Quali incentivi per le comunità di energia rinnovabile?

Il contesto normativo italiano relativo alle CER si inserisce nel quadro europeo degli aiuti di Stato. La tariffa premio e il contributo in conto capitale sono meccanismi importanti, ma ci sono anche i vincoli imposti dalla disciplina europea.

Autore

Raffaele Palermo

Data

26 Novembre 2024

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5' di lettura

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26 Novembre 2024

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Il presente contributo intende offrire una panoramica sulle modalità di incentivazione in favore delle cd. configurazioni di autoconsumo collettivo (di seguito CACER) ed in particolare delle comunità di energia rinnovabile (nel prosieguo CER). L’analisi manterrà quale punto di riferimento la disciplina europea sugli aiuti di Stato ex artt. 107 ss. TFUE, riconducibile all’ambito delle regole di concorrenza applicabili agli Stati, che mira ad eliminare le distorsioni al mercato interno generate da sovvenzioni positive o negative concesse selettivamente dagli Stati in favore delle imprese. Sulla base di tale disciplina il legislatore italiano ha infatti plasmato le forme di incentivazione in favore delle suddette configurazioni, pertanto uno sguardo costante alle norme sugli aiuti di Stato disvela al lettore la necessaria interazione tra l’ordinamento dell’Unione europea e quello interno nella configurazione di meccanismi di sostegno finanziario in favore delle energie rinnovabili verso il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica al 2050.

Rimandando a precedenti contributi l’approfondimento dei tratti distintivi di CER e CACER1, così come cristallizzati a livello di diritto dell’Unione agli artt. 21 e 22 dir. (UE) 2018/2001, si ricordi qui sommariamente che ai regimi di sostegno nazionali a favore di siffatte configurazioni per la produzione, l’autoconsumo e la vendita e/o lo scambio di energia rinnovabile, è in tanto da applicarsi la disciplina europea sugli aiuti di Stato, in quanto esse ai sensi del diritto dell’Unione europea debbono considerarsi a tutti gli effetti quali attività economiche e dunque quali ricadenti nella nozione di impresa così come elaborata dalla giurisprudenza della CGUE2. Da un lato infatti offrono entrambe, ancorché in misura limitata, beni e servizi su un mercato ben definito, quale quello energetico, dall’altro le CER in particolare prevedono la partecipazione quali membri attivi oltre che di persone fisiche ed enti territoriali e locali anche di imprese private, rectius PMI ed associazioni con personalità giuridica di diritto privato ai sensi dell’art. 31 d.lgs. 199/2021, purché tale partecipazione non costituisca la loro attività commerciale principale.

Da queste prime considerazioni si delinea dunque la necessità di un quadro regolatorio che persegua due obiettivi precipui. L’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato può essere ictu oculi percepita certamente quale limitazione all’azione degli Stati nella definizione delle forme e soprattutto dell’intensità finanziaria dei regimi di sostegno in favore delle energie rinnovabili e, nel caso di specie, delle CER, al fine di preservare un funzionamento concorrenziale del mercato interno privo di distorsioni. Contestualmente è la stessa disciplina sugli aiuti di Stato che, tramite Linee Guida e Comunicazioni redatte dalla Commissione, promuove espressamente l’adozione da parte degli Stati membri di regimi di incentivazione a favore delle CER, al fine di consentire a queste ultime di poter competere nel mercato dell’energia su un piano di parità con attori che dispongono di maggiori strumenti finanziari e gestionali e di conseguenza, tramite l’accresciuta partecipazione di cittadini e comunità locali a tali progetti, di aumentare altresì a quel livello l’accettazione per una diffusione capillare di tali tecnologie.

Il legislatore italiano, quasi unico nel panorama europeo, ha dunque fatto leva su quest’ultimo profilo dapprima con il d.lgs. 162/2019, che disciplinava in via transitoria e piuttosto limitante un regime di incentivazione in favore di CER e CACER, e successivamente in via definitiva con il d.lgs. 199/2021 di recepimento della dir. (UE) 2018/2001. Quest’ultimo all’art. 8 poneva i criteri a cui il successivo decreto ministeriale, da adottarsi entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del primo, ma in realtà pubblicato in colpevole ritardo solo dopo più di due anni e comunque dopo una decisione positiva della Commissione di non sollevare obiezioni nei confronti della misura di aiuto notificatale, si sarebbe dovuto attenere nel disciplinare le modalità di incentivazione. 

In primo luogo giova ricordare che il decreto del M.A.S.E. del 7 dicembre 2023 (d.m. 414/2023) prevede due diverse forme di finanziamento, a cui corrispondono altrettante risorse. Da un lato viene erogata una tariffa incentivante sotto forma di tariffa premio (cd. feed-in tariff) calcolata sulla sola quota di energia prodotta dall’impianto facente capo alla configurazione e condivisa all’interno di essa. Per tale tariffa, applicabile fino al raggiungimento di una potenza installata di 5 GW sono stati stanziati 3,5 mld. €. Dall’altro lato lo stesso d.m. 414/2023 prevede l’erogazione di un contributo in conto capitale per la copertura fino al 40% dei cd. costi ammissibili da sostenere per la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili nell’ambito di CER e CACER site in comuni con un numero di abitanti inferiore ai 5.000. Siffatta misura non è ascrivibile solo e soltanto alla dir. (UE) 2018/2001, ma promana direttamente M2C2I1.2 del PNRR e quindi più in generale del Recovery and Resilience Facility (RRF), nell’ambito del quale sono stati stanziati 2,2 mld. € fino al raggiungimento di una potenza installata di 2 GW. Si precisa infine che ai sensi dell’art. 6 del d.m. 414/2023, nel caso di cumulo delle due misure la tariffa incentivante sarà ridotta in misura proporzionale fino ad una riduzione massima del 50% di fronte ad un contributo in conto capitale pari al 40% di finanziamento di costi ammissibili.

Entrambi i regimi di incentivazione sottostanno a criteri ben definiti, che denotano sia la necessaria applicazione della disciplina UE sugli aiuti di Stato sia una certa prudenza da parte del legislatore italiano nella definizione delle soglie. Innanzitutto possono accedere agli incentivi i soli impianti a fonti rinnovabili che abbiano una potenza nominale non superiore ad 1 MW, elemento che andremo ad approfondire a breve. In secondo luogo le CER, per poter soddisfare il cd. effetto di incentivazione, debbono essere entrate in esercizio prima della costituzione degli impianti ad esse afferenti e questi ultimi, previsione che ha sollevato alcune perplessità data la sua portata restrittiva, ma ciononostante immanente alle norme sugli aiuti di Stato, debbono essere esclusivamente impianti di nuova costruzione o comunque la cui entrata in esercizio sia posteriore alla vigenza del d.lgs. 199/2021. L’effetto di incentivazione, requisito indefettibile per l’autorizzazione di una misura di aiuto, richiede infatti che una misura di sostegno sia in grado di mutare il comportamento di un’impresa di tal guisa che senza quell’incentivo non si sarebbe mai dato luogo all’investimento, in questo caso necessario a perseguire l’obiettivo della transizione energetica. Pertanto immaginare di remunerare con la tariffa incentivante l’energia autoprodotta e condivisa all’interno della CER da impianti già esistenti non avrebbe costituito alcun incentivo all’erogazione dell’aiuto che anzi avrebbe prodotto una distorsione della concorrenza nel mercato.

Limitatamente invece al primo requisito il legislatore ha dunque posto la soglia di 1 MW di potenza installata, al di sopra della quale non è prevista per alcuna tariffa incentivante per l’energia condivisa né alcun contributo in conto capitale. Da ciò sembra potersi dedurre la possibilità di costituire una CER che utilizzi impianti a fonti rinnovabili con una potenza superiore ad 1 MW, ad essa tuttavia non spetterà alcuna feed-in-tariff, ma per poter ricevere una remunerazione per l’energia prodotta e scambiata dovrà necessariamente partecipare ai meccanismi di asta pubblica3. Sotto questo profilo è interessante notare come le Linee Guida della Commissione sugli aiuti di Stato in materia di energia e ambiente4 prevedono tuttavia la possibilità di esonerare dalla partecipazione a procedure di gara competitiva quegli impianti appartenenti alle CER con una potenza massima di 6 MW per il fotovoltaico e di 18 MW per l’eolico. Manifesta risulta dunque la scelta del legislatore italiano, eventualmente sulla base delle risultanze ottenute nell’ambito della consultazione pubblica del novembre 2022, di discostarsi dalle soglie individuate dalla Commissione e di porre a livello nazionale un requisito molto più stringente rispetto ad un più ampio margine di manovra, profilo, quest’ultimo, che potrebbe anche incidere negativamente sulla possibilità di una capillare diffusione delle CER a livello nazionale, in mancanza di una tariffa incentivante per impianti con potenza superiore ad 1 MW.

L’autonomia del legislatore italiano nella definizione delle modalità di incentivazione e la sua portata in parte limitante acquista rilevanza anche sotto un ulteriore punto di vista, che si può ricavare dalla valutazione economica effettuata dalla Commissione nella decisione di autorizzazione della misura di aiuto5. Nella bozza di decreto costituente la misura di aiuto e notificata alla Commissione è stata stimata nella misura del 45% la quota di energia autoprodotta e condivisa all’interno della CER e sulla base di questa stima prudenziale sono stati poi individuati a seconda della potenza dell’impianto il cd. funding gap, quindi il deficit di finanziamento che la costruzione di un impianto fino a 1 MW di potenza comporta per la singola CER, e di conseguenza l’intensità dell’aiuto necessaria a colmare almeno parzialmente il primo. Si aggiunga a questo proposito, che laddove la quota di energia auto-consumata e quindi condivisa all’interno della CER sia pari o superi il 55% di quella prodotta6, allora non si potrà più parlare di funding gap rispetto ai costi sostenuti per l’impianto. Per evitare dunque che la remunerazione tramite la tariffa premio oltre la soglia del 55% provochi una sovracompensazione, si è fatto obbligo agli amministratori delle CER, in ossequio alla loro natura prettamente mutualistica, promanante anche dal dettato della direttiva, di tenere due conti separati. Nel primo confluisce la tariffa incentivante e, ove erogato, il contributo in conto capitale. Il secondo è dedicato invece esclusivamente alla eccedenza suindicata, la quale, per evitare situazioni di sovracompensazione, è destinata esclusivamente a consumatori membri delle CER diversi dalle imprese e/o utilizzato per scopi sociali che hanno un impatto sulle aree in cui sono situati gli impianti condivisi. Solo limitatamente a tale fattispecie la tariffa eccedentaria, non essendo rivolta alle imprese, non è da considerarsi quale aiuto di Stato ai sensi dell’art. 107 TFUE. Evidente quindi appare la circostanza che il perseguimento di benefici sociali, economici ed ambientali informa la definizione e il fondamento stesso delle CER, ergendosi a tratto caratterizzante le stesse.

Ebbene, il legislatore italiano, come risulta più volte dalla decisione della Commissione, ha assunto quale tecnologia di riferimento per la stima dei parametri testé illustrati ed in definitiva per la definizione dei meccanismi di incentivazione esclusivamente la fonte fotovoltaica, senza procedere ad una valutazione comparativa anche con altre fonti rinnovabili quali l’eolico. Il fotovoltaico, secondo quanto affermato dal Ministero, per via dei costi nettamente minori rispetto ad altre fonti rinnovabili consente infatti al legislatore di effettuare una stima più prudenziale dell’ammontare così come dell’intensità dell’aiuto7 e quindi di conseguenza di individuare puntualmente dove ad un più ampio funding gap debba necessariamente accompagnarsi anche una maggiore intensità dell’aiuto.L’approccio del legislatore sembra dunque in conclusione quasi voler sottintendere che impianti con una potenza installata maggiore di 1 MW e comunque alimentati da tecnologie diverse dal fotovoltaico non necessitano per via delle loro caratteristiche di una tariffa premio, in quanto i costi da sostenere si avvicinerebbero a quelli della competitività di mercato. Se una siffatta impostazione può risultare coerente, dal punto di vista del legislatore, con i tratti distintivi del mercato energetico nazionale, in cui gli investimenti in fonti rinnovabili a livello locale e l’accresciuta partecipazione dei cittadini accompagnano necessariamente la transizione energetica, pur non costituendone una parte rilevante rispetto agli impianti di grandi dimensioni, dall’altro potrebbe contribuire a frenare uno sviluppo ordinato e capillare delle CER e perdipiù tecnologicamente neutrale. Auspicabile sarebbe forse stato modulare le tariffe incentivanti non solo sulla base della potenza dell’impianto, nell’ambito delle soglie indicate nelle Linee Guida CEEAG della Commissione, ma anche sulla base della tecnologia impiegata, così promuovendo un approccio più variegato alle diverse fonti anche sulla base delle differenze regionali come già previsto all’art. 4 co. 4 dir. (UE) 2018/2001, ed una maggiore certezza dell’investimento. In ogni caso, si dovrà attendere l’inizio del prossimo anno, per poter tracciare un primo bilancio degli esiti dell’adozione degli strumenti legislativi e regolamentari da parte del legislatore italiano e volti, tramite la previsione degli incentivi qui analizzati, ad accelerare la costituzione di CER e CACER e comunque la diffusione a livello locale delle energie rinnovabili.

Note

  1. Si veda a tal proposito anche E. Cusa, Le incentivate comunità energetiche rinnovabili e il loro atto costituivo, Studio n. 38/2024 I, Consiglio nazionale del notariato, che mette in luce le differenze tra CER e CACER.
  2. Ex multis CGUE, sent. 18 giugno 1998, C-35/96 Commissione c. Italia, par. 36, ECLI:EU:C:1998:303
  3. La formulazione del legislatore risulta sotto questo profilo non particolarmente chiara. Se da un lato l’art. 31 d.lgs. 199/2021 non pone alcuna soglia agli impianti facenti capo alle CER, dall’altro l’art. 5 co. 4 dello stesso d.lgs. pare ammettere le CER al godimento della sola tariffa premio, sulla base della soglia di 1 MW, in quanto non prevede espressamente la possibilità, diversamente da quanto fatto ex art. 30 per la fattispecie dell’autoconsumatore, di una loro partecipazione alle aste. In ogni caso, potrebbe anche trattarsi di un caso di minus dixit lex quam voluit.
  4. Communication from the Commission – Guidelines on State aid for climate, environmental protection and energy 2022 (CEEAG 2002) C/2022/481, par. 107, lett. b.
  5. State Aid SA.106777 (2023/N) – Italy – RRF – Support for the development of Renewable Energy Communities, C(2023) 8086 final.
  6. La soglia, oltre cui l’incentivo è da considerarsi eccedente, è fissata invece al 45% in caso di cumulo con il contributo in conto capitale.
  7. State Aid SA.106777 (2023/N), par. 46.
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