In Italia nel marzo del 2020 si verificarono diversi ‘assalti’ ai supermercati, con una parte della popolazione spaventata dalla possibile scarsità di beni alimentari a causa della pandemia in corso. Lunghe code, carrelli pieni, scaffali vuoti e scene di panico che fino ad allora si erano viste solo nei film apocalittici. La crisi globale scatenata dal Covid-19 alla fine non causò carestie nei Paesi avanzati, ma la pressione sulle infrastrutture logistiche fu assai notevole, segnalando al mondo le fragilità della globalizzazione. Da allora il timore per la sicurezza alimentare è tornato al centro di diversi studi e analisi, specialmente con una popolazione mondiale in crescita fino a 9,5-10 miliardi di individui entro il 2050.
La paura legata alle carestie di massa era sostanzialmente scomparsa negli ultimi decenni grazie agli eccellenti risultati conseguiti dalla ‘rivoluzione verde’ – lo sviluppo di una serie di varietà di frumento caratterizzate da alta produttività, resistenza alle malattie e precocità di spigatura – che ha permesso di sfamare regolarmente miliardi di individui. Ma nonostante questo duraturo successo, continuano a persistere gravi disuguaglianze, che da una parte generano il problema dell’obesità nei Paesi avanzati e dall’altra un problema di insicurezza alimentare nei Paesi più poveri, con circa 2,3 miliardi di persone malnutrite. Complici le ripetute crisi sistemiche del nostro modello di sviluppo, da quelle geopolitiche a quelle energetiche, gli sforzi per debellare definitivamente la fame dal mondo sono falliti miseramente e negli ultimi quattro anni la situazione è tornata ad aggravarsi, con fenomeni estremi in diverse parti del pianeta, specialmente in Africa.
La falsa tranquillità generata dal ‘villaggio globale’ fra gli anni ’90 e la prima decade del 2000 ha nascosto per lungo tempo le fragilità dell’architettura logistica planetaria e anche la complessità del nostro modello agroalimentare. Un modello che necessita di lunghe filiere funzionanti, dal contadino al consumatore finale, e un apparato industriale profondamente interconnesso in grado di generare gli alimenti necessari per 8,2 miliardi di individui. Questo complesso network ha permesso finora di evitare ripetute ed estese carestie, a patto di poter funzionare regolarmente senza subire particolari shock endogeni ed esogeni. La pandemia di Covid-19, i conflitti militari in Ucraina, Africa e Medio Oriente, il parziale blocco del Mar Rosso da parte degli Houthi e gli eventi estremi causati dalla crisi climatica-ambientale hanno messo in discussione la solidità delle strutture su cui abbiamo fatto affidamento per decenni.
Con l’inevitabile aumento della popolazione mondiale, e soprattutto dei consumatori inseriti nel processo industriale-tecnologico, il pericolo di collassi logistici e grandi carestie è diventato assai concreto senza l’implementazione di adeguate misure per garantire la sicurezza alimentare a livello locale e regionale. Attualmente circa il 60% della produzione alimentare avviene in sole cinque nazioni e questa particolare concentrazione di produttori è suscettibile a eventuali crisi nei principali nodi logistici marittimi-terrestri. Scenari ipotetici come un conflitto militare fra Stati Uniti e Cina nello stretto di Taiwan, una nuova pandemia con una mortalità più elevata, una depressione economica globale o una guerra civile negli USA, potrebbero innescare molteplici reazioni a catena negative sulle filiere agroalimentari. Esacerbate anche dalla crisi climatica in aggravamento, che sta alterando seriamente le condizioni ottimali per le rese agricole. Scenari ancora più estremi, come una nuova guerra mondiale o un conflitto nucleare limitato, farebbero sicuramente collassare le estese supply chain condannando l’umanità alla fame. Rispetto ai precedenti due conflitti mondiali, gran parte della popolazione è ormai urbanizzata, assolutamente dipendente dai rifornimenti alimentari e quindi dalle ramificate infrastrutture costruite nelle ultime decadi.
Il nostro Sistema globale è sempre più instabile, sottoposto a molteplici crisi interne che mettono a rischio il suo funzionamento, ma allo stesso tempo è il meccanismo che garantisce il benessere alimentare attuale. I previsti trend demografici richiederanno ulteriori e maggiori sforzi agricoli, logistici, tecnologici e organizzativi per evitare possibili catastrofi, tanto che alcuni esperti stimano che la produzione agricola dovrà aumentare del 50-70% nei prossimi due decenni. L’AgriTech 4.0, il rafforzamento delle filiere locali e lo sviluppo di nuovi metodi agricoli localizzati/sostenibili sono in fase di studio e/o implementazione in numerose nazioni, ma ancora insufficienti per garantire seriamente la sicurezza alimentare a tutta l’umanità.