I cambiamenti climatici rappresentano una delle principali cause della variazione degli areali delle produzioni agricole, con un generale calo complessivo delle produzioni a livello globale, consequenziale agli hazard derivanti1. L’area del Mediterraneo non fa eccezione, in considerazione delle diverse tendenze delineate dai modelli climatici rispetto a diversi scenari. La regione Emilia-Romagna, posta latitudinalmente al limite settentrionale dell’area del mediterraneo e caratterizzata da un’agricoltura eterogenea, ad alto valore aggiunto e prima in Europa per prodotti con denominazione di origine (44 tra DOC e IGP), ha già iniziato a subire questi effetti. In risposta, essa ha in parte adattato i metodi e le tecniche di coltivazione, variando la scelta colturale da parte delle imprese agricole del territorio. In particolare, fenomeni come l’alternanza tra piogge intense e prolungati periodi di siccità, in uno scenario tendenziale di aumento delle temperature, le quali a loro volta inaspriscono prolungate fasi senza pioggia, sono i principali driver del cambiamento climatico in atto, senza considerare altri effetti avversi come forti grandinate e gelate tardive. La limitata sperimentazione nella valutazione e mappatura di vulnerabilità e rischio legati agli impatti del cambiamento climatico in aree rurali e prettamente agricole, ha reso necessaria la definizione di un percorso ad hoc, a partire dalla metodologia generale proposta dall’IPCC2. L’applicazione di questo metodo sull’intero territorio regionale consente di discutere su alcuni risultati derivanti dalle analisi effettuate, in particolare rispetto ai cambiamenti che il variare del regime delle precipitazioni e delle temperature possono comportare per alcune aree chiave del territorio emiliano-romagnolo.
Il metodo di analisi
Il metodo di analisi utilizzato, come accennato precedentemente, è basato sulla concettualizzazione del modello del rischio dell’IPCC rispetto ai cambiamenti climatici, riportato di seguito in figura.

Il concetto di ‘vulnerabilità’ ha subito un’evoluzione significativa nel tempo, sia nelle definizioni degli elementi che la compongono, sia nel processo pratico per la valutazione del territorio. Possiamo tuttavia definirla, come dichiara l’IPCC3 «la propensione o predisposizione ad essere influenzati/affetti in modo negativo da un impatto», ed è composta da due elementi principali: la sensitività o suscettibilità a un danno e la capacità di adattamento allo stesso.
Il rischio, elemento finale indagato in questa analisi, viene invece definito come «il valore dato alle conseguenze di un evento, dove qualcosa di valore è in gioco e il risultato è incerto». Il rischio è solitamente rappresentato come la probabilità che un evento accada, oppure un trend pericoloso moltiplicato per gli impatti, qualora tali eventi o trend accadano. Pertanto, il rischio è la risultante dell’interazione tra la vulnerabilità, l’esposizione e il pericolo. Come si può dedurre dallo schema in figura 1, la vulnerabilità costituisce, insieme all’esposizione (exposure) e alla sorgente di pericolo (hazard), uno degli elementi costitutivi del ‘rischio’, pertanto la valutazione e relativa mappatura della vulnerabilità è funzionale all’individuazione e mappatura del rischio.
La definizione di diversi layer cartografici ha permesso di ‘territorializzare’ i fenomeni relativi all’innalzamento della temperatura e alla variazione del regime delle precipitazioni e in particolare la vulnerabilità e il rischio connessi con queste ultime, le quali presentano la struttura in fig.24.

Per una valutazione della vulnerabilità e del conseguente rischio, connessi con scenari di diverso regime pluviometrico, ovvero un regime alterato dagli impatti del cambiamento climatico e stimato negli scenari al 2050 elaborati dall’Agenzia Regionale Prevenzione Ambiente Emilia-Romagna (ARPAE), si è partiti dalla valutazione delle componenti della vulnerabilità, intesa come il prodotto tra la sensitività, ovvero la sensibilità rispetto al fenomeno, e la capacità adattiva, intesa come il livello di resilienza dell’area a tale hazard. In base alla pendenza del terreno indicata dal Digital Terrain Model (DTM)5, sono state elaborate due diverse mappature della vulnerabilità, una relativa al ristagno idrico e una riferita al dilavamento. Come facilmente intuibile, infatti, i terreni pianeggianti sono soggetti al ristagno idrico, mentre le aree in pendenza, in caso di incremento delle piogge, presentano una maggiore vulnerabilità ai processi di dissesto e dilavamento dei terreni. Superato questo step, per calcolare il rischio complessivo, ambedue le mappature della vulnerabilità sono state moltiplicate per la medesima esposizione, per cui è stato necessario prendere in considerazione l’esposizione del territorio rurale della Regione Emilia-Romagna rispetto al fenomeno trattato, che nel caso della fig.2 è dato da piogge elevate e concentrate in periodi temporali molto limitati. Per la realizzazione di queste mappature, utili per un’analisi del rischio su scala regionale, è stata creata una matrice dentro la quale confluiscono i differenti layer utilizzati ed elaborati secondo una struttura a maglia costituita da celle con lato di 1 km.
Tutti i valori delle variabili in ingresso in tali operazioni relative a ogni singolo layer sono state normalizzate come numeri nell’intervallo da 0 a 1 secondo l’algoritmo riportato come segue:
((‘X’ -minimum (‘X’))/(maximum(‘ X’)-minimum(‘ X’)))
L’esito di questa operazione ha prodotto, rispetto a ogni stagione per cui si configurano diversi andamenti dei regimi delle precipitazioni, mappature come la seguente (fig. 3), che è relativa al solo periodo invernale:

Non è stato invece possibile applicare tale modello in toto in relazione al fenomeno dell’aumento delle temperature, ma è stato considerato lo scenario più probabilistico derivante dal modello climatico di ARPAE sulla base di dati interpolati da diverse centraline presenti nel territorio emiliano-romagnolo come elemento di sensitività, mentre come elemento di esposizione si è considerato il dato riguardante la presenza delle colture e la loro tolleranza rispetto a un trend di temperature in crescita in diverse stagioni dell’anno, studiando le relative conseguenze circa la loro capacità produttiva.
Le conseguenze nei territori rurali emiliano romagnoli
La combinazione di tali dinamiche ha consentito di elaborare, per diversi ambiti di una regione vasta ed eterogenea come l’Emilia-Romagna, considerazioni rispetto alle tendenze dei territori rurali in essi presenti e alle colture che li caratterizzano. Si riportano alcuni esempi rispetto ad aree caratteristiche come: gli ambiti dei seminativi irrigui della pianura e della viticoltura specializzata, ambedue nell’area a ovest dell’Emilia-Romagna, e quello della frutticoltura specializzata, ovvero l’area agricola inscrivibile tra Imola e Cesena.
Seminativi irrigui di pianura (Nord-ovest)
All’interno del contesto preso in considerazione, si evidenzia uno scenario di crescita delle temperature medie, in particolare durante i mesi estivi, che potrebbe generare un maggiore fabbisogno idrico e una variazione delle colture prevalenti, sia nella zona piacentina, caratterizzata prevalentemente da un paesaggio di seminativi irrigui6, che in quella parmense, caratterizzata invece maggiormente da colture foraggere. Oltre a questo trend di temperature in aumento, anche le precipitazioni nel periodo estivo dovrebbero subire un sostanziale decremento, determinando estati più calde e secche. In relazione, invece, a un rischio per le colture agricole legato agli allagamenti derivanti da maggiori precipitazioni durante le stagioni dell’autunno e dell’inverno, i territori più esposti al rischio sono quelli compresi nelle aree limitrofe ai nuclei di Piacenza e Parma che, soprattutto nelle aree di frangia periurbana, sono caratterizzati da coefficienti di infiltrazione bassi e un sistema di deflusso sfavorevole, in particolare per la relativa condizione orografica e per l’alta incidenza percentuale di aree impermeabili.
In uno scenario tendenziale contraddistinto da temperature medie più elevate e precipitazioni più scarse nel periodo estivo, sia un sistema agricolo produttivo votato alla coltivazione di seminativi irrigui sia un sistema di produzione agricola basato sulle foraggere irrigue (le quali richiedono un impiego notevole di acqua per la relativa coltivazione soprattutto nei periodi estivi) possono essere messi più facilmente in crisi. Con l’aumento delle temperature generalizzato, ma in particolar modo accentuato nelle suddette aree, si dovrebbe porre una particolare attenzione a proposte di adattamento del territorio rurale all’impatto del caldo eccessivo prefigurando, oltre alla creazione di invasi per la raccolta di acqua meteorica durante le stagioni autunnali e invernali, anche misure di rafforzamento della copertura arborea mediante l’inserimento di siepi e filari o la trasformazione dei seminativi in seminativi arborati. Questi elementi permetterebbero, inoltre, di migliorare la capacità di assorbimento di carbonio lavorando pertanto anche sul tema della mitigazione. Considerando la necessità di mantenere nel territorio la presenza delle colture foraggere per l’alto valore aggiunto per il comparto economico delle stesse, è comunque da scoraggiare la lavorazione profonda dei terreni a esse adibiti, che risultano essere grandi riserve di carbonio organico nel panorama emiliano-romagnolo, elemento importante non solo in funzione di mitigazione del cambiamento climatico, ma anche per la sua funzione adattativa rispetto a prolungati periodi di siccità alternati con forti precipitazioni meteoriche7.
Viticoltura specializzata di collina (appennino ovest)
All’interno del contesto rurale, coltivazioni legnose come i vigneti, alternati a superfici boschive ed elementi stabili del paesaggio, rappresentano il pattern principale di quest’area che è l’unica area emiliano-romagnola per cui, tramite i dati previsionali forniti da ARPAE, si indica un sostanziale decremento delle precipitazioni nell’arco di tutte le stagioni dell’anno, anche nel periodo autunnale e invernale.
Pur riscontrando per quest’area – unica nel contesto – un decremento futuro delle precipitazioni, la metodologia evidenzia un rischio più alto rispetto ai fenomeni congiunti di dilavamento e di allagamento da piogge nelle aree alle pendici delle quinte collinari, porzioni generalmente contraddistinte da coltivazioni di cereali autunno-vernini.
L’innalzamento medio delle temperature, previsto per il contesto collinare, potrebbe determinare una caratterizzazione ancora più accentuata del contesto viticolo, ai danni della presenza di colture residuali che potrebbero essere più inficiate dalle ondate di calore estivo in particolar modo negli ambiti più prossimi alla pianura, con previsioni di temperature mediamente più alte. Le colture foraggere, a causa delle più elevate temperature in aree di pianura, potrebbero avere un incremento, poiché in situazione meno vulnerabile.
Frutticoltura specializzata (sud-est)
In riferimento al rischio riguardante fenomeni di allagamenti indotti da una modifica del regime delle precipitazioni, il territorio di riferimento si caratterizza come maggiormente a rischio nelle aree limitrofe alla via Emilia, in particolare attorno a Imola e Cesena, dove l’elevato grado di impermeabilizzazione dei suoli (anche in ambito rurale) e l’adiacenza alle prime quinte collinari Romagnole, contribuiscono in particolar modo a far aumentare il grado di sensitività dell’area. Inoltre, l’elevata presenza di colture ad alto valore aggiunto, anche più sensibili alla permanenza di acqua sul terreno, come per esempio i frutteti, e una capacità di infiltrazione dei suoli limitata, aumentano il rischio complessivo a causa di una maggiore sensitività e un maggior valore delle colture in gioco.
Gli scenari rispetto alle temperature tendenziali sono in linea con il contesto emiliano-romagnolo, prevedendo un generale trend in aumento specialmente durante le stagioni estive, in particolar modo nell’area a ridosso delle aree urbane più significative. L’aumento generalizzato delle temperature invernali risulta essere un elemento di disturbo notevole rispetto alle colture frutticole di pregio che caratterizzano la zona, sia per una necessità delle stesse di periodi di freddo più lunghi, sia per la maggior vulnerabilità alle gelate tardive8, in particolar modo per colture come le drupacee, molto presenti nell’area in questione9.
Conclusioni
Gli esempi riportati sono solo alcuni tra i più significativi rispetto ai luoghi della produzione emiliano-romagnola, la quale sarà modificata dalla repentina azione dei cambiamenti climatici e dai processi di adattamento. Gli imprenditori agricoli metteranno in campo azioni per contrastarli e garantire una sostenibilità economica delle proprie aziende, anche a discapito delle produzioni tradizionali, delle filiere e dei paesaggi ad esse associate.
Se nell’ambito delle azioni di contrasto agli impatti del cambiamento climatico è sempre stata attribuita una maggiore priorità agli interventi nelle aree urbane poiché più densamente popolate e con una posta in gioco più elevata, nel prossimo futuro sarà importante sostenere anche azioni mirate sul territorio rurale che non è uniformemente soggetto allo stesso modo agli hazard sopra esposti ma è bensì contraddistinto da zone maggiormente a rischio rispetto ad altre.
Proprio la comprensione di dove gli impatti dei cambiamenti climatici produrranno un rischio maggiore per i territori rurali può diventare un elemento cardine in grado di strutturare le strategie di indirizzo delle politiche di settore come il Complemento di programmazione per lo Sviluppo Rurale10 (CSR). L’integrazione di analisi di questo tipo all’interno di tali politiche, come ad esempio una maggiore importanza dei criteri di selezione e di preferenza delle misure di questi strumenti, potrebbe rappresentare un passo importante in termini di efficienza ed efficacia.
Infine, lo studio e la conoscenza degli impatti del cambiamento climatico nelle aree rurali può e deve suggerire politiche di gestione territoriale appropriate, volte sicuramente alla riduzione del consumo di suolo, all’uso efficiente dell’acqua e alla gestione ecosistemica dei territori, che dovranno adattarsi e adeguarsi ai cambiamenti in atto.
Note
- IPCC, Climate Change 2014 impacts, Adaptation and Vulnerability: Part A: Global and Sectoral Aspects: Working Group II Contribution to the fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change, Cambridge University Press, Cambridge, UK.
- Idem
- Idem
- Per una spiegazione più dettagliata rispetto all’elaborazione dei dati e al reperimento degli stessi all’interno delle piattaforme regionali si rimanda a G. Di Giustino, A. Bonora, K. Federico, M. Reho e G. Lucertini, Spatial Analysis of the Vulnerability to Flooding in the Rural Context: The Case of the Emilia Romagna Region, in “Atmosphere”, vol. 13, n. 8, 2022
- Un DTM (Digital Terrain Model) rappresenta l’andamento della superficie del suolo senza gli elementi antropici e vegetazionali
- P. Huybers e EE. Butler, Adaptation of US maize to temperature variations, in “Nature Climate Change”, n.3, pp. 68-72, 2013.
- E.J. Gonzalez-Sanchez, O. Veroz-Gonzalez, G. Conway, M. Moreno-Garcia, A. Kassam, S. Mkomwa & R. Carbonell-Bojollo, Meta-analysis on carbon sequestration through Conservation Agriculture in “Africa’ Soil and Tillage Research”, 190, 2019, pp. 22-30.
- F. Zinoni, G. Antolini e V. Marletto, Valutazione del rischio da gelata tardiva, in: CRPV, Centro Ricerche Produzioni Vegetali (a cura di), Previsione e difesa dalle gelate tardive – Risultati del progetto DIsGELO, Notiziario Tecnico CRPV n. 70, 2004 e F. Zinoni, G. Antolini, Le gelate tardive: genesi e previsione, in “Il Divulgatore. Calamità naturali: strumenti tecnici e finanziari a sostegno delle produzioni”, Calderini, Bologna, 2004, pp. 19-24.
- N. Valentini, G. Me, F. Spanna e M. Lovisetto, Chilling and heat requirement in apricot and peach varieties, in “Acta Hortic”, 636, 199-203, 2004
- Lo sviluppo rurale costituisce il secondo pilastro della politica agricola comune (Pac), finanziato dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr)