Il terzo rapporto IPCC 2/Lavori di gruppo: 1 e 2

A partire dall'estate del 1998, molti ricercatori - assistiti da esperti governativi - hanno lavorato alla preparazione del Terzo Rapporto di Valutazione dell’IPCC.

Autore

Domenico Gaudioso

Data

6 Ottobre 2022

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6 Ottobre 2022

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Aprile 2001 – A partire dall’estate del 1998, diverse centinaia di ricercatori, assistiti da un numero altrettanto grande di esperti governativi, hanno lavorato alla preparazione del Terzo Rapporto di Valutazione (Third Assessment Report, TAR) dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), il Comitato Intergovernativo delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico.

Il testo del rapporto, finalmente disponibile, è stato sottoposto a quattro revisioni successive, che hanno visto la partecipazione di ricercatori, funzionari governativi, rappresentanti dell’industria e delle organizzazioni ambientaliste. Esso è suddiviso in tre parti, ciascuna delle quali è stata curata da uno dei tre Working Group nei quali è suddiviso l’IPCC: il documento sulla scienza del sistema climatico è stato predisposto dal Working Group I, quello sugli impatti, la vulnerabilità e l’adattamento dal Working Group II e quello sulla prevenzione (mitigation) dal Working Group III. A questi tre documenti si aggiungerà un Rapporto di Sintesi, che sarà preparato, a partire dei contributi dei tre gruppi di lavoro, da un gruppo di Lead Authors selezionati dal Bureau dell’IPCC.

Consenso da parte di scienziati e governi

Per ciascuno dei documenti sopra menzionati è inoltre previsto un Sommario per i Decisori (Summary for Policymakers, SPM), destinato ad illustrare in linguaggio non specialistico le principali conclusioni raggiunte, che viene approvato dall’IPCC attraverso una discussione word by word, proprio al fine di garantire il massimo consenso non solo degli scienziati, ma anche dei governi, intorno a questi documenti, in vista del loro utilizzo nell’ambito del processo negoziale della Convenzione-quadro sui cambiamenti climatici. Dei quattro SPM, solo i primi tre sono stati fin qui approvati dalle Sessioni Plenarie dei rispettivi Working Group e saranno quindi trattati in questo articolo, insieme ai documenti ai quali si riferiscono. La Plenaria del Working Group I si è svolta a Shanghai dal 17 al 20 gennaio 2001, mentre quella del Working Group II si è svolta a Ginevra dal 13 al 16 febbraio 2001. La Plenaria del Working Group III si è svolta ad Accra (Ghana) dal 28 febbraio al 3 marzo 2001, mentre il SPM relativo al Rapporto di Sintesi sarà approvato dalla Plenaria di tutto l’IPCC, che si svolgerà a Londra dal 24 al 29 settembre 2001.

Il documento del Working Group I rafforza le conclusioni del Secondo Rapporto di Valutazione sul riscaldamento in atto del pianeta e sull’origine umana di questo fenomeno e di altri ad esso correlati, come la diminuzione della copertura nevosa e dell’estensione dei ghiacciai e l’aumento del livello del mare.

In particolare, durante questo secolo la temperatura media sulla superficie terrestre è aumentata di circa 0,6°C. Il riscaldamento registrato nel corso del XX secolo nell’emisfero settentrionale è stato superiore a quello di qualsiasi altro secolo negli ultimi mille anni e gli anni ’90 sono stati il decennio più caldo.
Se il Secondo Rapporto di Valutazione affermava che «l’insieme delle valutazioni suggerisce una discernibile influenza umana sul sistema climatico», il Terzo conclude che «ci sono nuove e più forti prove che la maggior parte del riscaldamento osservato negli ultimi 50 anni sia dovuto ad attività umane».

Temperatura e livello del mare in aumento

Se le emissioni di gas-serra continueranno ad aumentare secondo gli scenari di emissione contenuti nel Rapporto Speciale dell’IPCC sugli Scenari di Emissione – che non considerano alcuna influenza degli interventi promossi dalla Convenzione – nel 2100 la temperatura media globale dell’aria sulla superficie terrestre potrebbe subire un aumento da 1,4 a 5,8°C e il livello medio globale del mare da 0,09 a 0,88 m, rispetto ai valori dell’anno 1990.

Il documento del Working Group II non si limita a valutare la vulnerabilità dei sistemi naturali e umani rispetto al cambiamento climatico in termini generali – come aveva fatto il Secondo Rapporto di Valutazione – ma analizza gli impatti fin qui rilevati e individua, per i diversi settori e aree geografiche, scenari di impatto coerenti, in termini qualitativi, con gli scenari di emissione del Rapporto Speciale «Emission Scenarios» e con gli scenari climatici contenuti nel contributo del Working Group I al Terzo Rapporto di Valutazione.

Secondo il documento del Working Group II, i cambiamenti climatici – in particolare l’aumento delle temperature – osservati di recente su scala regionale, hanno già avuto effetti su molti sistemi fisici e biologici. Il cambiamento è già visibile in più di 420 diversi sistemi fisici e biologici – dalla riduzione dell’estensione dei ghiacciai in tutti i continenti e dei mari ghiacciati nell’Artico, all’allungamento delle stagioni senza gelo e all’aumentata frequenza delle piogge torrenziali. Già sono state danneggiate specie di mammiferi, di rettili, di uccelli, di anfibi e di molti invertebrati, tra cui numerose specie di insetti.

Ci sono inoltre indicazioni preliminari che alcuni sistemi sociali ed economici sono stati già influenzati dall’aumento recente della frequenza e dell’intensità di alcuni eventi climatici estremi, le alluvioni e gli episodi di siccità. Il documento afferma, con maggiore sicurezza che nel passato, che «i cambiamenti che ci si aspetta negli avvenimenti estremi del clima dovrebbero avere conseguenze maggiori».

Infine, se le emissioni di gas-serra continueranno ad aumentare secondo i trend attuali, esiste la possibilità di impatti su larga scala e potenzialmente irreversibili, come il rallentamento della circolazione oceanica nell’Atlantico settentrionale o una sostanziale riduzione delle calotte glaciali della Groenlandia della parte occidentale del continente antartico, i cui rischi devono ancora essere quantificati in maniera affidabile.

Vulnerabilità variabile tra diverse aree

Se tutte le aree del globo hanno già subito gli impatti negativi del cambiamento climatico, alcune sono particolarmente vulnerabili a causa della loro esposizione ai rischi del cambiamento climatico e/o a causa della loro scarsa capacità di adattamento. Molte nazioni in via di sviluppo sono maggiormente vulnerabili per una serie di fattori tra cui la sensibilità delle loro economie al cambiamento climatico e la loro limitata capacità di adattamento dovuta a fattori quali le scarse risorse finanziarie, naturali e umane e limitata capacità tecnologica e istituzionale. È il caso di molti piccoli stati insulari. Sono previsti rapidi cambiamenti climatici nelle regioni polari con una conseguente perdita nel livello di ghiaccio superficiale e degrado del permafrost. Impatti negativi, come diminuzione del livello dei fiumi, siccità, scarsità di cibo, scarsità di pesce, effetti sulla salute e perdita di biodiversità, sono prevedibili per Africa, Asia e America Latina, aree con scarse opportunità di adattamento. In aree con alte capacità di adattamento come Nord America, Nuova Zelanda e Australia, possono esservi problemi relativi alla presenza di comunità a rischio, in particolare quelle indigene, e in questo caso le possibilità di adattamento dell’ecosistema sono molto limitate.

In Europa, la vulnerabilità è superiore al Sud e nelle regioni artiche rispetto al resto del continente.
La discussione all’interno del Working Group I non è stata particolarmente accesa, a testimonianza del consenso che esiste ormai tra gli scienziati rispetto alla caratterizzazione del sistema climatico e alla comprensione delle sue dinamiche e delle sue possibili evoluzioni. Si segnala, ad esempio, che importanti passi avanti sono stati registrati rispetto alla disponibilità di dati di temperatura, misurati sia sulla superficie terrestre che attraverso l’uso di satelliti e palloni meteorologici in quota (anche se i dati superficiali e quelli relativi agli 8 km più bassi non sono in perfetto accordo); e rispetto alla capacità dei modelli di incorporare processi climatici come quelli legati al vapor d’acqua, alle dinamiche mare-ghiaccio e al trasporto di calore oceanico e di rappresentare fenomeni come i monsoni, El Niño e la North Atlantic Oscillation.

Atteggiamento costruttivo da parte degli Usa

Del tutto insoddisfacente, invece, è apparso lo sviluppo dei modelli regionali, il cui uso è indispensabile al fine di fornire i dati di base per le valutazioni di impatto.

Anche l’atteggiamento dei rappresentanti governativi è stato in genere costruttivo, in particolare per quanto riguarda gli Stati Uniti, che hanno mostrato un atteggiamento molto favorevole al documento, in accordo con la posizione dei paesi dell’Unione Europea. Solo l’Arabia Saudita ha mantenuto un atteggiamento molto critico, anche se non apertamente ostruzionistico, per tutto il corso della riunione.
La Cina, che ospitava la riunione del Working Group I, si è presentata alla discussione su posizioni fortemente critiche, in particolare per quanto riguarda il numero limitato di nuove evidenze scientifiche a supporto delle nuove conclusioni del SPM, e l’uso eccessivo di proiezioni climatiche future basate su semplici modelli climatici, anziché su modelli climatici complessi. L’atteggiamento cinese è stato «ammorbidito» con l’inserimento nel documento di una sezione specifica relativa ai monsoni, che spiega che probabilmente il riscaldamento associato all’aumento delle concentrazioni dei gas ad effetto serra causerà un aumento della variabilità della precipitazione collegata ai monsoni estivi asiatici, mentre la durata ed intensità di tali cambiamenti dipenderà dai vari scenari climatici.

Per quanto riguarda il contributo del Working Group II al Terzo Rapporto di Valutazione, i progressi più significativi dal punto di vista metodologico rispetto al Secondo Rapporto di Valutazione riguardano:

  1. lo sviluppo di metodi più rigorosi per il trattamento e la comunicazione dell’incertezza;
  2. la disponibilità di strumenti più adeguati per l’approfondimento delle dimensioni umane del cambiamento climatico;
  1. la disponibilità di metodi per la rilevazione degli impatti dei cambiamenti climatici già in atto, in particolare l’uso di alcune specie animali come indicatori;
  2. una più ampia disponibilità di metodi e strumenti per una valutazione integrata degli effetti dei futuri cambiamenti climatici, che però non includono ancora in misura adeguata le dimensioni umane e gli effetti dell’adattamento.

Ancora poca chiarezza sui metodi da usare

Il rapporto non segnala, invece, particolari passi avanti per quel che riguarda le metodologie di valutazione economica e l’utilizzo di sistemi analitici rigorosi per la valutazione delle opzioni di adattamento. La valutazione della vulnerabilità delle popolazioni umane e di sistemi naturali al cambiamento climatico è pertanto ancora di tipo qualitativo, per l’assenza di un set comune di scenari climatici e di metodi. I paesi in via di sviluppo hanno inoltre contestato la distribuzione regionale degli studi sugli impatti dei cambiamenti climatici. Questo tipo di studi si concentra infatti negli USA e nel Nord Europa; l’Australia è caratterizzata da una mancanza totale di studi, mentre per l’Africa se ne segnalano solo 2 e 5 per l’Asia. Nell’area del Mediterraneo è segnalato un solo studio, che riguarda la fauna terrestre del Nord Africa.

Anche nel corso della riunione di Ginevra, la discussione è stata meno animata e le convergenze tra paesi e gruppi di paesi sono state meno evidenti, rispetto a quanto avviene in genere nel processo negoziale della Convenzione sul clima; su alcuni argomenti, come nella richiesta dei paesi dell’OPEC di non sopravvalutare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici e di evidenziarne i possibili effetti positivi, era comunque facile intravedere gli interessi nazionali di questi paesi.


La partecipazione dell’Italia alla preparazione dei contributi dei Working Group I e II è stata limitata. Tra le diverse centinaia di autori, si possono citare solamente quattro italiani: F. Giorgi (ICTP, Trieste), che ha coordinato la preparazione del capitolo 10 del documento del WG I, relativo alle valutazioni e proiezioni climatiche su scala regionale; G. Pitari e E. Mancini (Università dell’Aquila, L’Aquila), che hanno contribuito alla preparazione del capitolo 5 del documento del WG I riguardante gli aerosol; M. Bindi (CNR-IATA, Firenze) che ha partecipato alla redazione del capitolo 13 del documento del Working Group II, relativo all’Europa.

Troppo scarse indicazioni da parte dell’Italia

Questo spiega parzialmente la mancanza di indicazioni, all’interno del Rapporto, sulle possibili evoluzioni del clima in Italia e nel bacino mediterraneo, e su argomenti di particolare interesse per questa regione geografica, come le migrazioni umane e la sensitività di particolari ecosistemi e insediamenti umani. Inutili sono risultati i tentativi della delegazione italiana di introdurre nel rapporto dei riferimenti al rischio crescente di eventi di siccità e dell’instaurazione di processi di aridificazione nell’area del Mediterraneo, a fronte della scarsa coerenza dei risultati forniti dai modelli a questo proposito.
Più in generale, è apparsa evidente, per quel che riguarda il nostro paese, l’assenza di:

  1. valutazioni sugli scenari futuri di evoluzione del clima su scala regionale;
  2. analisi statistiche della correlazione delle principali tipologie di impatto sui sistemi fisici e biologici con i trend di temperatura e precipitazione;
  3. valutazioni delle conseguenze sociali ed economiche dei diversi impatti sui sistemi naturali.

Da questi punti occorrerà ripartire, non solo per valorizzare il contributo dei nostri ricercatori negli ambiti internazionali, ma anche, e soprattutto, per disporre dell’informazione necessaria ad integrare le variabili relative al sistema climatico nei processi decisionali, in particolare quelli relativi alla pianificazione territoriale e alla gestione dei sistemi energetici.


Fonte/Testo originale: Domenico Gaudioso, ‘Il terzo rapporto IPCC 2/Lavori di gruppo: 1 e 2’ – pubblicato su Equilibri, Fascicolo 1, aprile 2001, Il Mulino.

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