Anime creative e sovversione del presente

Autore

Teresa Pullano

Data

20 Giugno 2025

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5' di lettura

DATA

20 Giugno 2025

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PAROLE CHIAVE


Libri

Sociologia

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È raro leggere una riflessione sulla nostra condizione presente che rievochi il termine di anima. Il gesto creatore è, scrive Paolo Perulli, la dimensione imprescindibile della democrazia. Si tratta di rileggere oggi la Repubblica di Platone e la Poetica di Aristotele, ancorando nell’anima creativa la capacità della tecnica e del capitale di essere al servizio della polis, della città. Anima è interpretata, nelle pagine di Perulli, come la dimensione dell’interiorità umana, che permane, ai margini, nella società dell’esposizione mediatica del sé. Il lavoro di conoscenza di sé si trasforma in azione con la creazione di qualcosa di nuovo, un’opera d’arte, di scienza, di architettura, ad esempio. Il dentro e il fuori dell’anima si rispecchiano, e questo è l’intelletto collettivo, la comunicazione tra individui, tra culture, tra occidente e oriente, tra Europa e America, o tra Europa ed Asia. Di rovescio, non vi è progresso tecnico, scientifico, economico senza l’atto di creazione dirompente e individuale, senza gesto creativo. Non si dà conoscenza senza scoperta, e la ricerca di sé e del mondo che spinge Ulisse a lasciare Itaca parte dall’anima intesa anche come psiche, come pensiero umano. Non ci sarà intelligenza artificiale capace di mantenere viva la fiamma dell’anima creativa che è alla base dell’Atene democratica.

Non è un caso che Perulli apra Anime creative Da Prometeo a Steve Jobs (Il Mulino, 2024, pp. 224, € 17,00) con il pensatore moderno che più ha affondato le radici nella Grecia classica, per riaffermare la classicità del pensiero che va oltre sé stesso capendo che Dio è morto. La dissidenza di Friedrich Nietzsche, che apre le porte della filosofia contemporanea attraverso lo studio dei segni, della filologia del linguaggio greco antico, è la cifra dell’anima creativa. La conoscenza del mondo, della natura, e il «conosci te stesso» di Socrate si rispecchiano tagliando fuori il dio cristiano, ultramondano. La divinità è immanente, e come tale mortale. Questo si traduce nell’ineludibile singolarità dell’anima creativa, nel suo essere portatrice di una differenza non omologabile, ed in questo antimoderna. Con Nietzsche, Perulli rimette l’individuo al centro della vita della società contemporanea, di contro al primato dell’economia che annienta l’anima singolare, omologandola alle leggi esterne del capitale. Ogni anima creativa, per dirsi tale, deve essere sovversiva. I creativi sono elementi disturbatori, Faust ne è l’antesignano. La conoscenza comporta il coraggio della rottura e del sacrificio, questa volta con la figura della filosofa-operaia che è stata Simone Weil, morta a Londra di stenti durante la Seconda guerra mondiale dopo aver lavorato in fabbrica per vivere, e quindi capire, le condizioni dei lavoratori. L’esilio è un’altra delle condizioni che accomunano le anime creative, quale lo scrittore irlandese James Joyce, che per inventare il linguaggio del moderno Ulisse lascia la sua Dublino, città natale che rievocherà nella fantasia letteraria, e vaga tra Trieste, Parigi e Zurigo. 

La creatività è l’attesa, avverte Perulli, ed il tempo ne è la stoffa. Nel libro appare un’altra delle figure chiave, insieme a Nietzsche, del rovesciamento del tempo della nostra contemporaneità, quella di Walter Benjamin. Questi è il filosofo ebreo di nazionalità tedesca, anch’egli errante nell’Europa occupata dai nazisti, tra la Parigi dei Passages e la Napoli porosa come la sua pietra, il cui viaggio, nostos, si concluderà tragicamente con il suicidio nel 1940 a Portbou, piccolo villaggio spagnolo al confine sud tra la Francia e la Spagna. L’attualità per Benjamin è «il rovescio dell’eterno nella storia», e la crisi del presente si trasforma nell’attesa della catastrofe della Finis Europae, della fine della storia europea con la tragedia nazista. Benjamin è anche il pensatore della resistenza delle immagini e della materia di cui sono fatte alla tecnica, che permette di riprodurle in serie. Per Perulli, l’anima creativa non è solo la figura della contemplazione, dell’arte, della scienza e infine del tempo. È anche la figura del creatore come tecnico, nuovo Prometeo. La fine della storia europea dà l’avvio all’esodo del pensiero e dell’arte europei negli Stati Uniti. Il passaggio ad occidente, oltre l’Oceano Atlantico, rende le idee e le creazioni arrivate dall’Europa merci, e la tecnica si mette, per un breve lasso di tempo, al servizio della creatività. Steve Jobs, il fondatore di Apple, è il Prometeo contemporaneo. L’economista austriaco Joseph Schumpeter è, insieme a Nietzsche, l’altra figura emblematica del libro. Schumpeter lascia l’Europa per Harvard nel 1932, e in America si dedicherà a decifare le forme del capitalismo attuale. Il capitalismo si spiega, secondo l’autore austriaco, come un susseguirsi di cicli in cui la spinta propulsiva della produzione è fornita dall’innovazione, delle tecnologie, dei nuovi beni di consumo, delle nuove forme di organizzazione dell’impresa. Creazione ed anarchia si riuniscono nel pensiero economico di Schumpeter, in cui la libertà di creazione è il motore della capacità di realizzare qualcosa di nuovo, di interrompere il susseguirsi di un tempo altrimenti sempre uguale a se stesso, alla tradizione. 

L’incontro tra Prometeo e Faust, tra l’anima e la tecnica capace di azione creatrice e creativa, è l’oggetto del libro di Perulli. Seguiamo attraverso le pagine l’esilio degli architetti tedeschi del Bauhaus negli Stati Uniti, l’eclissarsi della Parigi di Picasso per la New York del secondo dopoguerra. La musica di Patti Smith e dei Velvet Underground incontrano l’idea di serialità e dei quindici minuti di fama nella Factory di Andy Warhol, che rende iconiche le figure sia di Marylin che di Mao. Parigi, New York e la San Francisco di Steve Jobs sono le contemporanee Atene, di cui forse oggi vediamo il tramonto. La diagnosi di Perulli della crisi congiunta di democrazia e di progresso del capitale di innovazione come capitale economico appare ancora più lucida a qualche mese dalla pubblicazione di Anime creative. Oggi assistiamo all’amministrazione Trump che calpesta la produzione della conoscenza e ad un nuovo possibile esodo delle anime creative da una parte all’altra dell’Oceano Atlantico. Forse verso l’Europa, che torna ad essere tuttavia una propaggine dell’Asia, come scriveva Nietzsche. Perulli legge un pericolo nella serialità tipica della cultura cinese, che riproduce ma lascia poco spazio all’anima sovversiva. E senza distruzione dell’ordine dato non c’è anima creativa.  

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