Crescita verde e capitale naturale

Sulla base del Comprehensive Wealth Approach, un’analisi che confronta il livello di attenzione per l’ambiente (greenness) dei diversi Paesi del Vecchio Continente.

Autore

Anil Markandya, Suzette Pedroso-Galinato

Data

6 Maggio 2025

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6' di lettura

DATA

6 Maggio 2025

ARGOMENTO

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La crescita verde è una crescita che non danneggia l’ambiente1 ed è un obiettivo politico di tutti i Paesi. Ma come si calcola questo tipo di crescita? Il lavoro più completo sul tema è quello realizzato dal Global Green Growth Institute di Seul2 ed è basato su un indice composito che calcola la somma ponderata di 36 indicatori per quattro dimensioni della crescita: uso efficiente e sostenibile delle risorse, protezione del capitale naturale, opportunità economiche verdi e inclusione sociale. Gli indicatori sono tarati sugli obiettivi di sostenibilità degli Sdgs, degli Aichi Biodiversity Targets e dell’Accordo di Parigi sul clima.

Pur trattandosi di una misura molto efficiente per confrontare il livello di attenzione per l’ambiente (greenness) raggiunto nel tempo dai diversi Paesi, l’indice è uno strumento complesso che solleva una duplice questione: quale aspetto del cambiamento economico e sociale ne sottende la valutazione? I pesi utilizzati per ottenere l’indice composito riflettono le reali priorità?

Si potrebbe misurare la crescita verde anche in modo più semplice, ma meno completo, valutando se sia avvenuta senza perdite di valore da parte dell’ambiente o del capitale naturale, tema ampiamente studiato negli ultimi anni3. In letteratura esistono infatti diverse definizioni di capitale naturale. Una di queste è quella dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico4, che definisce il capitale naturale come l’insieme degli asset naturali che fornisce le risorse e i servizi ambientali per la produzione economica. Secondo un’altra definizione, il capitale naturale corrisponde alla somma attualizzata del valore delle rendite generate nel corso della sua vita5

Analizzeremo le variazioni del capitale naturale nei Paesi europei sulla base del Comprehensive Wealth Approach (Cwa)6. Questo metodo, basato sul valore attuale netto (Van) e sulle rendite dei servizi, calcola il reddito netto attribuibile ai servizi ecosistemici. I servizi valutati sono il legname, alcuni servizi forestali esclusi quelli relativi al legname (prodotti diversi dal legname, caccia, pesca, attività ricreative e protezione dei bacini idrici), biomasse agricole e i servizi derivati dalle aree protette7. I dati includono molte componenti del capitale naturale, ma sono ancora incompleti; in particolare, non considerano i servizi più ampi forniti dagli ecosistemi marini (a parte la pesca). A tutti i flussi futuri viene applicato un tasso di sconto del 4%, ma la vita del bene sul quale vengono proiettati i flussi dei servizi varia in funzione dei servizi stessi.

I dati del Cwa sono relativi al periodo compreso tra il 1995 e il 2018 e forniscono delle stime per quasi tutti i Paesi del mondo. Per stabilire se un Paese abbia vissuto una crescita verde confrontiamo la variazione del capitale naturale del periodo con la variazione della produzione nazionale misurata in termini di prodotto interno lordo (Pil). Sia il capitale naturale, sia il Pil sono valutati in dollari costanti e il Pil di ciascun Paese è convertito in dollari statunitensi utilizzando un tasso di cambio a parità del potere d’acquisto (Ppp, Purchasing Power Parity). Il requisito minimo per la crescita verde è che il valore del capitale naturale non scenda, ma si può andare oltre: un percorso di crescita verde può essere quello in cui si registra un aumento del capitale naturale, e tanto maggiore sarà l’aumento rispetto alla variazione del Pil, tanto più verde (presumibilmente) sarà stato il percorso. La Figura 1 indica quattro possibili combinazioni di crescita del Pil e del capitale naturale. Quando sono entrambi positivi si può dire che il Paese è in una fase di crescita verde. Quando il Pil aumenta ma il capitale naturale si riduce, la crescita è insostenibile. Quando il Pil scende insieme al capitale naturale, il Paese vive un declino economico e ambientale. È inoltre possibile che il capitale naturale aumenti e il Pil diminuisca. Non abbiamo trovato riscontri in tal senso, ma se si verificassero indicherebbero un declino economico e un miglioramento ambientale.

Nell’analisi abbiamo innanzitutto confrontato i dati sulla variazione del capitale naturale con la variazione del Pil per alcuni Paesi europei. Le variazioni si riferiscono al periodo 1995-2018 (ventitré anni, un periodo sufficientemente lungo per seguire le tendenze di entrambi gli indicatori). L’area geografica scelta per l’analisi è l’Europa. L’elenco dei 35 Paesi considerati è riportato nella Tabella 1.

Figura 1 – Crescita economica e capitale naturale

Tabella 1: Elenco dei Paesi selezionati

AustriaGreciaPortogallo
BelgioUngariaRomania
Bosnia ed ErzegovinaIslandaFederazione Russa
BulgariaIrlandaRepubblica Slovacca
CroaziaItaliaSlovenia
CiproLettoniaSpagna
Republica CecaLituaniaSvezia
DanimarcaLussemburgoSvizzera
EstoniaMaltaTurchia
FinlandiaPaesi BassiUcraina
FranciaNorvegiaRegno Unito
GermaniaPolonia

La Figura 2 indica le variazioni percentuali del Pil e del capitale naturale nel periodo. Secondo questa interpretazione della crescita, 23 dei 35 Paesi valutati hanno vissuto un periodo di crescita verde, mentre quelli in cui si è riscontrata una riduzione del capitale sono: Cipro, Repubblica Ceca, Regno Unito, Ungheria, Islanda, Lussemburgo, Romania e Repubblica Slovacca. I cinque Paesi che hanno registrato il maggior incremento di capitale naturale per ogni percentuale di crescita sono la Croazia, seguita da Germania, Slovenia e Grecia. La Figura 3 classifica i Paesi in base al grado di greenness della crescita.

Figura 2 – Crescita del Pil e del capitale naturale in Europa (1995-2018)

Figura 3 – Grado di greenness della crescita in Europa  (1995-2018)

L’analisi è utile come retrospettiva sui risultati ottenuti in quasi un quarto di secolo e sarebbe opportuno eseguirla nel tempo, magari su base decennale, sebbene presenti alcune lacune. In primo luogo, e soprattutto, la valutazione del capitale naturale è incompleta. In secondo luogo, la stima del Pil non è una misura accurata del valore dei beni e dei servizi nell’ambito economico. Per quanto riguarda il primo punto, la valutazione del capitale naturale non include tutte le sue componenti; sono infatti quasi del tutto esclusi gli ecosistemi marini. Inoltre, non tiene conto del fatto che le emissioni di gas serra (Ghg) riducono la capacità dell’atmosfera di controllare il clima. Per quanto riguarda la misurazione del Pil, i limiti dell’analisi sono stati esaminati in uno studio recente del Sistema di Contabilità Economica Ambientale delle Nazioni Unite (UN System of Environmental Economic Accounting, Seea8). Le aree non considerate dall’analisi includono il lavoro non retribuito e una serie di servizi ecosistemici, come la protezione dalle tempeste, l’isolamento dell’anidride carbonica ecc.

Non siamo in grado di includere tutti questi aspetti, ma un tema importante che possiamo affrontare è quello del costo delle emissioni di gas serra. Come già detto, le emissioni riducono il capacità globale dell’atmosfera di mantenere un clima stabile. Ogni tonnellata di gas serra emessa ha un costo stimato, che viene definito costo sociale del carbonio (Social Cost of Carbon, Scc). I valori del Scc si basano sui costi attualizzati derivanti da una tonnellata di CO2 nel lungo periodo e sono quindi sensibili al tasso di sconto adottato. Più elevato è il tasso di sconto, minore sarà il valore attribuito ai costi futuri e minore sarà il valore attuale scontato dei costi. I valori attualizzati aumentano anche nel tempo perché i costi salgono con l’incremento dei livelli di gas serra nell’atmosfera.

Per tracciare la perdita di questa parte del capitale naturale è stata eseguita una stima aggiustata della variazione per ogni Paese, sottraendo il valore dei gas serra emessi nel periodo 1995-2018 dalla variazione del capitale naturale stimato secondo Lange9. Per definire quest’ultimo valore sono state considerate le stime del Scc, tenendo conto della correzione di questi valori da parte del governo americano10. Sulla base di una revisione di diversi modelli di stima dei danni, il documento indica un range di 11-52 dollari/tonnellata di CO2 nel 2015, che sale a 16-76 dollari/tonnellata di CO2 nel 203011 (in US$ 2007). Questi valori sono stati convertiti in prezzi in dollari del 2019 e attualizzati utilizzando due tassi di sconto (3% e 5%) nei calcoli riportati di seguito12.

Le Figure 4 e 5 illustrano rispettivamente il rapporto tra le variazioni del capitale naturale e la crescita del Pil per i tassi di sconto del 5% e del 3%. Le Figure 6 e 7 riportano le misure corrispondenti di crescita verde.

Figura 4 – Crescita del Pil e del capitale naturale in Europa corretto per i gas serra (Scc al 5%), 1995-2008

Utilizzando un tasso di sconto del 5% per calcolare l’Scc, sette dei 35 Paesi avrebbero una crescita verde. In ordine crescente di greenness si tratta di: Lettonia, Lituania, Finlandia, Slovenia, Norvegia, Svezia e Croazia. Tutti gli altri hanno un aumento negativo del capitale naturale. Con un tasso di sconto del 3%, solo la Svezia riesce a entrare nella categoria della crescita verde.

I dati che misurano la crescita verde, contabilizzando anche i gas serra, evidenziano alcune variazioni interessanti rispetto ai dati che non li considerano. Mentre prima l’Italia si classificava con un valore negativo basso e la Germania vicino al valore massimo, ora entrambi i Paesi sono in fondo alla classifica. Anche Francia e Spagna scendono nella classifica di greenness. Le modifiche indicano che questi Paesi sono stati meno attivi rispetto agli altri nel migliorare la loro efficienza in termini di emissioni di carbonio.

Figura 5 – Crescita del Pil e del capitale naturale in Europa corretto per i gas serra (Scc al 3%), 1995-2008

Figura 6 – Greenness della crescita in Europa con gas serra e Scc al 5% 

Figura 7 – Greenness della crescita in Europa con i gas serra e Scc al 3%

Discussione

Esiste una ricca letteratura sulla crescita verde e su come realizzarla, ma poco viene fatto per verificare se il percorso di crescita sia effettivamente green. Questo saggio si propone di fare questa valutazione utilizzando i dati sulle variazioni del capitale naturale raccolti di recente dalla Banca Mondiale. Nell’ultimo quarto di secolo, molti Paesi europei hanno aumentato il loro stock di capitale naturale, ottenendo contemporaneamente un aumento significativo del Pil. Da questo punto di vista il quadro è piuttosto positivo. Non tutti i Paesi, tuttavia, hanno raggiunto questo obiettivo e alcuni hanno emesso gas serra che non sono stati contabilizzati nei calcoli di variazione del capitale naturale della Banca Mondiale. Se valutati in base al costo sociale del carbonio, il quadro appare molto meno positivo. Solo pochissimi Paesi potrebbero affermare di aver vissuto un periodo di crescita verde. Nei prossimi anni sarà importante monitorare i progressi della crescita green, tenendo conto delle modifiche del capitale naturale incluse in questa valutazione e, se possibile, estendendo la valutazione alle componenti del capitale naturale tuttora escluse.

La prossima fase del nostro lavoro prevedrà l’analisi delle ragioni che determinano le differenze nella crescita verde e la verifica delle eventuali implicazioni politiche. Le indagini saranno estese anche ad altre parti del mondo.

Note

  1. D.W. Pearce, A. Markandya, E.B. Barbier. Blueprint for a Green Economy, Earthscan Publications, London 1989.
  2. L.A. Acosta, P. Maharjan, H. Peyriere, L. Galotto, R.J. Mamiit, C. Ho, B.H. Flores, O. Anastasia, Green Growth Index: Concepts, Methods and Applications, GGGI Technical report n. 5, Green Growth Performance Measurement (GGPM) Program, Global Green Growth Institute, Seul 2019.
  3. S. Managi, P. Kumar (a cura di), Inclusive Wealth Report 2018. UN Environment Programme, 2018 (https://www.unenvironment.org/resources/report/inclusive-wealth-report-2018); G.M. Lange, Q. Wodon, K. Carey (a cura di), The Changing Wealth of Nations 2018: Building a Sustainable Future, World Bank, Washington DC 2018.
  4. OECD, Glossary of statistical terms, 2005 (https://stats.oecd.org/glossary/detail.asp?ID=1730).
  5. G.M. Lange, Q. Wodon, K. Carey (a cura di), op. cit.
  6. World Bank,  The Changing Wealth of Nations 2021: Managing Assets for the Future, Washington 2021 (http://hdl.handle.net/10986/36400).
  7. Le stime risultanti di ricchezza (per Paese) sono disponibili all’indirizzo web: https://datacatalog.worldbank.org/dataset/wealth-accounting.
  8. Ncaves e Maia, Monetary valuation of ecosystem services and ecosystem assets for ecosystem accounting, United Nations Department of Economic and Social Affairs, Statistics Division, New York 2022.
  9. G.M. Lange, Q. Wodon, K. Carey (a cura di), op. cit.
  10. US Government, Technical Support Document: Technical Update of the Social Cost of Carbon for Regulatory Impact Analysis under Executive Order 12866. Interagency Working Group on Social Cost of Carbon, United States Government, 2013.
  11. Questi valori sono delle medie a seconda del tasso di sconto utilizzato. Il limite inferiore è il risultato di un tasso di sconto del 5%, mentre il limite superiore è il risultato di un tasso di sconto del 2,5%. È possibile ottenere un range molto più ampio, a seconda delle ipotesi sui costi.
  12. I valori di Scc sono stati estesi fino al 1995, effettuando una stima log-lineare basata sui valori del rapporto del governo americano.
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