda totale di elettricità, quota che si prevede aumenterà a circa il 3-4% entro il 2030. Non è una elevatissima percentuale ma quello che fa riflettere è la potenzialità futura, dato che il mondo sta accelerando verso l’uso massivo della IA. Ma la realtà, come sempre, è più complessa della teoria, dato che il processo di crescita è dinamico ma, al contempo, bisogna anche tenere in considerazione la possibilità di utilizzare la IA per ridurre i consumi energetici, migliorando l’efficienza dei processi. Recenti stime mostrano che le case smart connesse all’IA potrebbero ridurre il consumo di CO2 delle famiglie fino al 40%. Un recente progetto Google ha scoperto che un’IA in grado di elaborare rapidamente i dati atmosferici consentirebbe ai piloti di aerei di percorrere traiettorie di volo in grado di produrre meno scie di condensazione. Queste ultime rappresentano più di un terzo delle emissioni di carbonio dell’aviazione globale. Secondo Dave Patterson, professore emerito di informatica alla UC Berkeley e ricercatore di Google, se, pertanto, l’intera industria aeronautica facesse ricorso a questa soluzione tecnologica, si potrebbe risparmiare «più CO2 e (comprensivi di altri gas serra) di tutta quella prodotta dai sistemi di intelligenza artificiale nel 2020». Ulteriori esempi sottolineano come la IA potrebbe anche aiutare la transizione permettendo una più efficiente ricerca delle materie prime necessarie allo sviluppo della tecnologia: una lettura ‘intelligente’ delle mappe satellitari potrebbe infatti ridurre inefficienze e tempi nella individuazione dei giacimenti.

Gli esempi in questa direzione sono molti. In definitiva sembrerebbe che da un lato la energivora IA utilizzerà sempre maggior energia, dall’altro potrebbe ridurre i consumi e facilitare la transizione. La previsione è che nel breve periodo la bilancia penderà a sfavore della transizione per poi invertirsi dopo aver raggiunto un picco. Solo il futuro ci dirà dove sarà il picco e da che parte cadrà la bilancia. Altrimenti, nella nostra futura Odissea nello Spazio della transizione saremo costretti a spegnere la IA di HAL9000.

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