Geografie flessibili per il GNL (Gas Naturale Liquefatto)

Usare le navi metaniere è costoso, ma rende autonomi dai limiti geografici e spaziali dei metanodotti.

Autore

Sergio Vergalli

Data

9 Maggio 2023

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3' di lettura

DATA

9 Maggio 2023

ARGOMENTO

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Jebel Jassassiyeh (Qatar), 41°C. Di giorno il vento del deserto scalda l’aria, sollevando nuvole aride e polverose. La notte, l’umidità opprimente sembra togliere il respiro. L’origine del nome della località, nota per i petroglifi, le incisioni rupestri, significa ‘collina’ (Jebel) e ‘cercare’ (Jassa). Dalla sua posizione, in effetti era possibile avvistare le imbarcazioni e i vascelli in arrivo. Per la maggior parte del XX secolo il Qatar occupava una zona remota e brulla del Golfo Persico che in passato era stata nascondiglio dei pirati. Il suo popolo, molto povero, si dedicava alla pesca di perle in estate e all’allevamento di cammelli in inverno. Per decenni i qatarini non sono riusciti a tenere il passo con i loro vicini sauditi. Poi nel 1971, è stato scoperto il gas. All’inizio è stata una delusione, perché si sperava di trovare il petrolio. Negli anni Novanta, le nuove tecnologie hanno consentito di liquefare il gas (raffreddamento a -160°C e conseguente compressione e notevole riduzione del volume) affinché potesse essere trasportato a bordo di navi metaniere e destinato all’esportazione. Allo stato liquido, può essere infatti facilmente stoccato e trasportato, anche via mare. Questa tecnologia ha completamente rivoluzionato il mercato globale e, in particolare, quello del Qatar. Ora il Paese ha uno dei più alti PIL pro capite al mondo.

Anche oggi, dalle alte colline rocciose, si scorgono le navi all’orizzonte. Non sono più quelle dei pirati, ma hanno una forma particolare: sembrano trasportare 4 o 5 enormi sfere bianche. Sono le metaniere, enormi celle frigorifere galleggianti, che solcano i mari trasportando in tutto il mondo il GNL (Gas Naturale Liquefatto). Osservando più attentamente si può vedere dove si stanno dirigendo. Lasciandosi abbagliare dal tramonto ocra che si riflette sulla sabbia del deserto, si distinguono delle fiamme rosse e gialle, quasi a bruciare il cielo e, sotto di esse, ci sono alcune torri rosse e bianche. L’immagine si fa più nitida e siamo di fronte al più grande porto artificiale del mondo. Enormi tubi percorrono il deserto all’interno dell’area industriale di Ras Laffan, la cui estensione è pari a 106 km. Essa è situata a 80 km a nord della capitale Doha. Il North Gas Field, è considerato il più grande giacimento di gas non associato al mondo. Copre un’area di 6.000 Km2, equivalenti a circa metà della superficie dello Stato. Il Qatar è uno dei primi tre esportatori di GNL al mondo, con Stati Uniti e Australia.

Il GNL sta diventando sempre più importante, anche alla luce dei recenti sviluppi geopolitici. È più costoso del gas trasportato tramite metanodotto, perché necessita di differenti fasi di trattamento: deve essere prima compresso, consumando energia; poi trasportato via mare e infine deve essere riportato in forma gassosa. Tutto ciò comporta ingenti costi e tempi lunghi. Tuttavia il GNL ha una importantissima caratteristica che lo rende prezioso: garantisce flessibilità all’approvvigionamento. Infatti non dipende dai vincoli geografici e spaziali di un tubo (il metanodotto), ma può essere trasportato più agevolmente, modificando le forniture.

Allo stato attuale in Italia si producono e importano, in totale, 74,7 miliardi di smc (standard metri cubi, fonte Snam, 2021). Di questi circa 9,7 miliardi sono GNL, che arrivano in 3 rigassificatori: 7,3 a Rovigo, 1,4 a Livorno ed 1 a Panigaglia. La provenienza è principalmente da Qatar, Algeria e Stati Uniti. L’acquisto di nuove metaniere e la costruzione di nuovi rigassificatori, permette di aumentarne l’import, sopperendo, almeno in parte, a cali di input lungo i gasdotti, come a causa della guerra in Ucraina. È in questa direzione che si sta muovendo la strategia italiana, con il recente acquisto da parte di Snam della nave di stoccaggio e rigassificazione ‘Golar Tundra’ e l’accordo di Eni con QatarEnergy per l’espansione del progetto North Field East. La flessibilità rende un Paese meno dipendente da altri e ha un valore economico intrinseco che sta diventando fondamentale per il futuro. Tutto ciò si è reso ancor più evidente a partire dalla crisi pandemica, in cui si sono evidenziate strozzature lungo la catena di fornitura e si è iniziato a parlare di concetti come ‘resilienza’ e ‘reshoring’ (cioè, di fatto, di accorciamento e diversificazione della catena di produzione).

La recente crisi geopolitica ha sottolineato ancora una volta come il mondo sia cambiato e sia necessaria una forte flessibilità della supply chain. Anche per favorire la transizione energetica. L’elasticità è infatti importante per contribuire al fabbisogno energetico nazionale e per fronteggiare situazioni di mancanza/riduzione degli approvvigionamenti o di crisi del sistema nazionale. Inoltre, è anche fondamentale per compensare l’intermittenza di produzione delle risorse rinnovabili o per la riduzione della energia idroelettrica, a causa della crescente siccità. 

Nelle classifiche dei paesi a più alto rischio idrogeologico l’Italia si posiziona al 44 esimo posto. Il Qatar, con Israele ed il Libano, da anni è fra i primi posti e sta sviluppando nuove e costosissime tecnologie per desalinizzare il mare. Parte della ricchezza generata dall’enorme abbondanza di gas deve essere utilizzata per compensare la mancanza di un’altra risorsa scarsa: l’acqua. È questa la fotografia del prossimo futuro che si scorge dalle colline di Jebel Jassassiyeh? È anche per evitare questa immagine che bisogna accelerare il processo di transizione. 

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