Il libro di Paolo Perulli e Luciano Vettoretto ‘Neoplebe, classe creativa, élite. La Nuova Italia’ solleva il problema-chiave che, se non risolto, è destinato, io credo, a trasformare nel senso di un nuovo ‘autoritarismo’ le nostre democrazie. Ogni transizione d’epoca ha di fronte a sé molti esiti possibili. Col senno di poi tutto è razionalizzabile, e la storia ha sempre ragione, ma in verità la storia è anche quella che noi volontariamente o involontariamente facciamo – e cioè dipende anche dalla strada che intraprendiamo nei momenti di svolta.
Appare ogni giorno più chiaro che le culture politiche che hanno determinato in gran parte i processi del secondo dopoguerra, forze orientate, per quanto su presupposti diversissimi, da una visione dello Stato in quanto promotore di giustizia sociale, hanno finito con l’omologarsi a una concezione ‘naturalistica’ dei fenomeni di globalizzazione e alla semplice amministrazione dei loro effetti.
È stata la débâcle di un pensiero critico e di qualsiasi opposizione. Perulli segue da qualche decennio ormai la trasformazione della composizione sociale nel suo significato politico, etico e culturale più profondo. Senza accontentarsi di ultra-semplificazioni alla moda come le teorie sulla ‘società liquida’, nella cui notte tutte le vacche sono nere. Non ci sono più le ‘classi’, ma ci sono divisioni e disuguaglianze crescenti, drammatiche, di cui nessuno più sembra ‘avere cura’.
Al crollo di ogni contrattazione nazionale, con il moltiplicarsi anarchico dei contratti per ogni settore, corrisponde geometricamente quello della rappresentatività sindacale. Le antiche socialdemocrazie, nei pochi Paesi in cui ancora hanno un ruolo, non sono riuscite a comprendere quelle parti delle nostre società colpite dai processi in corso (economico-finanziari e geo-politici), a sostenerne le rivendicazioni, a rappresentarle. Sono le masse del lavoro precario, della disoccupazione giovanile, della sotto-occupazione femminile. Sovranismi impotenti e ideologie identitarie potrebbero finire col sopraffare le sinistre occidentali in via definitiva.
Analisi come quelle di Perulli dovrebbero costituire il fondamento di una ripresa concreta del dibattito politico e la base per ogni strategia futura. Esse fanno capire che è necessario organizzare il tribuno delle nuove plebi. Necessario, ma anche possibile?
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