La verità sul Fantasma Formaggino

Autore

Andrea Bellati

Data

31 Ottobre 2024

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TEMPO DI LETTURA

5' di lettura

DATA

31 Ottobre 2024

ARGOMENTO

PAROLE CHIAVE


Archeologia

Storia

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Nel 1910 un cacciatore orientale di nome Ördek scoprì per caso un antico cimitero, sepolto sotto una duna sabbiosa nella Regione Autonoma dello Xinjiang, Cina Occidentale, nei pressi di quel che restava del bacino prosciugato di un grande lago salato. Anni più tardi, nel 1934, l’anziano Ördek accompagnò alla duna misteriosa una spedizione di archeologi svedesi. Per ringraziare il cacciatore, gli svedesi chiamarono Necropoli di Ördek l’eccezionale sito archeologico. Oggi la necropoli è anche nota come Cimitero di Xiaohe, cioè il ‘Cimitero del Piccolo Fiume’. Il Cimitero di Ördek, a questo punto possiamo cambiare l’ordine degli addendi che tanto il risultato non cambia, risale all’Età del Bronzo; conserva 330 sepolture e altrettante mummie, la più antica ha 4.000 anni. Tra queste mummie ve n’è una strabiliante trovata nel 2006: è una giovane donna talmente ben conservata e con i lineamenti così delicati da meritare il nome di Principessa di Xiaohe. È morta 3.800 anni fa ma porta ancora lunghi capelli rossi, ondulati e folti e poi ha ciglia sensuali, pelle chiara e labbra socchiuse sopra due file di denti perfetti: una manna per il necrofilo. La mummia della Principessa, così come tutte le altre, è ben vestita, avvolta in un mantello di lana, indossa una gonna, stivali foderati di pelliccia e un copricapo di feltro, simile a un moderno e pesante berretto da sci. Il clima estremamente asciutto e il sale mescolato alla sabbia hanno disseccato rapidamente i corpi sepolti tra due pesanti assi di legno, preservando miracolosamente i tratti somatici e l’intero corredo funerario di tutte le mummie.

Capelli rossi… La Principessa non è l’unica mummia con i capelli rossi, anzi, la necropoli conserva individui addirittura biondi e con la pelle molto chiara. Non si tratta di una conseguenza del processo di mummificazione, la gente che viveva da quelle parti era diversa, non aveva un aspetto orientale. Analisi genetiche hanno stabilito che i corpi sepolti a Xiaohe appartenevano a gente di origine europea: una popolazione occidentale nel cuore della Cina in piena Età del Bronzo. Antichi documenti cinesi attestano che laggiù vivevano persone pallide, con gli occhi azzurri e folte capigliature e barbe fulve. Che ci facessero lì degli europei ancora non è proprio chiaro.

Nell’ottobre 2003, lo Xinjiang Cultural Relics and Archaeology Institute ha avviato una nuova campagna di scavi e uno studio approfondito delle mummie. Sul volto e sul collo dei corpi di Xiaohe, gli archeologi hanno prelevato una misteriosa sostanza: una strana mistura biancastra spalmata sulla pelle che il tempo ha reso cerosa e friabile. Grazie all’analisi del DNA, il gruppo di ricerca ha scoperto tracce di latte vaccino e caprino unito a materiale genetico appartenente ai microrganismi, batteri e lieviti, utilizzati nella produzione del formaggio. Cioè, era formaggio, prima dell’inumazione, sul corpo dei defunti fu spalmato del formaggio. Un’usanza mai riscontrata, né prima, né altrove. Con che tipo di formaggio accompagnare una mummia? Gli antichi abitanti di Xiaohe scelsero il kefir, un formaggio fresco a base di latte fermentato originario del Caucaso Settentrionale. Si ottiene aggiungendo al latte i ‘grani di kefir’, una combinazione di batteri e lieviti che fermentano il lattosio, lo zucchero del latte, trasformando il bianco alimento in una crema leggermente acida e frizzante, con la consistenza di uno yogurt da bere. La scoperta è molto interessante, non solo perché rappresenta una stranezza archeologica, ma anche perché getta una nuova luce sull’origine di questo formaggio liquido. Forse il kefir non era originario del Caucaso, come si è sempre creduto, ma era già conosciuto in Cina, prodotto e consumato nella regione dello Xinjiang durante l’Età del Bronzo.

Ma perché glassavano i cadaveri con il formaggio? Probabilmente il latte era centrale nell’alimentazione di quelle persone e il formaggio rappresentava un dono prezioso da offrire ai defunti. Il kefir è ricco di probiotici, proteine e vitamine, ed è noto per i suoi benefici per la salute intestinale e il sistema immunitario. Benefici che però non riguardavano le mummie. La ricerca, i cui risultati sono pubblicati sulla prestigiosissima rivista scientifica Cell, è interessante per un altro paio di motivi. Il primo, gli autori sostengono di aver scoperto il formaggio più antico del mondo ma si sbagliano di grosso, l’alimento che per tradizione deve chiudere ogni pasto è ben più antico. Una teoria generalmente ritenuta plausibile afferma che la scoperta del formaggio fu accidentale e risalirebbe addirittura a 8.000 anni fa, quando i primi allevatori di capre e pecore conservavano il latte delle stesse negli stomaci degli agnelli. Il caglio ancora presente nei tessuti gastrici avrebbe fatto coagulare il latte trasformandolo in una specie di ricotta.

Il secondo motivo riguarda la cucina e le tradizioni gastronomiche cinesi: in Cina il formaggio non c’è. O meglio, ci sono fermentati vegetali, come il tofu che è ottenuto dal ‘latte’ di soia, ma non esistono formaggi di latte animale. Eppure il formaggio era presente nell’alimentazione di quelle antiche popolazioni cinesi. Come mai? Che fine ha fatto il kefir delle mummie di Xiaohe? 

Gli uiguri sono una popolazione di religione islamica che parla una lingua derivata dal turco e che vive proprio nella Regione Autonoma dello Xinjiang. Una etnia di origine indoeuropea che porta in sé le tracce genetiche delle persone sepolte nel Cimitero di Xiaohe. Gli uiguri, insieme ai mongoli e ai tibetani, sono gli unici a consumare latte e formaggio in Cina. Queste minoranze nomadi mangia-formaggio vivevano ai margini ed erano considerate barbare dalla maggioranza Han, il più grande gruppo etnico del mondo per numero di individui: gli Han costituiscono circa il 92% della popolazione cinese e il 20,52% dell’intera popolazione mondiale. Quindi il formaggio era ritenuto cibo per i poveri, un pregiudizio che si è tramandato per generazioni fino a oggi. Gli Han, prevalentemente agricoltori stanziali, preferivano ricavare proteine dalla soia con il tofu. C’è poi una ragione fisiologica: nel Sud-est asiatico il 90 per cento degli adulti è intollerante al lattosio, quindi latte e derivati sono un veleno per la maggior parte dei cinesi. Gli umani occidentali e africani sono gli unici mammiferi che si nutrono di latte anche dopo l’infanzia. La lattasi è l’enzima che consente di digerire il lattosio, nei mammiferi scompare con l’infanzia, ma una buona parte dell’umanità, quasi tutta europea e africana, porta una mutazione genetica che permette la produzione di lattasi anche in età adulta. Perché beviamo latte e da quanto tempo? Bovini, ovini e caprini sono stati addomesticati circa 10.000-12.000 anni fa. Ricercatori inglesi hanno scovato tracce di latte su antichi cocci di vasellame appartenenti ai primi allevatori di vacche, capre e pecore. Studi genetici hanno dimostrato che questi primi allevatori erano intolleranti al lattosio e che la capacità di digerire il latte si è diffusa in Europa 4.000-5.000 anni fa. Insomma, tanto ma non tantissimo tempo fa. Una persona in salute, ma intollerante al lattosio, ha problemi intestinali se beve latte. Problemi sgradevoli ma non mortali. Problemi che però possono aggravare le condizioni di una persona intollerante che sta già male per altri motivi. Le carestie, le pestilenze, le guerre hanno premiato la capacità di digerire il latte. Quando il cibo era scarso, il latte diventava un alimento importante, anche se faceva stare male. Chi nasceva per caso tollerante, cioè chi produceva lattasi anche da adulto, aveva una possibilità in più per mangiare. Chi era sano ma intollerante aveva qualche dolore di pancia ma sopravviveva. Chi era malato o indebolito dalla fame moriva. Così, un evento drammatico dopo l’altro, digerire il latte diventò un vantaggio. Almeno dalle nostre parti.

Quando sciogliamo il formaggio, il grasso intrappolato tra le proteine del latte diventa cremoso, avvolge la lingua e il palato, appaga i nostri sensi. Ecco perché ci piace tanto la mozzarella filante sulla pizza. La mozzarella, più forte di ogni pregiudizio, sta conquistando i cinesi. In Cina, il numero di pizzerie è aumentato significativamente negli ultimi anni, grazie alla crescente popolarità della pizza. Solo la catena Pizza Hut conta oltre 1.100 punti vendita nel paese. Oltre alle grandi catene, esistono numerose pizzerie indipendenti, specialmente a Pechino e a Shanghai. Peccato che in Cina si sia persa l’abitudine di spalmare formaggio sui defunti. Bello pensare alla mozzarella in carrozza. Funebre.

Buona Festa dei Morti.

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