Lo scorso 16 marzo, la Commissione Europea – e precisamente la direzione generale del Mercato interno, dell’industria, dell’imprenditoria e delle PMI (in gergo DG GROW) – ha pubblicato la lista aggiornata delle materie prime critiche per l’Unione Europea1. Si tratta di un esercizio condotto su base triennale a partire dal 2011, giunto quindi alla sua quinta edizione. L’indagine (definita criticality assessment) ha riguardato 70 materie prime, delle quali 67 materiali singoli e tre gruppi, costituiti rispettivamente da dieci terre rare pesanti, cinque terre rare leggere e cinque metalli del gruppo del platino.
Secondo la metodologia utilizzata nello studio, la criticità di una materia prima viene valutata sulla base di due parametri: il rischio di approvvigionamento (supply risk) e l’importanza economica, quantificati prendendo in considerazione vari fattori come ad esempio la concentrazione della fornitura a livello globale, le effettive fonti di approvvigionamento dell’Unione Europea, la dipendenza dalle importazioni, la sostituibilità, il valore aggiunto dei settori di impiego delle materie prime, e così via. Se entrambi i parametri risultano superiori a degli opportuni valori soglia, la materia prima viene definita critica2.
Quest’anno, 34 materie prime sono risultate critiche, con un aumento di quattro unità rispetto alla lista del 2020. In effetti, questo aumento è un trend consolidato nel corso degli anni, dal momento che le materie prime critiche erano 14 nel 2011, 20 nel 2014 e 27 nel 2017. Questa crescita è in parte fisiologica e legata all’ampliamento della platea delle materie prime considerate nell’analisi (41 nel 2011, 54 nel 2014, 61 in 2017 e 66 nel 2020), ma è anche segno di come un portafoglio sempre maggiore di materie prime sia tanto fondamentale per l’industria europea quanto delicata dal punto di vista della sicurezza dell’approvvigionamento.
La Tabella 1 sottostante riporta l’elenco delle 34 materie prime critiche. Evidenziate in grassetto sono le cosiddette materie prime strategiche – concetto sul quale ritorneremo più sotto – che sono un sottoinsieme delle materie prime critiche.

Come nel 2020, il criticality assessment è stato accompagnato da un foresight report focalizzato su una serie di 15 tecnologie in 5 settori strategici: energie rinnovabili, mobilità elettrica, industria ad alta intensità energetica, tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) e tecnologie aerospaziali e per la difesa3. Pur con le inevitabili limitazioni, si tratta di uno spettro di settori piuttosto ampio che fornisce un quadro esaustivo sull’ecosistema industriale europeo.
Il report sviluppa due tipi di analisi: la supply chain analysis e la material demand forecast analysis. La prima analizza i colli di bottiglia e le vulnerabilità lungo l’intera catena di approvvigionamento (supply chain) delle tecnologie in studio, dalle materie prime fino alla tecnologia finale, mentre la seconda sviluppa scenari di evoluzione della domanda dei materiali necessari per la produzione di queste tecnologie.
Il concetto di fondo alla base della supply chain analysis è che le materie prime, pur fondamentali, sono soltanto il primo blocco di un’intera filiera che culmina con la tecnologia finale e che può presentare potenziali vulnerabilità anche a valle delle materie prime stesse. La supply chain analysis considera quindi tutti gli step che includono le materie prime, i materiali processati, i componenti, gli assemblaggi, i super-assemblaggi e i sistemi. La Figura 1 sottostante riporta una sintesi dei risultati della supply chain analysis4.

Anzitutto, non tutte le tecnologie presentano tutti i sei potenziali step della supply chain: la tecnologia finale, infatti, può essere allo step di assemblaggio, super-assemblaggio o sistema. Questo perché le diverse tecnologie sono caratterizzate da diversi livelli di complessità.
Il grafico indica gli step delle supply chain caratterizzati da vulnerabilità (bolla rossa) e quelli meno vulnerabili (bolla grigia). Complessivamente, il grafico evidenzia una generale vulnerabilità dell’ecosistema industriale europeo, dal momento che solo 17 bolle sono grigie su un totale di 70. Tuttavia, si può verificare che laddove la fase delle materie prime è sistematicamente critica per tutte le tecnologie (in questo step la quota dell’UE nella produzione mondiale raggiunge al massimo il 7%), la vulnerabilità dell’UE tende a diminuire lungo la supply chain, evidenziando una posizione mediamente più consolidata nella produzione delle tecnologie finali, benché non manchino le tecnologie (come le batterie o il solare fotovoltaico) in cui l’intera filiera presenta vulnerabilità.
Gli scenari di domanda futura sviluppati nel contesto material demand forecast analysis combinano tre fattori:
- L’espansione della tecnologia, che descrive l’evoluzione futura di un settore valutata sulla base ad esempio di scenari energetici (ad es. quanti gigawatt di energia eolica si vogliono installare o quanti veicoli elettrici si prevedono nel parco circolante ad una certa data) o attraverso tassi di crescita di un mercato.
- La quota di mercato, che descrive quale forma di tecnologia sarà adottata; questo è un aspetto fondamentale, perché esistono diverse configurazioni tecnologiche per i vari prodotti (ad es. turbine eoliche i cui generatori presentano o meno terre rare, oppure pannelli fotovoltaici a base di silicio o piuttosto realizzati con altri materiali più innovativi, ecc.).
- L’intensità materiale, che descrive la quantità di materiale necessaria per il singolo gigawatt eolico o il singolo veicolo elettrico, e così via.
Questi scenari consentono di fornire una stima della possibile domanda dei materiali per le diverse tecnologie al 2050. Questi valori andranno poi tipicamente confrontati con le forniture attuali del materiale in questione, in modo tale da fornire un’indicazione significativa sull’effettivo impatto di crescita della domanda. Per esemplificare, limitarsi a dire che la domanda per un certo materiale è pari a 100.000 tonnellate all’anno è insufficiente: se ad esempio parliamo di acciaio, essa è una quantità trascurabile nel contesto di un’industria che produce circa due miliardi di tonnellate annuali a livello globale; se parliamo di neodimio (la principale terra rara), esso rappresenta quasi quattro volte tanto l’attuale produzione annuale a livello globale. Chiaramente le due proporzioni forniscono due scenari assolutamente antitetici che – specie nel secondo caso – impongono delle scelte di politica industriale non banali per colmare le forniture o riorientare i propri investimenti tecnologici.
La svolta strategica dell’Ue a partire dai materiali critici
In questo contesto, è gradualmente emersa l’idea di un approccio più strategico all’interno dell’Unione Europea (si veda ad esempio il dibattito sull’autonomia strategica) che segna un passo in avanti anche culturale rispetto ad un approccio più giuridico-economico che ha storicamente caratterizzato le istituzioni comunitarie, tipicamente più focalizzate su accordi commerciali, assicurazione della libera concorrenza e così via.
Dopotutto, l’aspetto strategico di una politica economica viene prima delle – seppur determinanti – dimensioni più contabili o commerciali. L’intima relazione tra lo studio dei materiali critici e la svolta strategica dell’Unione Europea è derivata dal fatto che se l’UE non si assicurasse le forniture di materiali critici vi potrebbero essere diverse implicazioni sistemiche, quali ad esempio:
- vulnerabilità strategica;
- ripercussioni negative sociali ed ambientali;
- perturbazioni, se non interruzioni nelle filiere industriali;
- prezzi alti e volatili che differiscono ulteriormente la transizione energetica.
È questo nuovo approccio che ha portato alla proposta da parte della Commissione Europea del Critical Raw Materials Act e del Net-Zero Industry Act, per il quali il foresight report e il criticality assessment hanno costituito la base scientifica. Nel primo caso, l’obiettivo è assicurare un approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime critiche per l’industria europea. Per il secondo, l’obiettivo è aumentare la produzione di tecnologie pulite nell’UE, facendo sì che l’Unione sia ben attrezzata per la transizione verso l’energia pulita. Di nuovo, si sottolinea l’approccio olistico che non si limita alle materie prime critiche, ma riguarda l’intera filiera industriale fino alle tecnologie finali.
Il Critical Raw Materials Act introduce anche il concetto di materie prime strategiche, citato più sopra. Queste sono un sottogruppo di materie prime critiche – 17 su 34, quindi esattamente la metà – che sono
i) fondamentali per la transizione verde e digitale, nonché per i settori di difesa e spazio
ii) caratterizzate da una domanda futura che supera l’offerta(il riferimento concettuale è la material demand forecast analysis, descritta sopra).
Nella Tabella 1, che riporta le materie prime critiche e strategiche, nichel e rame sono evidenziate in maniera particolare perché sono due materie prime che tecnicamente non sarebbero critiche secondo la metodologia del criticality assessment (il supply risk non supera infatti la soglia critica), ma che sono state classificate ‘d’ufficio’ come strategiche (e quindi critiche) vista la loro straordinaria importanza.
Tra i vari provvedimenti o obiettivi fissati nel Critical Raw Materials Act, possiamo citare i seguenti target di capacità domestica che l’Unione Europea si fissa per le materie prime strategiche al 2030:
- almeno il 10% del consumo annuale per l’estrazione;
- almeno il 40% del consumo annuale per il processamento;
- almeno il 15% del consumo annuale per il riciclo.
Per la diversificazione della fornitura, l’obiettivo dell’UE è non dipendere da un singolo paese terzo per più del 65% del consumo annuale per ogni materia prima strategica. Si tratta di una sfida senz’altro probante se si pensa che attualmente questa percentuale è pari o prossima al 100% per molte materie prime, quali ad esempio alcune terre rare come disprosio e terbio (100% dalla Cina), boro (99% dalla Turchia), magnesio (97% dalla Cina).
Con il Net-Zero Industry Act, l’ambizione è di arrivare a produrre a livello domestico almeno il 40% del fabbisogno delle tecnologie pulite, dai pannelli fotovoltaici alle celle a combustibile fino alle batterie e la filiera dell’eolico, anche attraverso una semplificazione del quadro normativo.
A oggi, questi due provvedimenti sono al vaglio del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea, i due organi legislativi dell’UE.
In effetti, la transizione energetica dai combustibili fossili alle tecnologie rinnovabili si mostra sempre più una transizione di materiali. Questo fenomeno ha tre dimensioni fondamentali.
Il primo aspetto è legato al fatto che, in prima approssimazione e con le opportune limitazioni, le fonti energetiche rinnovabili (il vento, la radiazione solare, il moto ondoso, l’energia geotermica proveniente dal sottosuolo, ecc.) sono disponibili ovunque e sostanzialmente ‘rigenerate’ dal nostro ecosistema (e quindi gratuite), mentre le fonti fossili sono localizzate in aree specifiche della Terra e vanno estratte (e, come noto, sono tutt’altro che gratuite). In questo modo, l’attenzione passa dalla fonte energetica (petrolio, gas) agli impianti di conversione dell’energia rinnovabile.
Il secondo aspetto è che la densità energetica delle fonti rinnovabili – ossia la quantità di energia che si può estrarre da una singola unità di superficie su cui incide la radiazione solare, o su cui si raccoglie il vento, ecc. – è piuttosto bassa, il che impone la costruzione di impianti sempre più grandi per compensare la maggiore densità energetica degli idrocarburi.
Infine, laddove gli impianti energetici alimentati dall’energia fossile sono prevalentemente basati sull’acciaio, con le nuove tecnologie si passa a una moltiplicazione di materie prime, come le già citate terre rare per l’eolico, il silicio per il fotovoltaico, il litio, il cobalto e la grafite per le batterie, e così via.
Tutto ciò comporta una sempre maggiore attenzione sulle materie prime e le filiere tecnologiche a valle, e segnatamente sulla relativa sicurezza di approvvigionamento.
Il ruolo della Cina e le terre rare: il lato oscuro della transizione energetica
Nelle sezioni precedenti, si sono menzionate più volte le cosiddette ‘terre rare’. Queste sono un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica, precisamente scandio, ittrio e i 15 lantanoidi. Come riportato sopra, spesso si dividono tra terre rare leggere e pesanti in base al loro numero atomico. A dispetto del loro nome, si tratta di materiali relativamente abbondanti nella crosta terrestre, che tuttavia si trovano in concentrazioni ridotte, il che implica la movimentazione e lavorazione di enormi quantità di minerali per la loro estrazione. Le loro applicazioni sono molteplici, ma in particolare, grazie alle loro eccellenti proprietà elettromagnetiche, sono usate per la produzione di magneti permanenti, componenti essenziali per le turbine eoliche e per i motori dei veicoli elettrici, due tecnologie strategiche per la transizione verde.
La Cina si è guadagnata negli anni il quasi monopolio dell’intera filiera delle terre rare, a partire dall’estrazione fino alla produzione di magneti permanenti, passando per la raffinazione e l’alligazione5. Un aspetto interessante è che negli ultimi anni, la Cina ha allentato il proprio dominio della parte estrattiva, che oggi conta ‘solo’ un 60% a livello mondiale contro il quasi monopolio di una decina di anni fa (delegando soprattutto al Myanmar questa fase), mentre ha progressivamente rafforzato la propria posizione negli step più a valle (il 94% dei magneti permanenti è prodotto in Cina, contro il 75% di una decina di anni fa). Questa dinamica ha diverse ragioni: in primo luogo, l’estrazione di terre rare è un processo altamente impattante a livello ambientale; inoltre, la produzione di componenti e l’assemblaggio delle tecnologie hanno un maggiore valore aggiunto rispetto all’estrazione; infine, c’è un fondamentale aspetto strategico relativo al vantaggio nel garantirsi un controllo dell’intera filiera a valle della sola estrazione. L’idea di fondo è che, laddove ci sono normalmente più margini nell’individuare un altro fornitore della materia prima, è più difficile trovare attori che possano sviluppare la competenza tecnologica per crescere negli step più a valle della catena del valore.
Un dato interessante richiama questo concetto: nel 2021, l’UE ha avuto import netti per un totale di 145 milioni di euro di terre rare, contro più di un miliardo di euro di magneti permanenti. Lo stesso vale, con proporzioni diverse, anche in altri settori: si importano molti più pannelli di silicio rispetto al silicio metallico stesso; si importano soprattutto batterie per veicoli elettrici piuttosto che il litio necessario alla sua fabbricazione. Di nuovo, l’aspetto è duplice: la fornitura di materie prime e la capacità manifatturiera delle tecnologie, le due dimensioni affrontate dal Critical Raw Materials Act e del Net-Zero Industry Act.
L’Europa – intesa in senso geografico – è mediamente meno ricca di materie prime critiche e strategiche rispetto agli altri continenti, tuttavia non ne è affatto del tutto priva e, alla luce del contesto economico e geopolitico sopra tratteggiato, negli ultimi anni si sono rafforzati gli sforzi in campo estrattivo anche nel nostro continente. Ad esempio, giacimenti di terre rare sono stati recentemente individuati in Svezia e in Finlandia, e anche in Italia (precisamente in Sardegna)6. Tra i vari aspetti trattati, il Critical Raw Materials Act si propone di incentivare il settore estrattivo europeo, snellendo le procedure amministrative, supportando progetti e richiedendo agli Stati Membri di sviluppare programmi nazionali per l’esplorazione geologica delle risorse.
Chiaramente, l’apertura/riapertura di attività estrattive sul suolo europeo comporterà delicate questioni di carattere ambientale, con tutte le inevitabili implicazioni in termini di accettabilità sociale. Del resto, come notato sopra, la Cina stessa ha negli ultimi anni parzialmente ridotto la sua produzione domestica di terre rare in favore delle componentistiche esternalizzando gradualmente le attività estrattive ad altri Paesi anche per ridurre l’impatto ambientale di tali attività minerarie sul proprio territorio nazionale.
Dopo la sfida strategica e tecnologica, l’UE dovrà quindi affrontare una sfida sociale e ambientale, a cui si aggancia una sorta di dimensione morale, dal momento che, non di rado, il rifiuto di sviluppare una produzione mineraria domestica si traduce in importazioni di materie prime da paesi terzi dove gli standard ambientali e sociali sono marcatamente inferiori (si pensi ad esempio alle note questioni legate al lavoro minorile nelle miniere di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo).
Note
- Bastianin, A., Casoli, C. and Galeotti, M. (2023) The connectedness of Energy Transition Metals, Energy Economics, Nota di Lavoro 011.2023, Milano, Italy: Fondazione Eni Enrico Mattei
- La metodologia utilizzata per la valutazione della criticità è descritta in dettaglio nel seguente report: G. A. Blengini, D. Blagoeva, J. Dewulf, C. Torres de Matos, C. Baranzelli, C. Ciupagea, P. Alves Dias, Y. Kayam, C. E. L. Latunussa, L. Mancini, S. Manfredi, A. Marmier, F. Mathieux, V. Nita, P. Nuss, C. Pavel, L. Talens Peirò, E. Tzimas, B. Vidal-Legaz, D. Pennington, M. Grohol, A. Van Maercke, L. Godlewska, S. Solar, Methodology for establishing the EU list of Critical Raw Materials, Publications Office of the European Union, Luxemboug, 2017.
- S. Carrara, S. Bobba, D. Blagoeva, P. Alves Dias, A. Cavalli, K. Georgitzikis, M. Grohol, A. Itul, T. Kuzov, C. Latunussa, L. Lyons, G. Malano, T. Maury, Á. Prior Arce, J. Somers, T. Telsnig, C. Veeh, D. Wittmer, C. Black, D. Pennington, M. Christou, Supply chain analysis and material demand forecast in strategic technologies and sectors in the EU – A foresight study, Publications Office of the European Union, Luxembourg, 2023
- Le tecnologie analizzate, in ordine dall’alto verso il basso, sono: batterie agli ioni di litio, celle al combustibile, elettrolizzatori, turbine eoliche, motori per la trazione elettrica, solare fotovoltaico, pompe di calore, riduzione diretta del ferro alimentata a idrogeno, reti di trasmissione di dati, archiviazione dati e server, smartphone, tablet e laptop, stampa 3D, robotica, droni, lanciatori spaziali e satelliti.
- R. Gauß, C. Burkhardt, F. Carencotte, M. Gasparon, O. Gutfleisch, I. Higgins, M. Karajić,A. Klossek, M. Mäkinen, B. Schäfer, R. Schindler, B. Veluri, Rare Earth Magnets and Motors: A European Call for Action. A report by the Rare Earth Magnets and Motors Cluster of the European Raw Materials Alliance, Berlin, 2021.
- https://formiche.net/2022/09/metalli-critici-giacimento-budduso-sardegna/