Transizione energetica e stoccaggio

Lo stoccaggio è il tassello cruciale per superare il prossimo inverno di fronte ai rischi geopolitici e ambientali.

Autore

Sergio Vergalli

Data

31 Ottobre 2023

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4' di lettura

DATA

31 Ottobre 2023

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28 febbraio 2018. Al calar della sera, l’incessante sciabordio delle onde si frange sulla scogliera. Il suono ripetuto sembra scavare il silenzio della roccia. Il faro rischiara saltuariamente il cupo incedere delle onde. Il suo bagliore talvolta risplende e luccica, rispecchiandosi sulla neve che copre copiosa la spiaggia. Sulle nostre teste il cielo argentato lastricata di nubi. E, tutto intorno, un vento gelido che sferza ed arrossa il volto. Siamo a Santander, in Spagna. E la temperatura è circa -8°C rispetto alla media. Una tessera del puzzle della transizione energetica. 

Nel febbraio-marzo 2018, tutta l’Europa venne colpita da un freddo eccezionale, denominato Burian, il vento forte e gelido proveniente dalla Siberia. Esso causò una drammatica caduta della colonnina di mercurio ed un aumento della domanda di gas. L’Italia e altri paesi d’Europa, dotati di ampie riserve di stoccaggio, riuscirono ad assicurare il soddisfacimento della domanda, mentre l’Inghilterra fu costretta a dichiarare lo stato di emergenza e a interrompere la fornitura gas ai clienti industriali.

In quell’anno, il consumo totale di gas in Italia fu pari a 72,6 miliardi di mc, in linea con la media degli altri anni (75,1 nel 2019, 69,7 nel 2020 e 74,1 nel 2021), tuttavia subì forti variabilità giornaliere, dovute al clima incerto. In particolare nei giorni del Burian, in cui si registrò un picco. La copertura della domanda di punta venne assicurata per il 3,6% dalla produzione nazionale, per il 60,3% dalle importazioni tramite gasdotto, per il 9,1% dalle importazioni di GNL e per ben il 27% dal sistema di stoccaggio che si confermò, come in altre occasioni, un elemento essenziale del sistema, in modo da garantirne flessibilità e gestire i picchi. Senza lo stoccaggio probabilmente l’Italia avrebbe dovuto agire come altri Stati, imponendo un repentino razionamento. Ma come funziona, esattamente? E quali sono le implicazioni economiche?

Quando il gas viene estratto, esso viene, il più delle volte, trasportato per lunghissimi viaggi fino a destinazione. In alcuni casi esso viaggia all’interno di un tubo, come per il gas proveniente in Europa dalla Siberia. In altri casi giunge a destinazione attraverso navi metaniere, come avviene per il GNL che proviene dal Qatar. E poi cosa succede? Una parte di questo gas viene immesso in rete, distribuito e consumato. La parte rimanente viene stoccata, cioè reimmessa nel sottosuolo. Quasi sempre, viene pompato nei vecchi giacimenti, ora esausti. È il posto migliore dove iniettarlo perché a suo tempo avevano contenuto gas e quindi si ha la certezza che siano in grado di adempiere al loro compito. In seconda battuta si ha la necessità di avere degli enormi bacini di deposito. In Italia si può raggiungere una capacità massima di 18 miliardi di mc, mentre in Germania si aggira attorno a 23 miliardi di mc. Il più grande impianto al mondo con serbatori cilindrici interrati è presso la città di Volketswil, in Svizzera e la loro dimensione non è lontanamente paragonabile a depositi di tipo naturale. 

Quindi si spende denaro per estrarre il gas, per trasportarlo (in alcuni casi anche liquefarlo) e poi lo si rimette nuovamente nel sottosuolo. Non è un processo inefficiente? In realtà tutta questa procedura è complessa e costosa ma permette di comprare due proprietà con un elevato valore economico: la sicurezza energetica e la flessibilità per garantire che la domanda sia soddisfatta. Lo stoccaggio è un po’ come il frigorifero della dispensa in cui accumuliamo cibo per l’inverno e per una eventuale visita inaspettata. In un caso gestiamo un rischio previsto per la stagione fredda, nel secondo caso gestiamo un rischio quotidiano. Quando consumiamo poco (in estate o perché quel giorno non avevamo ospiti) mettiamo cibo in dispensa; quando invece fa freddo e abbiamo bisogno di calorie, andiamo in cantina e prendiamo le nostre riserve. Più è grande e piena la dispensa e maggiore è la nostra copertura dai rischi. Lo stoccaggio di fatto segue queste dinamiche: la fase di iniezione del gas nel giacimento, che avviene nel periodo primaverile-estivo (tra il 1° aprile e il 31 ottobre), e la successiva fase di erogazione autunnale-invernale (dal 1° novembre al 31 marzo dell’anno seguente). In questo momento sia l’Italia che la Germania hanno stoccato entrambe circa il 64% della capacità totale. In Italia l’operatore principale è Stogit (Snam) che ha capacità per circa 17 mld. Il secondo operatore è Edison con circa 1mld di capacità. Sommando il loro stoccaggio, in data odierna, siamo a circa 12 mld di mc. Una parte è dedicata alla gestione regolare dei flussi per equiparare domanda e offerta, una seconda parte, pari a 4,5 mld, costituisce la componente strategica, non immediatamente utilizzabile. L’obiettivo dichiarato del Governo è arrivare a circa il 90% della capacità, circa 17 mld, in grado di garantire autonomia per alcuni mesi a fronte del possibile rischio di chiusura del gasdotto proveniente dalla Russia. Resta il nodo, non banale, dei prezzi del gas e dei tempi di attuazione di tutto il piano di diversificazione. Sul fronte prezzi si è avuta una ulteriore impennata, dato che tutti gli operatori stanno cercando di riempire i siti di stoccaggio, Germania e Italia in testa. Si stanno adottando strategie per calmierare i prezzi con l’intervento del Governo ed anche utilizzando il mercato di produzione interno. Ogni pezzo del puzzle serve per completare l’immagine del complesso processo di transizione del mercato dell’energia. Lo stoccaggio è il tassello cruciale per superare il prossimo inverno di fronte ai rischi che provengono dall’Est: il rischio geopolitico ucraino e l’eventuale neve di Santander.

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