Lo sviluppo della crescita, tra Latouche e Raworth

La Milano Digital Week ha fornito interessanti spunti sul tema della crescita: il PIL è uno strumento obsoleto per misurare la crescita?

Autore

Irina Gardini, Giulia Iacovissi

Data

6 Dicembre 2022

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5' di lettura

DATA

6 Dicembre 2022

ARGOMENTO

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Introduzione 1

È sbagliato affermare che l’obiettivo ultimo dell’economia è la crescita? Non completamente, dato che è un paradigma sociale che si ripete da quasi 200 anni, con il PIL mondiale più che quadruplicato dal 1870 ad oggi.

La limitatezza dell’obiettivo ‘crescita’ sorge quando riconosciamo che vi sono molteplici aspetti della società considerati fondamentali, ma non necessariamente legati alla crescita economica, tra cui la disuguaglianza, la povertà e il degrado ambientale. Crescere indefinitamente non è possibile, dal momento che ci troviamo ospiti in un pianeta dalle risorse finite.

A partire da queste riflessioni, dal 10 al 14 novembre si è tenuta la Milano Digital Week, intitolata proprio ‘Lo sviluppo dei limiti’, per riprendere, modificando, il famoso rapporto del club di Roma ‘I limiti dello sviluppo’ (MIT, 1972). I numerosissimi eventi del palinsesto ci hanno fornito diversi spunti, che si concretizzano in quest’articolo, che ha come intento l’approfondimento del concetto di limite così come quello della misurazione della crescita economica. 

Nello specifico, sostituendo l’obiettivo della crescita economica con quelli di qualità e prosperità della vita, il presente articolo propone due pensieri alternativi e complementari, che sono stati costruiti proprio intorno al concetto di limite: da un lato la decrescita di Serge Latouche, dall’altro l’economia della ciambella di Kate Raworth. 

Serge Latouche

Economista e filosofo di origini francesi, Serge Latouche è noto in quanto promotore di una prospettiva economica alternativa, la cosiddetta ‘decrescita’. È professore emerito di Scienze economiche all’Università di Paris-Sud (Orsay) e autore di diversi libri, in particolare La scommessa della decrescita (2007) e Limite (2012). Ed è proprio su quest’ultimo libro che ci si vuole soffermare. 

Ritrovare il senso dei limiti

Attraverso le pagine del suo libro, il filosofo ci propone una visione che si oppone nettamente a quella preponderante nella società in cui viviamo, ovvero la continua necessità di superare i nostri limiti – di qualsiasi tipo essi siano. 

Non vi sono più limiti, infatti, nella produzione, nel consumo, nello sfruttamento delle risorse. L’illimitatezza, «la crescita per la crescita» è quanto critica Latouche. Ciò non porterebbe ad altro che un inesorabile declino dell’intera umanità. Per scongiurare tutto ciò, è necessario ritrovare il senso del limite, che risulta essere il concetto chiave della ‘decrescita’.

I sette limiti

Tra le pagine del suo libro, Latouche categorizza i limiti che caratterizzano l’umanità odierna, costantemente impegnata a superarli e a lasciarseli alle spalle: 

  • Geografici
  • Politici
  • Economici
  • Culturali 
  • Ecologici
  • Epistemici
  • Morali 

Particolarmente interessanti, ai fini di questa riflessione, risultano i limiti ecologici, epistemici e morali. 

In primis, i limiti ecologici non sono tanto definiti dalla natura stessa (le cui risorse sarebbero potenzialmente illimitate, senza l’interferenza umana), quanto piuttosto dalla nostra capacità di sfruttare l’infinitezza del cosmo. Latouche afferma che «Noi non distruggiamo il pianeta, ma soltanto il nostro ecosistema, […]. Indifferente ai nostri eccessi, la Terra continuerà a seguire il suo destino dopo la nostra scomparsa». Questo accade perché l’uomo utilizza, senza porsi limiti, le risorse naturali non rinnovabili ed inoltre, nonostante la crescente attenzione verso un mondo più sostenibile, ad oggi non si può di certo affermare che vi sia un’inversione di tendenza rispetto alle attività che distruggono l’ambiente in cui viviamo.

Tra i limiti che caratterizzano l’umanità, Latouche riconosce anche quello della conoscenza. Secondo l’autore, al giorno d’oggi, accresce nelle persone la presunzione del sapere. La voglia di sapere tutto e di saper fare tutto, senza sforzarsi di comprendere realmente. Contesta quindi la pretesa di illimitatezza della conoscenza. Secondo lo scrittore, infatti «Il rifiuto dei limiti della conoscenza è strettamente legato […] al sogno di onnipotenza», per far così diventare l’uomo un homo deus. Per superare i propri limiti fisici ed intellettuali, l’uomo si serve della scienza. Attraverso essa saremmo in grado di risolvere tutto. Latouche, chiaramente, ritiene tutto ciò un’utopia e afferma quasi con disprezzo che «L’uomo pretende di ricreare il mondo meglio di quanto hanno fatto Dio e la natura».

In ultima analisi, il filosofo analizza i limiti morali, mettendo in contrapposizione phrònesis (prudenza) e hybris (dismisura). L’uomo occidentale, secondo Latouche, è attratto dall’eccesso, che si tramuta nella voglia di crescere sempre di più. La prudenza era la virtù morale degli uomini del passato, infatti come afferma l’autore di Limiti «Tutte le civiltà hanno cercato di limitare la dismisura, di controllarla, senza riuscirci, ma provandoci, mentre quella occidentale è l’unica ad aver incoraggiato la dismisura».

Alla luce delle considerazioni fatte sui limiti che caratterizzano la vita degli uomini, il filosofo infine propone come unica soluzione l’ ‘auto-limitazione’, che ci permetterebbe di poter condurre una vita felice e frugale. 

Kate Raworth 

Kate Raworth è una economista inglese e senior associate presso l’Environmental Change Institute dell’Università di Oxford, nota soprattutto per il suo libro L’economia della ciambella.

L’economia della ciambella

Nel suo libro, Raworth pone delle basi alternative per uno sviluppo sostenibile. La Raworth infatti spiega in modo chiaro e scientifico come adottare un’ottica di crescita che non arrechi eccessivi danni alla Terra. Il punto di partenza è riconoscere che l’obiettivo della teoria economica mainstream è uno, ovvero quello di crescere. Il problema emerge nel momento in cui riusciamo a riconoscere che vi sono aspetti della società che sono considerati fondamentali ma non sono necessariamente legati alla crescita economica: disuguaglianze, povertà e degrado ambientale.

La sua trattazione economica teorizza l’esistenza di due confini: un confine interno che riguarda le dimensioni sociali e un confine esterno, relativo ai limiti ambientali. Tra questi due confini, si estende un’area circolare a forma di ciambella, in cui lo sviluppo sostenibile è possibile, che viene definita sicura per l’ambiente e socialmente giusta per l’umanità. 

L'economia della ciambella: grafico

Figure 1: Fonte: Duegradi

Nel dettaglio:

  • Il confine interno di dimensione sociale implica che una società stabile dovrebbe garantire a tutte le persone la disponibilità delle risorse di base (cibo, acqua, assistenza sanitaria ed energia) in modo tale che i diritti umani vengano pienamente rispettati. 
  • Il confine esterno, riguardante il rispetto dell’ambiente, racchiude il messaggio che l’uso delle risorse naturali da parte dell’uomo non dovrebbe porre sotto stress i processi naturali della Terra.

Il benessere umano deriva dunque dal degno mantenimento delle risorse e dal soddisfacimento delle necessità dei singoli individui e delle esigenze fondamentali alla base di una vita dignitosa e meritocratica; qualora si andasse oltre questi confini, si realizzerebbero le condizioni di privazione umana e di degrado ambientale.

Esiste dunque un tetto all’uso delle risorse, oltre cui il degrado ambientale diventa inaccettabile e pericoloso per l’intera umanità; ugualmente, esiste un limite interno al prelievo di risorse, al di sotto del quale emerge una privazione umana deleteria.

Sette passi per il cambiamento

Il paradigma proposto da Kate Raworth è il seguente:

  • Primo, cambiare l’obiettivo: nella società attuale, il PIL è sempre stato la principale misura del progresso a livello nazionale e globale, giustificando così estreme diseguaglianze nel reddito e nella ricchezza. È necessario un cambiamento radicale su questo fronte, ovvero creare economie che permettano di prosperare in equilibrio e fuori dallo schema capitalista.
  • Secondo, vedere l’immagine complessiva: ancora una volta, è fondamentale ridisegnare le basi e le relazioni dell’economia, nonché stimolare nuove narrative.
  • Terzo, coltivare la natura umana: andare oltre il ritratto dell’homo economicus e dipingere piuttosto l’uomo nel suo essere sociale, interdipendente, fluido nei valori e dipendenti dal mondo vivente. 
  • Quarto, acquisire comprensione dei sistemi: in altre parole, fare nostro il pensiero sistemico, con la sua complessità e dinamicità; è necessario dunque andare oltre le curve di domande e i rifornimenti di mercato.
  • Quinto, progettare per distribuire: a differenza dell’interpretazione dietro la curva di Kuznets, secondo cui la disuguaglianza è una necessità economica, la disparità si pone piuttosto come un errore di progettazione. Si devono porre le basi per economie più distributive riguardo al valore che generano.
  • Sesto, creare per rigenerare: sorpassare la visione dell’ambiente ‘pulito’ come bene di lusso, che solo i benestanti possono permettersi. Ancora una volta, a differenza di quanto affermato dalla curva ambientale di Kuznets, il degrado ecologico è semplicemente il risultato di una progettazione industriale degenerativa. L’economia non deve essere lineare, bensì circolare per restituire agli esseri umani il ruolo di partecipanti a pieno titolo ai processi ciclici della vita sulla Terra.
  • Settimo, essere agnostici riguardo alla crescita: abbandonare la crescita del Pil come obiettivo centrale. L’economia mainstream vede la crescita infinita dell’economia come un obbligo, ma niente in natura cresce per sempre e il tentativo di opporsi a questa tendenza sta sollevando questioni serie nei paesi ad alto reddito ma a bassa crescita. Oggi abbiamo economie che hanno bisogno di crescere, che ci facciano prosperare o meno: quello di cui abbiamo bisogno sono economie che ci facciano prosperare, al di là del fatto che crescano o meno. 

A che punto siamo, tra sette limiti e sette passi?

Sicuramente la situazione non è delle migliori. La nostra società tenta continuamente di sfondare i limiti descritti da Latouche, andando così ben oltre la circonferenza esterna della ciambella, con impatti ambientali sempre più ingenti e sempre meno sanabili. C’è un urgente bisogno di cambiare il modo consolidato in cui opera il sistema politico ed economico. In particolare, occorre smettere di vedere la natura come fonte inesauribile di risorse da sfruttare, ed abbracciare la consapevolezza dei confini ecologici e biofisici globali che descrivono i sistemi naturali della Terra. La sfida attuale riguarda il creare economie il cui scopo è prosperare in equilibrio, nell’ottica di miglioramento della qualità e prosperità della vita.

Note

  1. Le autrici ringraziano Ilenia Gaia Romani per i preziosi consigli
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