Vi ricordate Il giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne? Da bambini quel libro ci portava in sella ai più svariati mezzi di locomozione e ci faceva attraversare i più incredibili paesaggi per raggiungere l’agognata meta. Ora possiamo continuare a girare il mondo con il libro di Telmo Pievani e Mauro Varotto (Il giro del mondo nell’Antropocene. Una mappa dell’umanità del futuro. Con le carte di Francesco Ferrarese, Raffaello Cortina Editore, 2022, €22,00): quel che ci aspetta appare avventuroso ma inquietante al contempo.
È un libro evoluzionista sul futuro. Un tour che parte idealmente da dove l’uomo ha avuto origine, l’Africa, per poi giungere in Antartide, ultimo continente in grado di ospitare l’umanità.
Giriamo il mondo dell’Antropocene, in cui l’essere umano è riuscito a incidere come mai nella storia sugli equilibri della Terra.
Il libro mette insieme tre diversi linguaggi. L’asse portante sono le mappe, disegni di un futuro molto lontano ma plausibile. Poi c’è il linguaggio della scienza, la geografia umana e fisica. Infine c’è il contributo di Pievani, una narrazione fantascientifica sul futuro. Il gioco è quello di immaginare un mondo apparentemente distopico. Siamo nel 2872, mille anni dopo la pubblicazione de Il giro del mondo in 80 giorni. E si parte con una nuova scommessa: il giro del mondo lo si fa in soli 8 giorni con un aereo a idrogeno. L’ipotesi di partenza: nulla è stato fatto per combattere il riscaldamento globale.
Il mare si è dunque alzato di 65 metri. È avvenuta la fusione completa dell’Artico e dell’Antartico. In Italia compare il Mare Padano che arriva fino a Lodi. Finalmente i milanesi arriveranno presto alle spiagge (paludose). Il Rio delle Amazzoni è diventato un gigantesco mare interno. Gli sconvolgimenti sono impressionati, come ben delineano le storie di Mauro Varotto, dove campi profughi che raggiungono i 250 mila abitanti, popolati ininterrottamente per oltre un ventennio, sono ormai diventati veri e propri insediamenti urbani. La popolazione coinvolta nell’innalzamento dei mari è infatti la stragrande maggioranza. Bisogna quindi immaginarsi colossali migrazioni.
Sembra un libro sul futuro, ma in realtà è un libro sul presente. Ora l’uomo deve adattarsi faticosamente ai cambiamenti da lui stesso introdotti ma non può farlo solo con la visione salvifica delle tecnologie. Questa idea semplicistica è lo scudo dietro al quale si cela la mancata volontà di mettere in campo altre azioni, tra le quali cambiare i nostri stili di vita.
Non possiamo più distinguere tra una transizione glamour che parla di attuare tecnologie green per far fronte all’innalzamento delle temperature e una parte molto meno glamour, che è quella di modificare profondamente il nostro rapporto con consumo e che ci piace molto meno. Ora, ne siamo certi, l’attività antropica contribuisce al riscaldamento globale. E visto che ne siamo coscienti, dobbiamo trasformare questa conoscenza in consapevolezza collettiva. Serve infatti un coordinamento globale per affrontare un processo di tale entità.
L’obiettivo del libro, al fondo, è quello di far capire che a occuparsi del cambiamento climatico non possono essere solo i radical chic, i Paesi occidentali o a chi se lo può permettere, ma è una questione che riguarda l’intera umanità. Servono dei protocolli chiari e coercitivi. O ci salviamo tutti o non si salva nessuno.