Il futuro del clima: prevenire e adattarsi al cambiamento climatico

L’ambiente, le catastrofi e l’incertezza secondo Robert Pindyck.

Autore

Sergio Vergalli

Data

27 Giugno 2023

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4' di lettura

DATA

27 Giugno 2023

ARGOMENTO

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02 giugno 2010, Brescia, Capitolium, ore 12.30. Il sole scalda il selciato della piazza. I suoi raggi risplendono sulla superficie bianca delle colonne del tempio; un luccichio rimbalza da una pietra all’altra, quasi a riconoscere l’antico foro che si apriva sotto il tempio. I resti ribassati dell’antico portico regalano agli astanti un punto di vista impressionante sul livello della città in epoca romana e come essa si sia, nei secoli, adattata all’evolversi della società, della economia e del clima.

Due persone con cappelli a tesa larga seguono con lo sguardo il marmo dei gradini, il bianco ed il rosa delle colonne, fino a giungere alla solenne iscrizione sull’epistilio. Stanno amabilmente discorrendo. L’uomo con barba e capelli bianchi ben curati e una cravatta variopinta, ha una voce molto profonda e cristallina. Scandisce bene le sue parole in inglese, che riecheggiano nella piazza dell’antico foro. Si chiama Robert Pindyck ed è uno dei più importanti economisti dell’ambiente e dell’energia al mondo ed insegna al MIT. Ha appena terminato un seminario presso il Dipartimento di Economia e Management della Università di Brescia. L’argomento del suo seminario è stato il legame fra l’economia e le catastrofi. Il professore per lungo tempo si è occupato del tema dell’incertezza e come essa sia un elemento cruciale per le scelte degli individui. Se non la si tiene in considerazione, si possono commettere degli errori di previsione che inficiano le scelte economiche, sociali ed ambientali. Ancor più rilevante è il legame fra le attività economiche e le catastrofi, la loro interrelazione, l’entità del danno. Nel giugno 2010 l’economia italiana sta lentamente rialzando la testa dopo la lunga crisi dei mutui subprime del 2008-2009. Nulla lascia presagire che altre crisi si sarebbero stagliate all’orizzonte. Economiche. Ed ambientali. 

Agosto 2022, videointervista FEEM, Milano – MIT, Boston. Le stesse persone si incontrano nuovamente, in maniera virtuale, tramite uno dei nuovi strumenti web che han preso piede negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia, oramai endemica, del COVID-19. Nel video, sullo sfondo, due librerie. Robert Pindyck, intervistato, presenta il suo ultimo libro, dal titolo: Climate Future: Averting and Adapting to Climate Change (Il futuro del clima: prevenire ed adattarsi al cambiamento climatico).

I temi sono ancora quelli: l’ambiente, le catastrofi e l’incertezza. Tuttavia, proprio unendo questi elementi, oramai consolidati nella letteratura economica, si arrivano ad introdurre alcune novità nell’approccio del problema. È evidente infatti che l’emissione di gas climalteranti causata dall’uomo, stia provocando un aumento della temperatura media globale e un incremento della numerosità delle catastrofi. Sul fronte ambientale, dal 2010 ad oggi, nella Penisola si sono verificati 1318 eventi estremi.  Il 2022 è stato un anno particolarmente critico, caratterizzato da una lunga siccità e, da gennaio a luglio 2022 si sono registrati in Italia 132 eventi climatici estremi, numero più alto della media annua dell’ultimo decennio.

Il cambiamento climatico è già in atto. E il suo impatto crescerà. Non sappiamo bene di quanto e quali saranno gli effetti. Ma è assolutamente acclarato che dobbiamo intervenire. Non possiamo più sottrarci alle nostre responsabilità. Dobbiamo ridurre le emissioni. Ma tutto ciò basterà? Esistono forse ulteriori strategie da adottare? Sicuramente serve altro. Come il Pindyck illustra chiaramente nel suo libro, è altamente improbabile che si riescano a ridurre le emissioni in maniera sufficiente da contenere la temperatura entro i livelli desiderati. Ciò è dovuto, almeno in parte, al fatto che società e individui sono intrinsecamente miopi: si guarda più al presente e meno (molto meno) al futuro.

Sappiamo infatti come dovremmo agire per combattere il cambiamento climatico, per esempio imponendo una carbon tax o obiettivi alle emissioni, come lo Net Zero Emission dell’Unione Europea, ma non sappiamo che cosa esattamente faremo. E nemmeno sappiamo con precisione l’entità e le tempistiche degli impatti del cambiamento climatico. Questa incertezza mette in stallo il sistema rallentando gli interventi. Dovrebbe essere invece di stimolo. Non si sa se la propria casa sarà danneggiata da un incendio, da un’alluvione o dalla caduta di un albero nei prossimi anni, e non sappiamo l’entità dei danni che potrebbero derivarne. Ma ciò non significa che non si dovrebbe acquistare un’assicurazione per la propria casa. Al contrario, un proprietario prudente dovrebbe acquistare un’assicurazione sufficiente a coprire il costo potenziale di un evento avverso. Allo stesso modo per il cambiamento climatico: non sappiamo quali potrebbero essere i suoi costi futuri, ma questo non significa che dobbiamo ignorare il problema e non passare all’azione. Al contrario, dovremmo agire ora come assicurazione contro la possibilità di costi molto elevati in futuro. Ma dobbiamo comunque fare altro. Perché l’onda sta arrivando, giorno dopo giorno, con più e più forza. E noi dobbiamo adattarci. E dobbiamo investire anche in questa direzione.

In parte lo stiamo già facendo, anche senza accorgercene, quando per esempio installiamo l’aria condizionata o quando gli edifici vengono rinforzati per resistere ai sempre più frequenti nubifragi. Le potenziali azioni di adattamento sono numerose: lo sviluppo di nuove colture ibride in grado di resistere alle alte temperature, l’adozione di politiche per scoraggiare la costruzione di edifici in aree soggette a inondazioni o a incendi, la costruzione di dighe per prevenire inondazioni (per esempio il Mose di Venezia o le barriere di Rotterdam), alcune forme di geo-ingegneria che possano ridurre l’effetto serra dell’aumento della concentrazione di CO2. 

Pertanto, di fronte ad un incremento della temperatura che difficilmente riusciremo a contenere entro i limiti sperati, dobbiamo affiancare all’abbattimento della CO2, necessario per evitare che la situazione peggiori ulteriormente, nuove azioni di adattamento per poterci difendere dagli effetti che noi stessi abbiamo (in)direttamente generato. Così anche le città, ancora una volta, come ci insegnano le rovine dell’antica Brixia, muteranno per potersi adeguare all’evolversi della società, della economia e del clima.

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