Disuguaglianza e cambiamento climatico sono sfide interconnesse e centrali per l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Un recente studio di Francesco Nicolli, Marianna Gilli e Francesco Vona1 rilegge criticamente i principali modelli e le teorie sul legame tra crescita economica, disuguaglianza e inquinamento, introducendo un elemento spesso trascurato: l’interazione tra reddito e disuguaglianza, sottolineando l’importanza della distribuzione del reddito come fattore di mediazione. L’analisi sottolinea come le preferenze individuali, influenzate dalla percezione della qualità ambientale come bene di lusso, giochino un ruolo cruciale nel sostegno alle politiche verdi.
Basandosi su dati relativi a circa 180 Paesi tra il 1970 e il 2019, lo studio mostra che nei Paesi sviluppati la disuguaglianza rappresenta un ostacolo per le politiche ambientali, in linea con l’argomentazione di economia politica basata sul ruolo dell’elettore mediano. La conclusione è netta: ridurre la disuguaglianza è condizione necessaria per affrontare efficacemente la crisi climatica.
Contesto e sfide globali
Disuguaglianza e cambiamento climatico sono tra le sfide globali più urgenti del nostro tempo. Insieme alla crescita economica, rappresentano i tre pilastri fondamentali degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), l’ambiziosa agenda promossa dalle Nazioni Unite nel 2016 per favorire uno sviluppo equo, inclusivo e sostenibile dal punto di vista ambientale.
Nonostante l’ampio consenso sull’importanza di affrontare queste tematiche, tradurre questa consapevolezza in politiche concrete rimane complesso. Per elaborare strategie efficaci capaci di gestire i possibili trade-off — o, ancor meglio, di individuare soluzioni win-win che coniughino giustizia sociale e sostenibilità ambientale — è fondamentale comprendere il legame tra reddito pro capite, disuguaglianza ed emissioni pro capite.
Il recente studio di Nicolli, Gilli e Vona2 affronta proprio questo nodo, rileggendo in chiave critica la Environmental Kuznets Curve (EKC) e ponendo al centro il ruolo delle preferenze ambientali. La ricerca permette di superare l’inconcludenza empirica di molti studi precedenti e fornisce un’evidenza chiara: la crescente polarizzazione sociale è un ostacolo decisivo al sostegno politico di politiche climatiche ambiziose, soprattutto nei Paesi sviluppati.
La letteratura esistente: EKC e disuguaglianza
Tradizionalmente, la ricerca si è concentrata sul legame tra emissioni di gas serra e reddito pro capite, basandosi principalmente sulla cosiddetta Environmental Kuznets Curve (EKC). Questo modello ipotizza una relazione a U rovesciata tra le due variabili: nelle prime fasi dello sviluppo economico, l’inquinamento aumenta, per poi diminuire oltre una certa soglia di reddito grazie a una crescente domanda di qualità ambientale.
Successivamente, l’attenzione si è estesa al ruolo della disuguaglianza, con due ipotesi contrapposte:
- Political economy argument: a parità di reddito medio, ridurre la disuguaglianza rende l’elettore mediano più ricco e quindi più favorevole a politiche ambientali rigorose, con conseguente riduzione dell’inquinamento3.
- Aggregation argument: anche in contesti diseguali, i consumi ‘green’ delle élite possono migliorare l’impatto ambientale medio; quindi, un aumento della disuguaglianza può avere un effetto positivo sull’ambiente4
Le evidenze empiriche, tuttavia, hanno prodotto risultati eterogenei, rendendo difficile formulare indicazioni di policy certe e univoche. Molti studi presentano limiti nei dati e nella metodologia5, e ricerche recenti hanno messo in dubbio la validità della EKC (soprattutto per quanto riguarda le emissioni di CO₂), senza chiarire quale delle due ipotesi teoriche prevalga.
Le novità dello studio: distribuzione del reddito e preferenze individuali
Francesco Nicolli, Marianna Gilli and Francesco Vona superano questi limiti e ambiguità partendo da un assunto semplice ma potente: per stimare il sostegno alle politiche ambientali non basta considerare il reddito medio di un Paese; occorre valutare anche la sua distribuzione. La trascuratezza di questo fattore è indicata come la principale causa dell’inconcludenza dei risultati empirici6.
Gli autori propongono così una modifica cruciale al modello EKC: l’inclusione esplicita dell’interazione tra reddito pro-capite, che rappresenta la domanda potenziale per un ambiente migliore, e disuguaglianza, che indica la quota di domanda potenziale che si traduce in domanda effettiva.
L’ipotesi di fondo è che la protezione ambientale è spesso percepita come un ‘bene di lusso’, collocato nelle ultime posizioni della gerarchia dei bisogni: solo oltre una certa soglia di reddito individuale le persone le attribuiscono reale valore. In particolare, si sottolinea come il principale canale di riduzione dell’inquinamento risieda nell’evoluzione delle preferenze individuali legate al reddito.
In questa prospettiva, il sostegno alle politiche ambientali, derivante dall’aggregazione delle preferenze, dipende dalla quota di consumatori (o elettori) al di sopra della soglia critica. In un contesto sotto-soglia, dove generalmente solo una minoranza della popolazione ha accesso a beni ‘brown’7, una maggiore disuguaglianza può creare una piccola élite in grado di acquistare per la prima volta beni e servizi ‘green’. Al contrario, in un contesto sopra-soglia8, la stessa dinamica può ridurre le preferenze ambientali della popolazione e, di conseguenza, indebolire il sostegno complessivo alle politiche green.
Un’interpretazione alternativa e degna di nota della EKC è il canale tecnologico: con la crescita economica le imprese sostituiscono tecnologie inquinanti con soluzioni più pulite, grazie a una maggiore elasticità di sostituzione. Nicolli. Gilli e Vona riconoscono l’importanza di questo meccanismo, ma ribadiscono che, senza preferenze ambientali diffuse, anche le innovazioni verdi incontrano ostacoli nella diffusione. Pertanto, il fondamento dello studio rimane solido: il principale motore della curva a U rovesciata sono le preferenze individuali.
Risultati e implicazioni
Basandosi su un modello di regressione con effetti fissi per Paese e anno, capace di isolare fattori strutturali e shock globali, l’analisi conferma le ipotesi formulate delineando due scenari distinti:
- Paesi a basso reddito: un certo grado di disuguaglianza può favorire la nascita di una domanda ‘green’ da parte di un’élite ristretta, innescando una transizione ‘dall’alto’.
- Paesi ad alto reddito: la disuguaglianza riduce il numero di cittadini sopra la soglia critica, indebolendo il consenso verso politiche ambientali forti, in accordo con l’argomentazione di economia politica.
Lo studio distingue inoltre tra inquinanti locali (SO₂) e globali (CO₂), rilevando che la riduzione della disuguaglianza ha un effetto più marcato sui primi, i cui benefici ambientali (ad esempio il miglioramento della salute) sono più immediati e tangibili, e le cui politiche possono essere attuate a livello nazionale o regionale senza complessi accordi internazionali.
La solidità di queste conclusioni è rafforzata da numerosi controlli di robustezza, tra cui specifiche alternative e analisi su sottocampioni.
Conclusioni per le politiche pubbliche
I risultati offrono un messaggio chiaro: disuguaglianza e cambiamento climatico, sebbene spesso affrontati separatamente, sono in realtà profondamente interconnessi.
L’analisi dimostra che, nei Paesi sviluppati, è l’approccio dell’economia politica — e non quello aggregativo — a spiegare l’impatto della disuguaglianza sulle politiche ambientali, contribuendo così a superare l’incertezza teorica. In questi contesti, ridurre i divari economici non è soltanto una questione di equità, ma una condizione essenziale per consolidare il sostegno alle politiche climatiche e rispettare gli impegni dell’Accordo di Parigi.
Considerato che l’indice di Gini — principale misura della disuguaglianza, utilizzata anche in questa ricerca — è aumentato sensibilmente negli ultimi trent’anni, l’urgenza di politiche pubbliche integrate e coordinate risulta ancor più evidente. Per essere efficaci, tali politiche non dovrebbero limitarsi a considerare il PIL pro capite ma includere anche l’analisi dell’evoluzione delle preferenze ambientali in relazione alla distribuzione del reddito.
Note
- F. Nicolli, M. Gilli, F. Vona, Inequality and climate change: Two problems, one solution? In “Energy Economics”, 145, 108390, 2025
- Idem
- M. Torras, J.K. Boyce, Income, inequality, and pollution: a reassessment of the environmental Kuznets curve, in “Ecol. Econ.” 25 (2), 1998, pp. 147–160. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0921800997001778; E. Magnani, The environmental Kuznets curve, environmental protection policy and income distribution, in “Ecol. Econ.” 32 (3), 2000, pp. 431–443, https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0921800999001159
- L.A. Scruggs, Political and economic inequality and the environment, in “Ecol. Econ.” 26 (3), 1998, pp. 259–275 https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0921800997001183; N. Heerink, H. Folmer, Income distribution and the fulfillment of basic needs: theory and empirical evidence, in “J. Policy Model” 16 (6), 1994, pp. 625–652 https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/0161893894900124 I super-ricchi rappresentano un’eccezione a questo schema, poiché il consumo di lusso è spesso altamente intensivo in termini di emissioni di carbonio (ad esempio jet privati, yacht, ecc.; si veda Chancel, The World Inequality Report 2022, https://www.production.hup.harvard.edu/file/feeds/PDF/9780674273566_sample.pdf).
- Molti studi precedenti erano basati su analisi trasversali privi di effetti fissi per Paese (vedi: L. A. Scruggs, Political and economic inequality and the environment, in “Ecol. Econ.”, 26 (3), 1998, pp. 259–275 https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0921800997001183; N. Heerink, H. Folmer, Income distribution and the fulfillment of basic needs: theory and empirical evidence, in “J. Policy Model” 16 (6), 1994, pp. 625–652 https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/0161893894900124; M. Torras, J.K. Boyce, Income, inequality, and pollution: a reassessment of the environmental Kuznets curve, https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0921800997001778, cit.; N. Heerink, A. Mulatu, E. Bulte, Income inequality and the environment: aggregation bias in environmental Kuznets curves, cit. o su panel temporali brevi, ristretti a pochi Paesi sviluppati, E. Magnani, The environmental Kuznets curve, environmental protection policy and income distribution, cit.
- F. Nicolli, M. Gilli, F. Vona, Inequality and climate change: Two problems, one solution? cit.
- Si veda la letteratura sul nesso disuguaglianza–povertà energetica, C.P. Nguyen, M.A. Nasir, An inquiry into the nexus between energy poverty and income inequality in the light of global evidence, in “Energy Econ.”, 99, 2021, https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0140988321001948
- Questo contenuto è generalmente caratterizzato da un diffuso accesso ai combustibili fossili per il riscaldamento domestico. W. Liu, G. Spaargaren, N. Heerink, A.P.J. Mol, C. Wang, Energy consumption practices of rural households in North China: basic characteristics and potential for low carbon development, in “Energy Policy” 55, 2013, pp. 128–138. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0301421512010130