Equità di genere nel lavoro

Il contributo di Claudia Goldin, premio Nobel per l'economia, alla comprensione della partecipazione femminile al mercato del lavoro.

Autore

Veronica Ronchi

Data

25 Febbraio 2025

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8' di lettura

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25 Febbraio 2025

ARGOMENTO

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Nel giugno del 2024 la Fondazione Eni Enrico Mattei, nell’ambito del progetto ‘Feemale’, ha ospitato l’evento ‘Una storia economica del divario di genere. Riflessioni a partire dal Nobel a Claudia Goldin’. Ecco alcuni spunti di riflessione emersi durante l’incontro.

Claudia Goldin, storica economica di Harvard, è stata insignita del Premio Nobel per le scienze economiche nel 2023 per il suo contributo fondamentale alla comprensione della partecipazione femminile al mercato del lavoro. Le sue ricerche, caratterizzate da un approccio che unisce l’analisi economica alla ricerca storiografica, hanno messo in luce le complesse dinamiche che influenzano le opportunità delle donne nel mondo del lavoro, identificando le cause della persistente disuguaglianza di genere e proponendo soluzioni per un futuro più equo.

Uno dei concetti chiave introdotti da Goldin è quello della curva a U della partecipazione femminile al lavoro. Contrariamente all’idea che lo sviluppo economico porti automaticamente a un aumento dell’occupazione femminile, Goldin ha dimostrato che la partecipazione delle donne al mercato del lavoro segue un andamento diverso, a U appunto.

Nell’economia a prevalenza agricola, le donne partecipavano da protagoniste al mercato del lavoro, spesso in contesti familiari. Con l’avvento dell’industrializzazione, la partecipazione femminile è diminuita: le attività manifatturiere erano considerate ‘sporche’ e pericolose, creando uno stigma sociale per le donne che vi lavoravano. Successivamente, con la crescita del settore dei servizi, si è assistito a una graduale ripresa della partecipazione femminile, soprattutto nel settore impiegatizio.

Questa dinamica è stata spiegata da Goldin attraverso l’interazione tra effetto sostituzione ed effetto reddito. L’effetto sostituzione misura come cambia l’offerta di lavoro di una persona al variare del suo salario, mentre l’effetto reddito misura come cambia l’offerta di lavoro al variare del reddito familiare. Con l’avvento della società industriale, l’effetto reddito è diventato prevalente sull’effetto sostituzione, portando a una diminuzione della partecipazione femminile al mercato del lavoro. Successivamente, quando le donne hanno avuto accesso a maggiori gradi di istruzione, le loro prospettive di vita sono cambiate, con nuove opportunità occupazionali nel settore dei servizi. Goldin ha inoltre scoperto che i censimenti statunitensi non registravano accuratamente l’attività lavorativa delle donne prima del 1860, poiché le donne venivano considerate occupate solo se dichiaravano un’occupazione definita, trascurando, ad esempio, il lavoro svolto come locandiere o in commerci familiari. Grazie all’analisi di annuari commerciali e registri, Goldin è stata in grado di stimare tassi di partecipazione femminile molto più alti di quanto si pensasse precedentemente.

La ‘Rivoluzione Silenziosa’

Negli anni Settanta, si è verificata una ‘rivoluzione silenziosa’ che ha trasformato le aspettative e le scelte delle donne. Innovazioni mediche e tecnologiche, come la pillola contraccettiva, hanno dato alle donne un maggiore controllo sulla loro riproduzione. La pillola ha permesso alle donne di pianificare meglio il loro futuro con conseguente aumento degli investimenti nell’istruzione e una maggiore partecipazione al mercato del lavoro1. L’istruzione ha giocato un ruolo cruciale nell’evoluzione della partecipazione femminile al mercato del lavoro: Goldin ha dimostrato come l’espansione dell’istruzione pubblica abbia avuto effetti benefici inizialmente sulle ragazze più che sui ragazzi, poiché questi ultimi venivano spesso indirizzati verso lavori manuali. Questo ha portato le donne a eccellere negli studi e ad accedere a lavori impiegatizi. Inoltre, le aspettative delle donne riguardo al loro futuro hanno subito una trasformazione, con un numero crescente di giovani donne improntate a lavorare e ad avere una carriera.

Le donne hanno iniziato a percepire il lavoro non solo come una fonte di reddito, ma anche come un’opportunità di crescita personale e professionale. Questo cambiamento di prospettiva si è riflesso in un aumento dell’età media per il matrimonio e in una maggiore ambizione professionale. Goldin ha sottolineato come, negli anni Sessanta, la percentuale di donne che si aspettavano di lavorare all’età di 35 anni fosse di circa il 30%, mentre nel 1980 era salita all’85%, dimostrando un allungamento dell’orizzonte temporale delle scelte lavorative femminili.

Nonostante l’aumento della partecipazione femminile, la segregazione occupazionale è rimasta una sfida. Goldin ha sviluppato una ‘teoria dell’inquinamento’ per spiegare questo fenomeno: quando le donne entrano in una determinata occupazione, le dinamiche del mercato del lavoro portano a considerare che i requisiti di competenza per tale occupazione sono diminuiti, rendendo l’occupazione stessa meno prestigiosa. Gli uomini, nel tentativo di mantenere il prestigio occupazionale, possono ostacolare l’ingresso delle donne, con molestie o creando un ambiente di lavoro ostile. Goldin ha dimostrato che le donne evitano lavori con alti livelli di molestie: l’allontanamento dal lavoro è dovuto a una avversione a situazioni sfavorevoli e non alla scelta consapevole dell’occupazione. La ‘certificazione’ dei lavori, attraverso l’introduzione di licenze o titoli di studio, può essere una soluzione per ridurre questa forma di discriminazione.

Questa teoria ha aperto la strada a nuove ricerche sulle forme di discriminazione, evidenziando come il desiderio di mantenere ruoli di genere tradizionali influenzi le decisioni delle donne nel mercato del lavoro. Goldin ha messo in rilievo come, in passato, i datori di lavoro fossero restii ad assumere donne per lavori retribuiti con bonus o aumenti programmati, perché si aspettavano che le donne si ritirassero dal lavoro subito dopo il matrimonio.

Il problema del ‘lavoro avido’

Nonostante i progressi compiuti, il divario retributivo di genere persiste. Secondo Goldin, una delle cause principali è la presenza di ‘lavori avidi’, ovvero lavori che richiedono lunghe ore di permanenza e poca flessibilità.

Molti lavori, soprattutto nel settore del business, della finanza e della consulenza, premiano coloro che vi si dedicano molte ore e sono sempre disponibili2. Questo crea una relazione non lineare tra ore lavorate e reddito, penalizzando coloro che sono impossibilitati a rimanere sul posto di lavoro per buona parte della giornata. La conciliazione tra lavoro e famiglia diventa quindi complessa, soprattutto per le donne, che spesso si fanno carico delle responsabilità di cura. Goldin sostiene che è necessario rendere i lavori meno ‘avidi’, permettendo una maggiore flessibilità oraria. Infatti, i settori dove si premiano le lunghe ore di permanenza al lavoro, come la finanza o la consulenza, hanno visto una crescita costante del divario retributivo di genere.

La ricerca di Goldin non si limita all’analisi del divario retributivo, ma esplora anche altre forme di discriminazione di genere. In un famoso studio sulle orchestre sinfoniche, Goldin ha dimostrato come l’introduzione delle blind auditions (audizioni al buio), in cui i musicisti si esibivano dietro un paravento, ha aumentato significativamente le possibilità delle donne di essere assunte. Questo ha dimostrato che le decisioni di assunzione erano influenzate da pregiudizi di genere e non solo dal talento dei candidati.

Le critiche all’approccio di Goldin

L’approccio di Goldin, pur essendo fondamentale per la comprensione del tema, ha ricevuto anche alcune critiche: l’analisi di Goldin si concentra principalmente sulle donne bianche e laureate, tralasciando le disuguaglianze di genere legate all’etnia e alla classe sociale. Questo non consente di comprendere appieno le discriminazioni che colpiscono le donne ispaniche e di colore, che subiscono maggiori discriminazioni in termini salariali. L’orizzonte temporale dell’eliminazione del gender pay gap cambia a seconda del livello di classe ed etnia: per le donne bianche è conteggiato in 44 anni, per le donne di colore e per quelle ispaniche il periodo varia dai 100 ai 200 anni.

Goldin trascura inoltre il fatto che le dinamiche di domanda e offerta del lavoro siano determinati anche da processi storici e non meramente da scelte personali.

Le donne quindi si adattano ai diversi momenti di recessione e boom, per esempio sono state protagoniste della manifattura sostituendo gli uomini durante i periodi di guerra. Le donne, in quei casi, hanno agito come esercito industriale di riserva. Durante la Seconda guerra mondiale si stima che siano entrate per la prima volta nel mercato del lavoro 6,7 milioni di donne, con un aumento della forza lavoro femminile di quasi il 50%. La situazione cambia alla fine della Guerra, dove le donne sono fuoriuscite dal mercato del lavoro. Un esempio più vicino nel tempo è la pandemia da Covid-19, un momento tutt’altro che positivo per le donne. Anche nei Paesi con maggiori tutele nel mercato del lavoro, le donne che hanno abbandonato il lavoro spesso non sono più rientrate.

Goldin, inoltre, tratta il lavoro domestico principalmente in relazione all’allocazione del tempo, senza considerare il peso che il lavoro non retribuito ha sulle scelte di vita delle donne. In tutto il mondo, le donne svolgono in media molte più ore di lavoro non retribuito rispetto agli uomini. In media le donne svolgono 4,3 ore di lavoro non retribuito al giorno rispetto agli uomini, che ne svolgono solo 1,23. Una donna dunque in media lavora per 201 giorni l’anno nelle attività domestiche. Negli ultimi 20 anni il tempo del lavoro non retribuito tra donne e uomini è calato di soli 7 minuti. In questo senso si prevedono 210 anni per colmare il divario di genere nel lavoro di cura non retribuito. Alcuni critici sostengono che l’approccio di Goldin sia fin troppo mainstream e non tenga sufficientemente conto di prospettive più radicali dell’economia femminista3, per esempio della Social reproduction theory4, un tentativo di inserire nell’analisi anche il lavoro riproduttivo. Per comprendere ciò che avviene nel lavoro produttivo è necessario comprendere tutto ciò che avviene nel lavoro nascosto, il lavoro riproduttivo appunto.

Implicazioni politiche e prospettive future

Il lavoro di Goldin ha importanti implicazioni per le politiche pubbliche. È fondamentale promuovere politiche che favoriscano la parità di genere nel mercato del lavoro e nella società. Alcuni dei principali punti da tenere in considerazione sono:

  • Ridurre la presenza di ‘lavori avidi’: implementare politiche che incentivino la flessibilità lavorativa e che riducano il premio per le lunghe ore;
  • Promuovere la condivisione delle responsabilità di cura: incentivare la partecipazione maschile nelle attività domestiche e di cura dei figli;
  • Eliminare le discriminazioni sul posto di lavoro: combattere la segregazione occupazionale, il divario retributivo e le molestie sul lavoro;
  • Investire nell’istruzione e nella formazione: garantire pari opportunità di accesso all’istruzione e alla formazione per tutti;
  • Implementare politiche di anonimizzazione nei processi di selezione: l’introduzione di audizioni ‘al buio’ ha dimostrato come questo tipo di politiche possano eliminare i pregiudizi di genere nel processo di selezione del personale.

L’approccio di Goldin ci insegna che il cambiamento richiede tempo e un impegno costante, sia da parte delle istituzioni che dei singoli. Nonostante le sfide, il suo lavoro ci offre una visione chiara del percorso da seguire. Goldin stessa ha evidenziato come le politiche di sostegno alla famiglia, pur essendo utili, non siano sufficienti per colmare il divario di genere, se non si interviene anche sulla struttura del lavoro, rendendolo più flessibile e meno ‘avido’.

Il lavoro di Goldin non solo ha migliorato la nostra comprensione della partecipazione femminile al mercato del lavoro, ma ha anche aperto nuove strade per la ricerca in questo campo. La sua capacità di combinare dati storici, analisi economica e prospettive sociologiche ha portato a nuove teorie e concetti, dimostrando che la disuguaglianza di genere non è un fenomeno naturale o inevitabile, ma il risultato di una complessa interazione di fattori economici, sociali e culturali.

Il lavoro di Claudia Goldin ha rivoluzionato la nostra comprensione del ruolo delle donne nel mercato del lavoro. Attraverso un’analisi storica e economica rigorosa, Goldin ha identificato le cause della disuguaglianza di genere e ha proposto soluzioni concrete per un futuro più equo. Nonostante alcune critiche, il suo contributo è innegabile e continuerà a influenzare la ricerca e le politiche pubbliche in questo campo. Le sue scoperte sottolineano l’importanza di superare le barriere sociali e strutturali che impediscono alle donne di realizzare appieno il loro potenziale nel mondo del lavoro e di lottare per un futuro dove le opportunità di lavoro non siano dipendenti dal genere di appartenenza delle persone.

Note

  1. H. Sarsons, How the other half works: Claudia Goldin’s contributions to our understanding of women’s labour market outcomes, in ‘Scand. J. of Economics’, 126(3), 2024, p. 429
  2. A. Kunze, Claudia Goldin: Nobel Laureate 2023 and Her Impact on Understanding Women’s Position in the Labour Market, DISCUSSION PAPER, Institutt for samfunnsøkonomi, 19/2024, pp. 17-18
  3. S. Di Nella, Economia di genere e il Nobel a Claudia Goldin. Intervista all’economista Francesca Bettio, in ‘Economiacircolare.com’, 10 gennaio 2024.
  4. T. Bhattacharya (a cura di), Social Reproduction Theory: Remapping Class, Recentering Oppression, Pluto Press, 2017
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