Valore e prezzo sono concetti affini ma non sovrapponibili. A fronte di uno stesso prezzo economico, il valore psicologicamente associato ad un prodotto dipende in gran parte dalla percezione soggettiva. Si tratta di una dinamica che si può osservare al supermercato, dove il caro prezzo da pagare diventa lo spreco di alimenti che, nelle case dei consumatori, non entreranno mai.
Decidere con il carrello in mano
Quando fa la spesa, Lorenza evita le confezioni esposte in primo piano. Consumatrice consapevole, il tempo le ha insegnato che i prodotti appena riforniti, con scadenza più lontana, vengono posizionati posteriormente rispetto a quelli esposti da più tempo, con un orizzonte di consumo più breve. Per questo Lorenza si allunga, a volte si alza addirittura in punta di piedi, cerca quelli disposti più in fondo, poi li aggiunge al carrello. Si giustifica, constata che “lo stesso prezzo è associato sia al prodotto che scade prima sia a quello che scade dopo.” Commenta ancora, “scegliendo quello che scade prima, sentirei di perderci.” Sullo sfondo, il retropensiero di ridurre lo spreco domestico. “Con la scadenza più lontana, è meno probabile che l’alimento vada a male una volta acquistato.”
In questo senso, la teoria del prospetto di Kahneman e Tversky (1979) offre una cornice teorica per inquadrare questo fenomeno decisionale. Nell’effettuare un acquisto, il cliente valuta le opzioni che ha a disposizione secondo un punto di riferimento personale, da cui dipende la percezione soggettiva di perdita o di guadagno. Lorenza, cioè, crede che il beneficio che le deriva dall’acquisto del prodotto con la scadenza più lontana valga lo sforzo dedicato all’identificazione del lotto più recente. Inoltre, l’atteggiamento – ovvero la valutazione – di Lorenza riflette le sue credenze sugli attributi che considera importanti in un alimento, e il valore che attribuisce a ciascuna di queste caratteristiche. Per questo Lorenza, che reputa la freschezza degli alimenti prioritaria, sceglie il lotto più recente, mentre Matilde, che dà maggiore peso alla convenienza economica, opta per i prodotti in offerta, senza curarsi di data ultima di consumo e disposizione sullo scaffale. Con il telefono tra una spalla e un orecchio, il budino in offerta e il cestino della spesa mezzo pieno, interpreta il ruolo di consumatrice viscerale.
False credenze e competenza alimentare
E Lorenza non è l’unica, perché anche Fiorenza compra le buste di insalata sistemate più indietro. È convinta che, oltre a scadere dopo rispetto a quelle collocate davanti, siano più fresche. “Più fresche”, esplicita, per lei equivale a “meglio conservate.” Un buon intervistatore tace, si limita a prendere nota. Fiorenza ne è inconsapevole, ma la sua è in parte una falsa credenza. In alcuni casi, infatti, la parte posteriore del banco può essere più calda o più fredda rispetto al resto dello scompartimento, oppure soggetta a fluttuazioni di temperatura. In più, non considera che la disposizione dell’insalata sullo scaffale è solo l’ultimo anello di una catena ben più lunga, denominata filiera. Quel che Fiorenza ignora, quindi, è che la vendita al dettaglio non è che la mera fase conclusiva di una sequenza che prevede produzione primaria, lavorazione, confezionamento, stoccaggio e trasporto. Dopotutto, la razionalità umana è limitata (Simon, 1957), connotata cioè da vincoli legati a strategie decisionali che garantiscono un compromesso tra sforzo valutativo e accuratezza finale.
Vincenza, poi, ha notato che alcuni prodotti riportano la dicitura “da consumare entro,” mentre altri “da consumare preferibilmente entro,” ma non è sicura a cosa si debba questa differenza. Per questo seleziona sempre i prodotti che riportano la data più distante, indipendentemente dalla relativa tipologia. Saper leggere e interpretare correttamente il contenuto di un’etichetta fa parte della competenza alimentare (Vidgen & Gallegos, 2014). A questo proposito, se Vincenza conoscesse la differenza tra data di scadenza e termine minimo di conservazione, scoprirebbe che alcuni generi alimentari più di altri meriterebbero di essere scrutinati meno severamente, senza danno alcuno nei confronti della propria salute.
Interesse individuale e svantaggio collettivo
Non è ancora finita. Se si considera il dilemma dei commons (Garrett, 1968), si può comprendere che la massimizzazione del proprio interesse individuale attraverso la scelta di un alimento di produzione più recente comporta, nel lungo termine, uno svantaggio collettivo. Se, infatti, tutti i consumatori seguissero l’esempio di Lorenza, Fiorenza e Vincenza, il prodotto più vecchio rimarrebbe sullo scaffale, inesorabilmente invenduto. Così, i clienti più attenti alla scadenza degli alimenti più velocemente deperibili destinerebbero paradossalmente il prodotto a raggiungere, dopotutto, il loro termine ultimo di commestibilità. La tentazione inevitabile di alcuni si tradurrebbe così nello spreco alimentare tanto demonizzato da altri – o in certi casi dagli stessi, seppur inconsapevolmente. Tale perdita, in quest’ottica, può infatti essere letta come la risultante comportamentale del processo cognitivo da cui trae origine.
In questo senso, sebbene Matilde riempia il carrello più velocemente di quanto lo facciano Lorenza, Vincenza e Fiorenza, tutte loro attivano il Sistema 1 descritto da Kahneman (2002). Detto altrimenti, comportamenti opposti si fondano sulla stessa base decisionale intuitiva e veloce, che si avvale di euristiche – le semplificazioni esplicative a cui si è precedentemente accennato. L’intervento del Sistema 2, più lento, analitico, e cognitivamente impegnativo, permetterebbe di ridimensionare la frustrazione di Lorenza, scardinare la falsa credenza di Fiorenza, sistematizzare le teorie ingenue di Vincenza, e mettere in discussione l’impulsività di Matilde.
Per concludere, il pensiero consapevole è frutto di intenzionalità, non di abitudine. È, dopotutto, una questione di cosa privilegiare – guadagno individuale o collettivo, pur entro i confini della razionalità limitata, umanamente condivisa. Da questa comune condizione, il richiamo alla corresponsabilità, e alla spesa come gesto riflessivo, autentico esercizio di consapevolezza. Evitare lo spreco è, quindi, pensiero progettuale.