La storia delle COP: dalla COP1 alla COP28

Dalla COP1 alla COP28: momenti chiave nell’evoluzione dei negoziati sul clima.

Autore

Cristina El Khoury

Data

16 Settembre 2024

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5' di lettura

DATA

16 Settembre 2024

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Nel precedente articolo abbiamo esplorato le origini delle Conferenze sul Clima, meglio note come COP (Conferenze delle Parti), evidenziando il contesto storico e politico che ha portato alla loro nascita. A partire dal Summit della Terra di Rio del 1992 e dall’adozione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), il mondo ha riconosciuto la necessità di un’azione globale per affrontare il cambiamento del clima. Fin dalla prima COP, tenutasi a Berlino nel 1995, queste conferenze sono diventate un appuntamento cruciale e annuale (ad eccezione del 2020, anno in cui la pandemia da coronavirus ne ha causato la sospensione) nel calendario internazionale per decidere quali azioni intraprendere per affrontare la crisi climatica. Tuttavia, non tutte le COP hanno segnato svolte decisive o ottenuto grande risonanza mediatica. Questo articolo ripercorre le conferenze chiave attraverso le quali è stato definito l’attuale quadro legislativo internazionale in materia di cambiamento climatico.

1995, COP1 – Berlino. Durante la prima COP, la partecipazione di 120 governi ha segnato un riconoscimento unanime della gravità del cambiamento climatico e della necessità di ridurre le emissioni di gas serra derivanti dalle attività umane. A Berlino, i Paesi hanno ammesso che gli accordi raggiunti a Rio nel 1992 erano insufficienti per affrontare la crisi climatica e hanno elaborato il Mandato di Berlino, che ha delineato un percorso negoziale finalizzato a stabilire impegni vincolanti per la riduzione delle emissioni da parte dei Paesi industrializzati a partire dal 2000. Sebbene ci fosse un consenso generale sulla necessità di fissare obiettivi vincolanti, la conferenza si è conclusa senza impegni concreti.
Questa prima COP, inoltre, ha prefigurato le difficoltà e gli stalli che sarebbero seguiti negli anni successivi, lasciando la responsabilità principale delle azioni per il clima ai Paesi sviluppati.

1997, COP3 – Kyoto. La terza COP, tenutasi a Kyoto nel 1997, è ricordata come una pietra miliare nelle negoziazioni sul clima, grazie all’adozione del Protocollo di Kyoto, il primo accordo internazionale a fissare obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra giuridicamente vincolanti per i Paesi industrializzati. L’accordo stabiliva una riduzione complessiva delle emissioni del 5% rispetto ai livelli del 1990, da raggiungere entro il periodo 2008-2012. Nonostante il successo di aver definito questi obiettivi, la COP3 fu caratterizzata da forti tensioni tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo, in quanto questi ultimi non erano soggetti agli stessi obblighi, suscitando critiche e riserve soprattutto da parte degli Stati Uniti, che successivamente non ratificarono il Protocollo. Le difficoltà emerse a Kyoto si sono riflesse negli anni successivi, con numerosi Paesi che hanno faticato a rispettare gli impegni presi. Questo ha portato alla necessità di ulteriori negoziazioni e al cosiddetto Emendamento di Doha nel 2012, che ha esteso il Protocollo di Kyoto fino al 2020 e ha introdotto nuovi impegni per la riduzione delle emissioni. Tuttavia, anche l’Emendamento di Doha ha incontrato resistenze significative e non è mai entrato formalmente in vigore, evidenziando le persistenti sfide nel raggiungimento di un consenso globale sul clima. Questi sviluppi hanno sottolineato la complessità degli accordi internazionali, spingendo verso un nuovo quadro di cooperazione che sarebbe emerso solo anni dopo con l’Accordo di Parigi del 2015.

2009, COP15 – Copenaghen. Per l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto ci sono voluti sette anni, un lungo periodo durante il quale le emissioni globali sono aumentate. Si rendeva quindi necessario un nuovo accordo che coinvolgesse tutti i Paesi, sia sviluppati che in via di sviluppo. Tuttavia, questo obiettivo non fu raggiunto alla COP15: le aspettative di un accordo globale ambizioso, che coinvolgesse tutti i Paesi e superasse le limitazioni del Protocollo di Kyoto, sfumarono, trasformando la COP nel più grande fallimento dei negoziati sul clima. I governi non riuscirono a trovare un accordo su un nuovo testo, scontrandosi principalmente su chi avrebbe dovuto sostenere gli sforzi maggiori per ridurre le emissioni di CO2. Le nazioni più povere, tra le meno responsabili per le emissioni storiche, chiesero ai Paesi più ricchi di assumersi la responsabilità nella riduzione delle emissioni e di fornire supporto finanziario per aiutare le comunità più vulnerabili a adattarsi agli impatti del riscaldamento globale.
Due i principali risultati che si raggiunsero: da un lato, l’Accordo di Copenaghen, un documento non vincolante che riconosceva la necessità di limitare l’aumento della temperatura globale a 2°C, ma che mancava di obiettivi specifici e vincolanti per le emissioni; dall’altro, l’idea di creare un Fondo Verde per il Clima, con l’obiettivo di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno per sostenere le azioni di mitigazione e adattamento nei Paesi in via di sviluppo. La costituzione del Fondo fu decisa successivamente, durante la COP16 del 2010 a Cancún, in Messico, mentre la struttura di governance venne definita l’anno successivo nel corso della COP17 a Durban, in Sudafrica. Questo fondo rappresenta un tentativo di colmare il divario tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo, fornendo risorse finanziarie per affrontare gli impatti del cambiamento climatico e sostenere una transizione verso economie a basse emissioni di carbonio.

2013, COP19 – Varsavia.  La COP19 di Varsavia ha rappresentato un passo importante, ma non privo di controversie, nel processo negoziale sul clima. Uno dei risultati principali della conferenza fu la creazione del cosiddetto Meccanismo di Varsavia per le perdite e i danni, un meccanismo internazionale volto a rispondere alle perdite e ai danni causati dal cambiamento climatico, specialmente nei Paesi più vulnerabili. Tuttavia, la conferenza fu segnata da disaccordi significativi, nuovamente sulle questioni di finanziamento e responsabilità. 

2015, COP21 – Parigi. La COP21 rappresenta un momento cruciale nei negoziati internazionali sul clima con l’adozione dell’Accordo di Parigi. Questo trattato internazionale segna un significativo passo avanti rispetto ai precedenti accordi, stabilendo l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali e di sforzarsi di mantenere il riscaldamento entro 1,5°C. L’Accordo di Parigi è caratterizzato da un sistema di impegni nazionali auto-definiti, noti come Contributi Determinati a Livello Nazionale, che ogni Paese deve presentare e aggiornare periodicamente per riflettere il massimo sforzo possibile. A differenza del Protocollo di Kyoto, l’Accordo di Parigi, firmato da 177 Paesi, ha carattere universale: mentre a Kyoto si imponevano obiettivi vincolanti solo ai Paesi sviluppati, a Parigi tutti i Paesi decidono di impegnarsi collettivamente per la riduzione delle emissioni, indipendentemente dal loro stato di sviluppo. 

2021, COP26 – Glasgow. Tenutasi a Glasgow nel 2021, la COP26 è stata un evento cruciale per il futuro delle politiche climatiche globali, nonché un test significativo per l’implementazione dell’Accordo di Parigi. Tra i risultati principali della conferenza c’è stato il rafforzamento degli impegni globali per ridurre le emissioni di gas serra e l’approvazione del Patto per il Clima di Glasgow. Questo accordo includeva impegni più chiari e dettagliati per limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C e un appello ad accelerare l’eliminazione graduale del carbone. Tuttavia, la conferenza è stata anche oggetto di critiche per il mancato raggiungimento di accordi definitivi su alcuni temi chiave, come il finanziamento per i Paesi in via di sviluppo e le misure di adattamento. 

2022, COP27 – Sharm El Sheikh. La COP27 ha portato alla luce importanti sviluppi, in particolare con la creazione di un Fondo per le Perdite e i Danni, un risultato chiave per i Paesi vulnerabili. Questo fondo rappresenta un passo significativo verso la giustizia climatica, offrendo una risposta concreta alle richieste di finanziamento per le riparazioni e il recupero degli impatti climatici. Tuttavia, la conferenza ha evidenziato notevoli difficoltà nel trovare un consenso sui dettagli operativi e le dimensioni del fondo. 

2023, COP28 – Dubai. A Dubai, la COP28 ha avuto luogo in un contesto di crescente urgenza e pressione per accelerare l’azione climatica globale. Questa conferenza ha cercato di consolidare i progressi fatti nelle edizioni precedenti e di ampliare l’ambizione degli impegni climatici. Tra i risultati principali vi sono stati i nuovi impegni per la riduzione delle emissioni e un’accelerazione nella transizione verso fonti di energia rinnovabile. Inoltre, la COP28 ha evidenziato l’importanza di un maggiore supporto finanziario e tecnologico per i Paesi in via di sviluppo, con discussioni approfondite sul rafforzamento del Fondo Verde per il Clima e l’implementazione delle promesse di finanziamento. La conferenza ha anche messo in luce la crescente consapevolezza e mobilitazione globale, con un’attenzione particolare alle implicazioni sociali ed economiche della crisi climatica e alle soluzioni basate sulla giustizia climatica e sull’inclusività. 

Sono passati 29 anni da quando i governi si sono incontrati per la prima volta per negoziare patti e accordi sul clima. Da allora, le COP hanno tracciato un percorso complesso, con successi e sfide continue.


La COP29, che si svolgerà a Baku, in Azerbaigian, dal 11 al 22 novembre, rappresenta un’importante opportunità per rafforzare gli impegni globali e accelerare l’azione climatica. Con il riscaldamento globale in aumento e le conseguenze sempre più evidenti, sarà cruciale vedere come i leader globali risponderanno alle crescenti pressioni e quali misure concrete adotteranno per garantire un futuro sostenibile. 


Per approfondire:

Com’è andata la COP28?

Che clima c’è dopo la Cop28

La storia delle COP: dalla Conferenza di Stoccolma alla firma dell’UNFCCC

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