Collassi epocali, cambia l’interpretazione

Rileggere oggi i grandi ‘collassi’ globali – le guerre, l’urbanizzazione, la dimensione interiore e l’abbandono della natura - per modificarne le scelte interpretative.

Autore

Paolo Perulli

Data

5 Agosto 2024

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5 Agosto 2024

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Nel passaggio al mondo mutato di inizio XXI secolo, segnato dalla comparsa di guerra, crisi climatica e pandemia, è utile individuare quattro ‘collassi’, che sono delle ‘cadute’ (dal latino classico collapsus, ‘cadere’)1, cioè momenti cruciali di attraversamento. Essi sono: il collasso del globo, del tempo, della persuasione di sé, della verità. Nel seguito si elaborerà una possibile risposta a ciascuno di essi. Proponendo un cambiamento di parametri. Per salvare il pianeta e soprattutto noi stessi, abitanti del pianeta, occorre infatti una drastica revisione dei parametri che hanno guidato il mondo negli ultimi due secoli.

Guerra/pace

Il collasso della verità è oggi segnato dalla guerra: essa stabilisce la verità, la decisione finale. Il primo parametro da cambiare riguarda pertanto la guerra e la pace. Il precipizio è stato varcato due volte nel XX secolo, nel 1914 e nel 1939, tutto è stato detto dopo di allora, eppure ci avviciniamo a un nuovo salto nel vuoto. Si rischia di confermare la profezia di Tocqueville: «Vi sono due cose che un popolo democratico farà sempre con grande fatica: cominciare una guerra e finirla»2. L’uomo democratico che Tocqueville per primo analizza, cioè un’aggregazione di individui indipendenti, insofferenti d’ogni influenza, ma isolati e deboli per il dissolvimento dei vincoli gerarchici3, si è oggi pienamente affermato: per questo uomo democratico la guerra è qualcosa di incomprensibile perché non appartiene ai giochi dello scambio di mercato, bensì alla volontà di potenza degli Stati. Eppure, la società di massa oscilla sempre tra le istituzioni rappresentative democratiche e il potere di uno solo. I regimi democratici rappresentativi producono un governo oligarchico in cui la rappresentanza ha soppiantato la democrazia anziché servirla4. I regimi autocratici si basano sul potere di un capo. Quindi la guerra prodotta da regimi autocratici, e la pace resa possibile da regimi democratici sono in uno stato di perenne oscillazione. Anzi oggi prevale nel mondo – nonostante le previsioni di Max Weber – il potere basato sulla ‘tradizione’ (regimi teocratici: Iran, Israele etc.) e sul ‘carisma’ (tiranni populisti: Putin, Xi, Modi, Trump etc.), rispetto a quello ‘legale-razionale’ delle democrazie: di qui la nuova esplosione di guerre. L’uomo democratico è impotente davanti alla guerra, perché non vede o sottovaluta la necessità di una dimensione politica superiore alle logiche del mercato. Così l’Occidente, e l’Europa in particolare, ha prima riportato il mercato nella ex-Unione Sovietica con il risultato di creare un’oligarchia economico-politico-militare che sostiene il regime putiniano. Poi, a seguito dell’invasione russa della Crimea (2014), ha continuato a comperare il gas russo fino all’aggressione dell’Ucraina (2022). Il diritto internazionale assiste impotente (come nel 1938?), incapace di sanzionare l’aggressore5

Questa stessa impotenza riguarda le crisi climatiche, che sono vissute come inesorabili dal singolo cittadino e inevitabili da un’azione collettiva sentita come impossibile: l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite è oggi off the track, fuori rotta, secondo la stessa ONU, con la parziale significativa eccezione dell’Unione Europea (se saprà perseguire il Green New Deal). Cambiare i parametri significa, nel duro confronto in corso per la supremazia – territoriale marittima aerea e nel cyberspazio – come nella grande crisi climatica che impegnano l’intera umanità, fare un salto di scala dalla logica individualista-nazionalista dell’amico/nemico (mors tua vita mea) a una relazionista-globalista che prepari una visione planetaria (ci si salva soltanto insieme). 

Urbanizzazione/crescita

Il secondo collasso riguarda lo spazio-tempo che si è compresso (ogni cosa è più vicina, ogni cosa avviene in modo istantaneo) e insieme dilatato (ogni fenomeno si sposta a scala globale). Un parametro da cambiare è quindi quello che proclama l’equivalenza tra ‘urbanizzazione planetaria’ e ‘crescita economica’. Chi vuole crescere deve urbanizzare, questa la ricetta che ha dominato il mondo prima in Occidente (Europa, Nord America) poi in America Latina, infine in Oriente e nei Sud del mondo (Cina, India, Africa). Tutti i continenti si stanno urbanizzando senza limiti. Gli allarmi sulla urbanizzazione del mondo sono stati tardivi e sostanzialmente sono caduti nel vuoto. In Asia e Africa si annunciano città da 100 milioni di abitanti: in testa il regime cinese che prepara una Pechino megalopoli, ad alta intensità tecnologica e rivolta a modificare i comportamenti individuali, con il controllo sociale mediante le tecnologie digitali e il punteggio sociale per ciascun abitante, la censura sulla rete, «la dittatura dentro a ogni segmento della società»6.

Le diseconomie di questo modello di crescita sono evidenti: emissioni, inquinamento, congestione, tempi di trasporto, qualità della vita, consumo di risorse come suolo e acqua. Eppure, l’urbanizzazione planetaria è stata considerata l’inevitabile prodotto del capitalismo: già in Karl Marx questa profezia è chiaramente espressa. Ripresa da Henri Lefebvre, è oggi divulgata da Neil Brenner. 

Scriveva Marx7 che l’aumento della produttività, equivalente a un macchinario che non gli costa nulla, è per il capitale rappresentato dalla divisione del lavoro e dalla sua combinazione nel processo produttivo: ma esso presuppone lavori su larga scala. Anche il potenziale scientifico (quello che noi chiamiamo ‘lavoro creativo’) non costa nulla al capitale, fatti salvi i contributi che pagherà a preti, professori e uomini di cultura. Infine, l’aumento della popolazione è una di queste forze produttive che non costano nulla al capitale. 

Quindi il capitale per crescere deve urbanizzare, per utilizzare il potenziale scientifico deve sfruttare gratis i creativi, per svilupparsi deve far crescere a dismisura la popolazione mondiale. È una corsa senza freni.

Sin qui Marx. Eppure, la divisione mondiale del lavoro ha nel frattempo prodotto enormi diseconomie (aumento dei costi di trasporto dei beni intermedi, allungamento delle catene globali del valore, inevitabili strozzature nella logistica mondiale). Da parte sua, il lavoro creativo sempre più richiede i propri diritti di proprietà (nei confronti dell’Intelligenza artificiale), riconoscimenti che il capitale non sembra disposto a concedere. Infine, l’aumento della popolazione mondiale rappresenta un costo insostenibile per la futura società planetaria. Le inchieste delle Nazioni Unite degli anni 1970-80 già mostravano che la grande maggioranza dei governi riteneva ‘estremamente inaccettabile’ la distribuzione spaziale della popolazione: per ragioni di efficienza (i costi per fornire infrastrutture e servizi crescono in modo sproporzionato oltre una certa soglia di popolazione), di equità (si creano dualismo e dipendenza tra centri e periferie) e di squilibrio (i vantaggi non si diffondono dalle grandi alle piccole città)8.

In quella legge marxiana è contenuta l’idea che la concentrazione del lavoro nello spazio, l’urbanizzazione, la creatività siano fattori necessari e gratuiti per capitale. Anche il plusvalore relativo che viene dalle macchine ne richiede la concentrazione spaziale: ieri nella fabbrica fordista, oggi nella sua riproduzione in paesi dei Sud del mondo (come la Cina, il Vietnam, l’Indonesia etc.) e negli enormi server che alimentano l’economia digitale nei paesi sviluppati. L’economia dello scambio privato, diffondendosi ovunque, dissolve le forme primitive di comunità e la proprietà comune dei beni, dei commons. Questo parametro va oggi rovesciato: ma come e da parte di chi, se il capitale è la forza sociale dominante e tutto il mondo – come è avvenuto in Cina dopo il 2001 – è ormai ‘dentro il capitale’9?

Esterno/interno

Il terzo collasso riguarda la soggettività. La dimensione interiore era al centro della rivoluzione illuminista, kantiana della ragione. Eppure, l’avvenuta sottomissione del globo è stata guidata da una conoscenza rivolta ’all’esterno’, applicata alla utilizzazione pratica verso il mondo (dalla sottomissione dello spazio alla sottomissione al rischio, al debito). In entrambi i casi essa non è volta all’accrescimento interiore, personale. Qui cambiare parametro significa liberare il globo dalla sottomissione che noi gli abbiamo imposto, una imposizione che risale addirittura a Prometeo10. Egli ha inventato per l’uomo ogni tecnica di estrazione e di sfruttamento – e per questo viene punito da Zeus! – e dopo di lui così ha fatto ogni ‘creativo’ fino a Steve Jobs, primo connettore universale. Sempre pensando di liberare l’uomo, è prevalsa l’altra faccia oscura della tecnologia, che è quella della sottomissione, della dipendenza, dell’alienazione. Ci sono alternative? Goethe nel Faust, l’altro grande ‘proto-creativo’ anch’egli punito per la sua smania di conoscere, lo fa infine rinunciare alla trasformazione demoniaca del mondo e immaginare una possibile società futura che nelle nuove terre veda milioni di uomini vivere uniti e liberi. «Io amo colui che vive per la conoscenza e vuole conoscere» esclama Nietzsche, così mostrando la possibile direzione da seguire. Non la conoscenza per dominare ciò che è ‘esterno’ a noi, ma quella rivolta al proprio ‘interno’, alla cura di sé e al benessere di ciascuno (che non equivale al consumo). Qui un possibile incontro va segnalato tra il pensiero europeo della conoscenza e quello orientale dell’armonia, che, nel taoismo, ha visto nella relazione tra gli opposti, Yin e Yang, la base della vita armoniosa. L’analogia tra l’Anima e lo Yin, tra gli archetipi del pensiero occidentale e quelli del pensiero cinese e indiano, era stata colta da Jung11. È stata però attrazione di breve durata (si pensi a Schopenhauer e Heidegger in dialogo con il pensiero orientale) che si è poi risolta nella ancor più dura ‘sottomissione del globo’ perseguita in Oriente dal capitalismo di Stato cinese del XXI secolo12

Civilizzazione/Natura

Il quarto collasso ci porta al collasso del globo. La sua radice sta nell’abbandono della Natura al nostro assoluto, illimitato sfruttamento. Se per Jung Anima è «progressivo distacco dalla natura», allora anche qui occorre pensare a un rovesciamento, a cambiare parametro. Se per civilizzare dobbiamo domare la Natura, allora il parametro della civiltà va cambiato. Esso è stato usato dal diritto internazionale europeo per due secoli (XVIII-XIX e inizio del XX secolo) per legittimare il dominio dei popoli civilizzati su quelli non civilizzati, e sulla natura come bene di consumo da trasformare. Questo passato continua nella politica estrattiva odierna dell’Occidente e dell’Oriente, in Africa, in Asia, negli oceani, perfino nello spazio privatizzato dall’ ‘astrocapitalismo’. La Natura come parametro indipendente da noi non si è ancora affermato, salvo nella Gaia di pochi autori come I. Stengers e B. Latour. Anzi esso è esplicitamente negato, non solo dal negazionismo climatico ma dalle grandi potenze mondiali. La Cina non si limita a cambiare il proprio spazio interno secondo il peggior modello di urbanizzazione, ma persegue la nuova Via della Seta, investe in Africa per l’estrazione, la fornitura di energia e il trasporto di materie prime dai porti africani alla Cina, e partecipa al più grande progetto idrico del continente, la Renaissance Dam dell’Etiopia. Nei primi due decenni del XXI secolo la Cina ha versato sopra i suoi fiumi più cemento di qualunque altra nazione nella storia13. L’India da parte sua si sta urbanizzando a un ritmo crescente in ragione dello sviluppo demografico, tra 15 anni la sua popolazione sarà cresciuta di altri 330 milioni di persone. Al di là delle stupidità giornalistiche contenute nell’idea di ‘Cindia’, i due colossi asiatici sembrano andare in direzioni assai diverse, contendendosi il primato dei Sud del mondo: capitalismo politico di stato cinese vs. nazionalismo induista. In entrambi i modelli, il peggioramento delle condizioni ambientali è assicurato14. In America Latina, la deforestazione è aumentata per anni, anche se Brasile e Colombia ne hanno ora ridotto il ritmo (in Brasile del -22% nel 2023, dopo la rielezione di Lula). La coscienza ecologica avanza lentamente, ma nelle nuove generazioni assai più che nelle vecchie élite. I Sud del mondo15 potranno sviluppare una diversa epistemologia: basata sul ‘paesaggio’ (foresta, animalità, etc.), sulla capacità umana di fare tutto con quel poco che si ha a disposizione, sull’economia della ‘relazionalità’, sulla ‘destituzione’, sull’uso diverso delle categorie che ‘indeterminandole’ le sappia ‘liberare’. Si tratta di una prospettiva per ora minoritaria, ma che potrà diventare quanto meno ‘minore’ (nel senso usato da Deleuze e Guattari: la possibilità di fare della propria lingua un uso minore, il saper creare un divenir-minore). 

Note

  1. F. Merlini, Introduzione al Colloquio Mundaneum, Il mondo mutato, sabato 6 aprile 2024, Monte Verità, Ascona (in corso di pubbl.).
  2. A. de Tocqueville, La democrazia in America, Milano, Bur 1982.
  3. A. de Tocqueville, Viaggio in America Stati Uniti e Canada 1831-32, a cura di Umberto Coldagelli, Humboldt Books. Milano, 2022.
  4. Come dimostra magistralmente nel suo ultimo scritto (del 2017) A. Pizzorno, Pitkin. Rappresentanza e popolo sovrano, in id., La maschera dei classici, Laterza, Bari-Roma, 2023.
  5.  Il mutamento di significato della guerra e La guerra con i moderni mezzi di annientamenti sono capitoli da rileggere del grande libro (del 1950) di C. Schmitt, Il Nomos della Terra, Adelphi, Milano 1991.
  6. A. Berrini, Metropoli d’Asia, EDT, Torino, 2022.
  7.  K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, La Nuova Italia, Firenze, 1970, p. 483.
  8. O. Mathur, Changing paradigms of Urbanization: India and beyond, CSEP, Haryana (India), 2024.
  9. P. Sloterdijk, Il mondo dentro il capitale, Meltemi, Roma, 2006.
  10.  Mi si permetta di rinviare il lettore al mio Anime creative. Da Prometeo a Steve Jobs, Il Mulino, Bologna, 2024.
  11.  J. Hillman, Anima, Adelphi, Milano, 1989.
  12. A. Amighini nel Colloquio Mundaneum, cit. e A. Aresu, Il dominio nel XXI secolo, Milano, Feltrinelli, 2023.
  13. G. Boccaletti, Acqua. Una biografia, Mondadori, Milano, 2022.
  14. Per la Cina, vedi i lavori di Amighini e di Aresu, cit. Per l’India K.S. Sridhar, The suburbanization of population and jobs in India’s cities: Trends and causes, Oxford University Press (in corso di pubbl.).
  15.  C. Boano nel Colloquio Mundaneum, cit.
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