CER e comunità di prosumer: il protagonismo energetico dei comuni lucani

Le comunità energetiche rinnovabili sono uno strumento innovativo attraverso cui perseguire la coesione territoriale e la rigenerazione dei contesti più marginali (montagna, aree interne, piccoli comuni). La Basilicata ne rappresenta un osservatorio privilegiato.

Autore

Annalisa Percoco

Data

19 Settembre 2024

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6' di lettura

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19 Settembre 2024

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La transizione verso sistemi energetici a basse o nulle emissioni di carbonio delinea una straordinaria opportunità di rilancio, di riqualificazione, di rivisitazione fisica e sociale attraverso pratiche di adattamento, in particolare nei contesti più marginali: aree rurali, montane, interne, piccoli comuni.

Resilienza, adattamento climatico, transizione energetica territoriale sono parole chiave che ben descrivono le prospettive di sviluppo di questi territori. D’altro canto, i recenti sforzi pubblici in favore della transizione ecologica, sulla spinta degli ambiziosi obiettivi posti a livello internazionale ed europeo per uno sviluppo socioeconomico maggiormente sostenibile e attento alla tematica ambientale, stanno coinvolgendo anche la dimensione rurale, interna e ‘marginale’ del territorio italiano. 

È infatti evidente che la volontà di tutela dell’ambiente non può prescindere dal contributo dei territori periferici, fisiologicamente dotati di risorse ecosistemiche maggiori rispetto alle aree urbane, e in grado pertanto di svolgere un ruolo importante verso l’obiettivo della decarbonizzazione.

In questo processo di transizione verso un sistema energetico più pulito ed efficiente, un ruolo primario possono svolgerlo le comunità energetiche rinnovabili (CER). Con le CER, infatti, si attua un nuovo modello di produzione e consumo dell’energia (autoconsumo) non solo sostenibile, con lo sfruttamento di fonti rinnovabili, ma anche innovativo, con lo scopo di incrementare l’efficienza energetica attraverso il ricorso a tecnologie avanzate.

Il modello CER risulta particolarmente adeguato ai fabbisogni dei sistemi territoriali più piccoli, in cui la prossimità e la solidarietà sono valori portanti, determinanti per il benessere sociale grazie a una capillare rete di relazioni sociali positive. E in questo campo la Basilicata, in ragione di una serie di condizioni legate alla sua geografia energetica oltre che fisica, ha davanti a sé una prospettiva sfidante.

I pilastri della transizione energetica della Basilicata

L’impegno della transizione rappresenta uno dei pilastri del piano strategico di sviluppo regionale, che punta a valorizzare il territorio lucano e a impiegare nel modo migliore le risorse naturali di cui dispone, dal fossile all’eolico e all’idroelettrico, fino alle enormi potenzialità che in Basilicata assumono le biomasse.

Stando ai dati Unmig (31/12/2023, ultimo aggiornamento 20/02/2024), la Basilicata ha rifornito il 74% della produzione nazionale di gas estratto sulla terraferma e il 36% del gas totale, il 90% del greggio estratto on-shore, l’82% del greggio totale e il 100% del GPL. La Basilicata si colloca così al primo posto fra tutte le regioni italiane nella classifica della produzione nazionale di energia da idrocarburi estratti su terra ferma.

A questa capacità di produzione più legata alla ‘tradizione’ della storia energetica regionale, si aggiunge una tendenza più recente che fa della Basilicata una tra le poche regioni italiane ad aver raggiunto al 2020 gli obiettivi sulla produzione da FER (fonti di energie rinnovabili) a copertura dei consumi finali, così come definito dal decreto Burden Sharing.

Alla fine del 2023 la Basilicata era la quarta regione italiana per capacità di produzione elettrica da fonte eolica (1,5 gigawatt, 12% del totale nazionale) e tra le ultime per quella fotovoltaica (0,5 gigawatt; 2%). Nel complesso, in Basilicata la produzione annua di energia da FER è di circa 3700 GWh/anno (di cui 2500 GWh/anno da fonte eolica). La produzione da FER supera la domanda di energia per oltre 600 GWh/anno.

Questo dato restituisce l’immagine concreta di una regione ben avviata sul processo di decarbonizzazione, anche attraverso misure finanziate con fondi rivenienti dagli accordi con le aziende dell’energia presenti sul territorio, che hanno di fatto segnato l’avvio di una stagione di forte slancio a investimenti e politiche a sostegno della decarbonizzazione.

Tra tutti, il Bando non metanizzati, una misura destinata alle famiglie che vogliano raggiungere l’autonomia energetica attraverso investimenti in impianti di produzione da FER, impiegando risorse delle compensazioni ambientali. La misura è servita a finanziare oltre 6.200 impianti per la produzione di energia verde, che rappresentano un prerequisito per una comunità energetica territoriale, rinnovabile e diffusa.

La geografia dei numeri dei comuni lucani

È ormai abbastanza matura e diffusa la consapevolezza rispetto al margine di azione sui territori – soprattutto in tempi di crisi climatica – soggetti cruciali da rimettere al centro di politiche strutturali capaci di generare impatti misurabili e tenuta di quei sistemi territoriali, oggi a rischio spopolamento e depauperamento del capitale umano.

Uno scenario in cui la Basilicata mostra di avere le carte in regola per giocare un ruolo da protagonista nel processo di transizione energetica. Su 131 comuni, infatti, ben 108 (l’82%) hanno una popolazione sotto i 5.000 abitanti (a gennaio 2024) che ospita circa il 40% della popolazione lucana. 

In questi sistemi territoriali locali, secondo un approccio generativo e olistico, è meno distante la qualità del vivere in borghi e territori rurali rispetto alle aree urbane. Proprio qui, infatti, i residenti possono sperimentare un ‘nuovo welfare condiviso’, una sorta di ‘umanesimo rigenerativo dei borghi’, capace di trasformare i cittadini da semplici consumatori in community prosumer, cioè ‘Produttori-Consumatori di Comunità’, in grado di autoprodurre prodotti e servizi, necessari o complementari (autoproduzione agricola ed energetica, silver cohousing, assistenza personale, ricettività turistica, artigianato di prossimità, servizi telematici, innovazione culturale, ecc.) anche grazie a forme di aiuto reciproco rurale mai completamente perdute o dimenticate.

Si tratta di un ‘nuovo welfare circolare’, ossia di forme di produzione condivisa del proprio benessere, con la dimensione pubblica che agisce da facilitatore. I piccoli comuni e le aree rurali in generale sono l’espressione plastica di luoghi in cui si condividono i presupposti della green economy e il cittadino diventa fautore di comunità rigenerative di produttori/utilizzatori diretti: un community prosumer che crea, produce, riutilizza, consuma meno e ambisce a nuove forme di benessere condiviso.

La produzione e i consumi energetici sono elementi centrali per la tutela ambientale e alleati preziosi per le attività economiche e per gli enti pubblici, poiché migliorano l’efficienza con l’incentivazione di energia rinnovabile diffusa sul territorio. Anche per questa ragione un ruolo strategico nella produzione di rinnovabili è quello svolto dai comuni fino a 5.000 abitanti.

In questo percorso della transizione energetica i piccoli comuni oggi sono protagonisti con un finanziamento del PNRR di 2,2 miliardi di euro a fondo perduto per la costituzione di comunità energetiche atto a perseguire sia maggiore sostenibilità ambientale sia coesione comunitaria e innovazione sociale.

Le CER attivano generatività sociale con il riconoscimento, appunto, di un ruolo proattivo dell’individuo e della comunità, con la possibilità di impattare concretamente e positivamente su tutta la società attraverso nuovi modi di produrre, connettere, distribuire energia e contribuendo in maniera diretta e significativa agli obiettivi di decarbonizzazione e al contenimento della povertà energetica.

In questa partita è riconosciuto che solo il protagonismo dei territori può concorrere a un processo serio di innovazione sociale, oltre che di innovazione ambientale. Attivare i territori implica la promozione di una costellazione policentrica diffusa fatta di tanti piccoli impianti, che cooperi con i grandi player operanti sugli stessi territori.

La Basilicata presenta condizioni di contesto particolarmente adatti a questi requisiti, sia per la presenza di grandi player del settore energetico sia per l’attivazione del protagonismo dei territori.

Un bando per promuovere le CER in Basilicata

A novembre 2023, alla vigilia dell’approvazione del decreto del MASE per la nascita e lo sviluppo delle Comunità energetiche rinnovabili e dell’autoconsumo diffuso in Italia, la Giunta regionale della Basilicata ha pubblicato un Avviso per la concessione di contributi a favore dei comuni lucani per la promozione della costituzione di CER.

Il bando rappresenta un tassello ulteriore di un’attività istituzionale già particolarmente sensibile alla materia energetica, che già nel 2022 aveva condotto all’approvazione di una legge regionale (16/06/2022, N. 12) per la promozione e il sostegno dell’istituzione dei gruppi di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili e delle CER.

La dotazione finanziaria a disposizione dei comuni lucani sotto i 5.000 abitanti è di € 1.300.000,00 per la predisposizione degli studi di fattibilità e della documentazione correlata alla costituzione delle stesse CER, per un contributo massimo di € 9.000.

Al 30 maggio 2024 (data di scadenza dell’Avviso pubblico) risultano protocollate 93 istanze (su 108 comuni sotto i 5.000 abitanti), un dato che certifica una diffusa percezione delle potenzialità proprie di questi luoghi come ecosistemi adatti a sperimentare innovazione ambientale e sociale nel processo di decarbonizzazione.

La Basilicata, più in generale, si presenta come un laboratorio energetico diffuso sul territorio, la cui capacità e struttura produttiva altamente diversificata rappresentano una grande opportunità̀ nelle dinamiche di sviluppo del rilancio energetico nazionale ed europeo. La Basilicata, da un punto di vista della sua geografia energetica (e non solo), è posta al centro del Mezzogiorno e dell’intera area del Mediterraneo che guarda all’Europa e, col Piano Mattei, all’Africa. 

La Basilicata può dunque ambire a diventare un vero e proprio modello di sostenibilità e innovazione riconosciuto a livello internazionale. Ma soprattutto, le CER possono porsi come strumenti capaci di contenere l’emorragia demografica che colpisce in particolare i comuni più interni e marginali e/o di attrarre investimenti e nuove residenzialità.

Pronti a un salto di qualità territoriale

Queste iniziative possono costituire una concreta opportunità per un salto di qualità dell’intero sistema regionale, qualificando il tessuto imprenditoriale e favorendo la crescita sostenibile con un contributo al contenimento del brain-drain del capitale umano regionale più giovane e qualificato.

La Basilicata è pronta a cogliere tutte le opportunità legate alla transizione: la programmazione energetica regionale punta verso l’innovazione della generazione energetica e verso la neutralità climatica, con priorità all’incremento di energia elettrica da FER e lo sviluppo di progetti per la produzione di H2 green.

Il contributo dei cittadini sarà, però, sempre più importante nel percorso verso la decarbonizzazione. Cambiamenti di comportamento nei consumi e nella produzione di rifiuti, generazione energetica distribuita, riqualificazione energetica degli edifici, nuovo e consapevole utilizzo delle risorse idriche rappresentano rilevanti opportunità non solo per contribuire alla decarbonizzazione, ma anche per migliorare la qualità dell’ambiente urbano e generare benessere condiviso.

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