L’acqua come fonte di energia

Le centrali idroelettriche sono una delle fonti di energia rinnovabile più diffuse ma richiedono una gestione attenta per mitigare i loro impatti ambientali.

Autore

Sergio Vergalli

Data

29 Ottobre 2024

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29 Ottobre 2024

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Energia

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Cascate del Niagara, Stati Uniti. In una fredda giornata del 1895 due folti baffi neri scrutano l’orizzonte. Un uomo con capelli neri, sguardo acuto, scriminatura centrale, volteggia nell’aria il suo lungo bastone. Riflette, immerso completamente nelle sue idee. Alle sue spalle alcune nubi di goccioline nascondono un’immagine che lentamente diventa più nitida: un’enorme quantità di acqua scrosciante. Silenzio. Il bianco silenzio dei suoi pensieri viene macchiato da un suono blu che pian piano diventa più roboante, fino ad avvolgere completamente lo spazio. Nikola Tesla accenna un sorriso soddisfatto: ha appena completato la prima centrale idroelettrica a corrente alternata presso le Cascate del Niagara, in grado di portare l’elettricità alla città di Buffalo, distante 34km. 

Trezzo d’Adda, Italia. In una calda giornata del 1894, altri due baffi osservano il calmo fluire del fiume. Poco distante da dove Lorenzo Tramaglino attraversò il fiume in fuga da Milano, l’industriale Cristoforo Benigno Crespi, titolare di una celebre industria cotoniera, ha appena acquistato il promontorio di Trezzo con l’intento di costruire una centrale idroelettrica per la produzione di energia elettrica utile alla sua fabbrica.

L’acqua è una delle più antiche fonti di energia usate dall’uomo: è fondamentale per vivere, per produrre il cibo, per l’igiene. Ma è anche alla base di una delle tipologie di energia rinnovabile più diffuse: l’energia idroelettrica. I due esempi storici che abbiamo riportato sottolineano l’importanza della integrazione della tecnologia con le risorse naturali e la economia. L’innovazione della corrente alternata di Tesla ha permesso di trasportare l’energia elettrica per lunghe distanze (cosa che la corrente continua di Edison non permetteva di fare), rendendo economicamente più profittevoli le produzioni da energia idroelettrica e favorendone anche l’utilizzo da sistemi industriali, come nel caso di Crespi. La energia idroelettrica ha alcune caratteristiche che la rendono di estrema importanza per il sistema economico odierno e per la transizione energetica in divenire. In primis è una risorsa rinnovabile e relativamente green. Si stima che questa tecnologia contribuisca ad evitare annualmente più di 180 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 annue pari al 15% di quelle complessivamente generate dal settore energetico dell’UE.

Allo stato attuale, in base ai dati del report 2022 dell’International Renewable Energy Agency (IRENA), la potenza complessiva degli impianti idroelettrici nel mondo è pari a 1.392 GW: circa il 38% del totale delle fonti rinnovabili. A livello italiano, secondo i dati del GSE 2021, l’Italia ha una potenza complessiva installata per l’idroelettrico pari a 19,72 gigawatt. Un valore che corrisponde al 33% della potenza nazionale da fonti green. In termini di energia prodotta, sempre a fine 2021 il computo annuo per l’idroelettrico ha raggiunto quasi i 45,39 terawattora, pari a poco più del 14% del fabbisogno energetico nazionale e al 39% della produzione da fonti rinnovabili. A determinare le fluttuazioni di energia prodotta da un anno all’altro sono da una parte i fattori meteorologici e, dall’altra, le nuove installazioni o dismissioni dei grandi impianti. L’idroelettrico non è distribuito in modo uniforme sul territorio italiano. La stragrande maggioranza degli impianti, e della potenza installata, si trova lungo le Alpi: in Piemonte ci sono 1018 impianti, con una potenza di 2.799 MW e al 14,6% del dato nazionale in termini di potenza. Segue poi la Lombardia con 721 impianti, che però si colloca al primo posto in assoluto in termini di potenza, con 5.190 MW, il 27,1%. Le centrali idroelettriche di fatto sfruttano la forza di gravità facendo passare l’acqua attraverso una turbina che produce elettricità. Sono di tre tipologie differenti: ad acqua fluente, impianto a bacino e impianto di pompaggio (o accumulo). Il primo tipo sfrutta piccoli dislivelli e di solito viene costruito direttamente lungo il corso di fiumi. Il secondo tipo, detto anche ‘a salto’, sfrutta invece grandi altezze di caduta, utilizzando un bacino idrico più o meno grande – quello che tutti associamo al classico termine ‘diga’. Il terzo tipo, infine, è identico al secondo ma ha un bacino di accumulo a valle che permette di pompare l’acqua nel bacino principale. La sua funzione è proprio quella di utilizzare l’energia elettrica in eccedenza in rete per reimmettere l’acqua nel bacino principale, per poi produrre nuovamente elettricità in momenti di calo di offerta di energia. La prima tipologia (ad acqua fluente) ha di fatto una scarsa flessibilità perché dipende dalla quantità di acqua nel corso d’acqua. Nei periodi di siccità la produzione può rallentare fortemente. L’impianto a bacino e l’impianto ad accumulo sono invece molto flessibili e stanno diventando ancora più importanti perché sono, di fatto, un’enorme batteria di accumulo di energia. È vero che nel pompare l’acqua nel bacino si utilizza energia, comportandone uno spreco, ma questo passaggio può essere economicamente vantaggioso quando si hanno eccessi di offerta in rete con prezzi molto bassi. La flessibilità della produzione energetica è una importante caratteristica da tenere in considerazione per comprendere il ruolo delle centrali idroelettriche nella transizione energetica. Il solare e l’eolico sono infatti produzioni non modulabili. Il primo ha un incremento di offerta durante la fascia centrale della giornata per poi azzerarsi all’imbrunire. Il secondo ha una forte intermittenza difficilmente prevedibile. La produzione da energia nucleare ha una scarsa flessibilità: spegnere e riaccendere una centrale non è una cosa troppo semplice da fare. Così, di fronte a una produzione fotovoltaica e eolica crescente, non modulabile, servono delle batterie per stoccare l’energia ed utilizzarla al bisogno. Ecco, quindi, l’importanza delle centrali idroelettriche per la transizione. Sfruttando questa peculiarità si stanno progettando ulteriori bacini di accumulo (anche di piccole e medie dimensioni) per rendere il sistema elettrico più integrato e gestibile. A questo importante elemento, se ne aggiungono altri: la maggior parte degli studi attesta infatti che l’idroelettrico resta in media la fonte di generazione elettrica – a parità di impatto carbonico – con il minor costo unitario di produzione, calibrato rispetto alla durata di vita di un impianto (in gergo tecnico si parla di Levelized Cost of Energy, LCOE).

La vita utile delle centrali si è allungata sino a 80-100 anni: la più elevata tra tutte le tecnologie di generazione elettrica, specie rispetto alle nuove rinnovabili. Nel caso del fotovoltaico la vita media utile è stimata sui vent’anni, mentre per l’eolico alcuni studi mostrano che dopo un decennio la produzione cala di un terzo. Un ulteriore elemento positivo può essere quello di un miglior controllo dei flussi di piena sui corsi d’acqua a regime torrentizio e di una miglior razionalizzazione della distribuzione delle risorse idriche in periodi di scarsità. Pertanto rispetto alle altre tecnologie elettriche l’idroelettrico associa alle virtù delle rinnovabili, non causando emissioni dirette, quelle delle termiche, nella capacità di programmazione a minor costo marginale. Ma ci sono solo luci e nessuna ombra? Sarebbe bello ma, in questo caso, avremmo trovato il Sacro Graal della transizione. In realtà la costruzione degli impianti ha elevati costi di investimento per avviare l’opera ed ha alcuni impatti socio-ambientali che non possono essere del tutto eliminati, come la modifica degli ecosistemi con un effetto sulla biodiversità, la riduzione della disponibilità di acqua per la popolazione e le piante, l’alterazione del regime idraulico, nonché le modifiche del paesaggio e la necessità di accurati studi sui rischi idrogeologici. Ogni impianto idroelettrico deve essere comunque studiato singolarmente, date le sue peculiarità. E la transizione può essere portata avanti solo comparando i costi e benefici di tutte le risorse energetiche, anche in un’ottica di sistema. Da quello che si sta osservando e comprendendo la transizione potrà essere perseguita solo continuando ad integrare le tecnologie con le risorse naturali e la economia, sfruttando la complementarietà e la flessibilità delle fonti, come fecero Tesla e Crespi a fine Ottocento. 

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