Nel gennaio del 2025, mentre il mondo attraversa la crisi climatica e si interroga sul senso profondo della ‘transizione ecologica’, Marino Ruzzenenti e Pietro Zanotti pubblicano La svolta ecologica mancata (Jaca Book, 2025, € 19,00), un libro più simile a uno specchio rivolto al passato che a una semplice raccolta di saggi. Il volume si addentra con sguardo critico e storico negli anni ’70 e più precisamente quando la crisi petrolifera del 1973 sembrava aver aperto una crepa nel modello di sviluppo industriale e consumista. Una crepa attraverso cui, forse, avrebbe potuto filtrare la luce di un futuro diverso. E invece no.

Non è un racconto nostalgico, questo. È un’indagine lucida e, a tratti, amara su ciò che avrebbe potuto essere e non è stato. Ruzzenenti e i coautori del volume ricostruiscono i contorni della ‘primavera ecologica’ profetizzata da Giorgio Nebbia, un tempo in cui il mondo sembrava pronto a riconsiderare i propri paradigmi energetici, sociali e produttivi. Ma quella stagione non maturò mai e non diede avvio a una vera trasformazione. L’occasione si perse, il sistema riassorbì il colpo, e la crescita indiscriminata – ancora una volta – vinse sulla sostenibilità. Il libro si muove tra archivi e analisi geopolitiche, tra l’euforia del possibile e la disillusione del reale. Ogni capitolo, pur scritto nella sobrietà accademica, è attraversato da una domanda che rimbalza di pagina in pagina: perché la consapevolezza non è bastata?
«Gli Usa – si legge nel testo- riescono a trasformare l’oil shock anche in un’opportunità per determinare un cambiamento di fase storico in Occidente con la fine del compromesso keynesiano seguito alla Seconda guerra mondiale e per rinsaldare la propria egemonia attraverso un nuovo ordine all’insegna del neo-liberismo».
La sintesi, questa, di una cruda verità che ha spinto al disimpegno degli anni ’80 e al progressivo slittamento semantico del discorso pubblico sulla sostenibilità.
A rendere particolarmente attuale questo libro è la sua capacità di gettare un ponte tra quella ‘svolta mancata’ e la transizione ecologica che oggi – almeno nelle dichiarazioni – tutti sembrano voler perseguire. Ma anche oggi, come allora, incombe il rischio che la transizione si trasformi in un bluff, una retorica vuota, uno slogan da convegno. Gli autori lo dicono con chiarezza: una trasformazione reale non si improvvisa, non si affida alla tecnocrazia o al mercato, ma richiede progettualità, tempo lungo, volontà politica.
La svolta ecologica mancata è un esercizio di memoria storica e insieme un appello implicito alla vigilanza critica. È una narrazione che smonta il mito della linearità del progresso ecologico, mostrando come la storia sia fatta anche – e forse soprattutto – di occasioni perdute. Ma in questo stesso svelamento risiede la forza del testo: ricordare ciò che non è accaduto può diventare la chiave per ciò che può ancora avvenire. Il futuro, come ci ricorda questo libro, è figlio anche delle domande che osiamo porre al nostro passato.