Nei corridoi dell’OCSE, le premesse al Club di Roma
La questione della crescita tormenta economisti e decisori politici a partire dalla metà degli anni Sessanta. In questa fase, gli obiettivi di crescita dei Paesi OCSE sono stati raggiunti. Restano aperti alcuni problemi, tre più di altri: la crescita demografica stimata preoccupante, l’aumento di complessità del mondo circostante e gli effetti dello sviluppo tecnologico. Nel 1969 l’uomo era sbarcato sulla Luna: una grande impresa tecnologica seguita da tutti con gli occhi incollati allo schermo televisivo. Pochi mesi dopo tra Washington e Los Angeles quattro computer dialogano per la prima volta tra loro: è l’inizio della rete. Prende quindi avvio, come ci ha spiegato Franco Farinelli, la smaterializzazione del funzionamento del mondo. Una rivoluzione silenziosa, gravida di conseguenze. C’è scarsa consapevolezza di quanto sta accadendo e potrà accadere, ma c’è un’inquietudine diffusa, non dovuta soltanto alla rivolta studentesca, che in quegli anni infiamma tutto il mondo, seguita in alcuni Paesi europei – in particolare in Italia per durata e intensità – da lotte operaie e sociali. Si percepisce che il mondo sta cambiando, ma le forze di questo cambiamento e la direzione non sono ancora identificabili.
La questione è quella della crescita ininterrotta della produzione e delle forze produttive che – considerata la regola nei cosiddetti ‘Trenta gloriosi’ – è in realtà percepita come un’eccezione da alcuni economisti e direttori influenti di un’importante istituzione, l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Fra il 1950 e il 1973, l’Europa è cresciuta a un tasso del 4,1%, mentre dal 1900 al 1950 lo stesso tasso era stato solo dell’1% l’anno. La generazione dei funzionari di questa istituzione, cresciuta negli anni di guerra e impegnata nell’immediato dopoguerra a implementare il Piano Marshall, ha assicurato la ‘ricostruzione’ delle economie nazionali distrutte (all’epoca era chiamata OECE e, successivamente, OCSE). Essa è impegnata a fornire studi sulle politiche pubbliche da realizzare a livello mondiale per garantire la crescita economica degli Stati membri. Verso la fine degli anni Sessanta, forte dei risultati raggiunti inizia a ripensare il paradigma della crescita.
Mai si era assistito a un’espansione economica così ampia, grazie alla vitalità del tessuto industriale con i suoi investimenti, i risultati del progresso tecnico, la dinamica dei consumi (da quelli cosiddetti durevoli a quelli effimeri). Sul finire degli anni Sessanta, tale crescita si scontra con quella speculare delle agitazioni sociali, molteplici e pressanti, con richieste difficili da soddisfare a breve termine, non esclusivamente economiche. Una ‘società affluente’ produce aspirazioni a un benessere maggiore e la mancata soddisfazione dei nuovi bisogni crea inevitabilmente malessere sociale. Nel ‘tempio della crescita’ cominciano a emergere domande sui fini della stessa, come si desume da diversi documenti degli anni Sessanta-Settanta. Dei due segretari generali che si succedono alla direzione dell’OCSE, Thorkil Kristensen (1960-1969), già all’inizio del suo mandato, ha invitato i suoi ricercatori a non confondere PIL con benessere e a non orientare l’attenzione soltanto su una visione meramente ‘quantitativa’ della crescita. E Nel 1969, prima di lasciare l’OCSE, pubblica sul bimestrale dell’istituzione un articolo dal titolo programmatico ‘Problems facing the modern society’ in cui evidenzia le criticità della moderna società (economiche, monetarie, tecnologiche e del sistema educativo). Soprattutto sottolinea che «è giunto il momento di dare uno sguardo più generale ai problemi della società moderna perché è sempre più evidente che il ragionamento economico tradizionale va supportato da considerazioni tecnologiche, sociali, psicologiche e politiche». E prosegue riconoscendo che per il momento «è difficile avere un quadro chiaro in una situazione in continuo movimento». La chiave di questa trasformazione della società è per Kristensen lo sviluppo della scienza e della tecnologia. «La rivoluzione tecnologica ha reso possibile la rapida crescita economica, favorita anche da politiche volte a mantenere alto il livello d’occupazione». Ma un progetto di società all’altezza dei nuovi tempi che si annunciano richiede un cambiamento di mentalità. Nel luglio del 1970, il suo successore, Émile Van Leppen, suggerisce che è ormai necessario tentare di rispondere ad alcuni quesiti cruciali: «in funzione di quale uso tale crescita deve essere realizzata? Se una crescita in espansione non crea condizioni di vita migliori, non è che la crescita diventa un’illusione? Qual è l’interesse del di più, se di più non significa meglio?»
È un autorevole membro dell’OCSE, che si interroga sulle ragioni, i contenuti e gli effetti sociali della crescita, che il Club di Roma incontra sul suo cammino (qualcuno dirà perfino che è nato nei suoi ‘corridoi’. 1
Il primo funzionario con cui Aurelio Peccei entra in contatto è Alexander King, un chimico di formazione, direttore generale per gli affari scientifici di quell’istituzione. Molto legato a Kirstensen, grande organizzatore e con un’ampia rete di contatti alimentata dalla sua straordinaria curiosità, è uno dei primi all’interno dell’OCSE a parlare dei problemi ecologici incombenti (ossia delle esternalità negative dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione). L’invito di King è di adottare politiche globali prendendo coscienza della sempre maggior interdipendenza tra le nazioni.
Viva è in quegli anni la discussione intorno ai paesi poveri, appena decolonizzati, e l’alternarsi dei termini scelti per indicarli – paesi sottosviluppati, in via di sviluppo, meno sviluppati – è segno d’imbarazzo perché questi vengono definiti solo in relazione al nostro modello di sviluppo economico, inteso come unico possibile, e che, grazie a questa contrapposizione, assume a sua volta una sua primazia culturale.
Peccei e King condividono molte cose, soprattutto una visione globale di alcuni problemi – tra i quali la sovrappopolazione, il degrado ambientale – insieme alla volontà di analizzare queste ‘minacce globali’ e alla necessità di mettere a punto delle azioni di sensibilizzazione e di contrasto. Nell’aprile del 1968, Peccei e Alexander King fondano insieme il Club di Roma e nel novembre dello stesso anno, l’OCSE organizza a Bellagio, presso la Fondazione Rockefeller, un simposio sulle prospettive della pianificazione a lungo termine (‘Perspectives of planning. Symposium on Long-range Forecsting’). A coordinare i lavori è Enrich Jantsch, conosciuto come il fondatore dei ‘Futures Studies’, ma è stato soprattutto un eclettico scienziato e originale continuatore della teoria dei sistemi (sarà anche uno dei primi a integrare il gruppo fondatore del Club di Roma). In quell’occasione Peccei ascolta Jay Forrester introdurre la giovanissima ‘dinamica dei sistemi’ (dove centrale è la condizione di equilibrio), un metodo per analizzare e simulare sistemi complessi come aziende e città. La preoccupazione del Club di Roma è che i limiti fisici del pianeta consistono nella progressiva riduzione delle risorse naturali e della capacità della Terra di assorbire le emissioni industriali e agricole. Superare questi limiti significa una rottura dell’equilibrio globale nei suoi diversi aspetti (dal demografico all’economico, dall’alimentare all’ecologico; oggi diciamo: ‘non esiste un pianeta B’) con gravi conseguenze catastrofiche (rischi naturali, tecnologici, aumento delle disuguaglianze, crisi finanziarie). La modellizzazione dei sistemi sviluppata da Forrester permetteva di tener conto delle interazioni tra le molte variabili di un sistema complesso, nonché della loro evoluzione nel tempo. Dall’incontro a Bellagio nasce l’idea di Peccei di affidare a Forrester una simulazione del futuro del mondo al 2100 e sarà poi un gruppo di suoi studenti e colleghi a occuparsene e a scrivere I limiti dello sviluppo.
Il fatto che diversi alti funzionari OCSE, e molti esperti che le gravitano attorno, partecipino alla fondazione del Club di Roma e alle sue prime iniziative – come è ben rappresentato nelle tabelle costruite da Mathias Schmelzer – non significa che tutta l’OCSE è pronta a muoversi in quella direzione. Né potrebbe farlo, considerata la sua funzione istituzionale (4). Nei suoi rapporti più importanti, la direzione degli Affari economici mette l’organizzazione in guardia dagli ‘effetti secondari’ prodotti dalla crescita economica, ritiene fondamentale rivedere il concetto di crescita ottimale, si chiede qual è il nesso tra i vantaggi economici della crescita e i costi indotti e si adopera a sviluppare nuovi indicatori per tener conto degli aspetti non economici e non quantificabili da prendere in considerazione nelle analisi. Proprio perché – come il Club di Roma – considera il PIL una ‘misura imperfetta’, s’impegna a costruire quelli che oggi chiamiamo ‘indicatori del benessere’.
Note
- Sui rapporti tra OCSE e Club di Roma ha scritto Matthia Schmelzer (The Hegemony of Growth. The OECD and the Making of the Economic Growth Paradigm, Cambridge University Press, Cambridge 2016). Recentemente Raffaele Alberto Ventura ha approfondito un aspetto particolare della questione analizzando il ruolo svolto da Cornelius Castoriadis, filosofo, economista, all’interno dell’OCSE di cui è stato alto funzionario dal 1948 al 1970, e ‘autore principale’, tra l’altro, del celebre rapporto The Growth of Output 1960-1980: Retrospect, Propspect and Problems of Policy del 1970, in cui si fa un bilancio della crescita e si affrontano le questioni chiave dei dieci anni successivi. Va ricordato che Cornelius Castoriadis non è altro che Paul Cardan (il più noto dei diversi suoi pseudonimi), fondatore e principale animatore di <<Socialisme ou Barbarie>> (1948-1967), la più importante rivista ‘rivoluzionaria’ di quegli anni, che si muoveva nel solco della democrazia dei consigli operai e dell’autogestione in tutti gli ambiti della vita sociale (R.A. Ventura, introduzione a Cornelius Castoriadis, contro l’economia, Luiss University Press, Roma 2022 e ‘Castoriadis fonctionnaire. Un philosophe à l’OCDE (1948-1970)’, in <<Esprit>>, n. 477, Septembre 2021).