Nel dicembre del 2011 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) pubblicò un report dedicato alle problematiche psicologiche di massa e al loro impatto negativo su scala planetaria. Per qualche giorno destò scalpore nei media internazionali il secondo paragrafo focalizzato sul disturbo depressivo, che potrebbe diventare la prima malattia per diffusione globale entro il 2030. Nonostante la dimensione del problema e i suoi costi sociali, l’allarme rimase confinato negli ambienti accademici, con scarsa attenzione da parte del ceto politico e mediatico, spesso ignaro del declino del benessere mentale di milioni di persone nei Paesi avanzati. Nello stesso periodo in cui uscì il rapporto dell’Oms, il malessere psicologico iniziò a mostrare una preoccupante accelerazione soprattutto nella Generazione Z – i giovani nati fra il 1997 e il 2012 –, che secondo le più recenti analisi e statistiche1 sarebbe al centro di una potenziale ‘pandemia mentale’ con importanti conseguenze per i prossimi decenni.
La crisi socio-psicologica delle nuove generazioni
In Italia circa il 60% degli adulti dichiara di avere disturbi psicologici. La percentuale diventa ancora più drammatica tra i giovani della Generazione Z, dove si sale al 75% degli individui, con picchi drammatici fra i soggetti femminili. I numeri citati dal report L’Era del disagio, realizzato dall’Istituto Nazionale per la Comunicazione, sono solo uno dei tanti segnali di un profondo malessere che è diventato evidente soprattutto dopo la pandemia di Covid-19, ma i cui sintomi erano pregressi e presenti da molto tempo. Non solo in Italia, ma a vario grado anche nel resto del mondo sviluppato, con picchi di ansia, stress e altri tipi di disturbi negli Stati Uniti 2, nell’Unione Europea, nei Paesi asiatici, con molteplici fenomeni che sono in corso da decenni – quello degli hikikomori in Giappone –, ma che ora conoscono un’ulteriore accelerazione.
Attacchi di ansia, depressione, disturbi alimentari, stress, malinconia, attacchi di panico, ritiro sociale, fragilità esistenziali irrisolvibili, dipendenza da droghe/alcool, abuso di psicofarmaci e solitudine sono presenti da tempo nelle società moderne, ma la magnitudo di questo mal di vivere tocca ormai una fetta consistente della popolazione, con estrema gravità nelle fasce adolescenziali. Quelle che teoricamente dovrebbero vivere la fase più spensierata dell’esistenza umana e invece sembrano presentare una cupa deriva sociale e psicologica.
Negli ultimi anni si è iniziato a parlare di ‘loneliness epidemic‘ – ‘epidemia di solitudine’ –, in particolare nelle società anglosassoni. Ma è evidente che il malessere psicologico, specialmente con l’aumentare degli studi scientifici, non è qualcosa di circoscrivibile a specifiche nazioni o a singoli disturbi, ma il prodotto di complesse dinamiche della tarda Modernità incrementate dell’accelerazione tecnologica-digitale dell’ultimo quindicennio.
Le possibili cause
Nella giornata del 9 gennaio del 2007 l’imprenditore statunitense Steve Jobs presentò per la prima volta in mondovisione la sua nuova creatura tecnologica: l’Iphone. Il primo smartphone che avrebbe rivoluzionato non solo la comunicazione fra gli individui, ma anche l’economia globalizzata e le società collegate a essa, unendo in un singolo dispositivo un potenziale tecnico-informativo senza precedenti grazie al facile accesso a Internet 24 ore su 24, in ogni luogo e momento. Allo stato attuale si stima che nel mondo siano presenti circa 7,2 miliardi di dispositivi simili, con oltre 4,8 miliardi di utenti, pari a più del 60% della popolazione mondiale. Ogni giorno milioni di video, vocali, immagini e informazioni vengono immessi nella grande rete globale, determinando un’accelerazione tecnologica esponenziale che prima del XXI secolo era sconosciuta alla nostra specie. Questo cambiamento ha avuto un dirompente effetto condizionante sullo sviluppo della Generazione Z, cresciuta fin dal periodo infantile/adolescenziale all’interno del mondo digitale-virtualizzato, tanto che si parla di ‘nativi digitali’.
L’impatto trasformativo di questa rivoluzione planetaria sul cervello e sulla psiche dei giovani è ora al centro di numerose indagini, ricerche e analisi, per comprendere non solo gli aspetti positivi del fenomeno in corso, ma anche le conseguenze negative per la salute mentale, esasperate dalla combinazione fra l’accelerazione tecnologica, i ritmi alienanti del modello produttivo industriale e i rapidi cambiamenti sociali, politici, culturali avvenuti all’interno della nostra civiltà. L’emersione di questo particolare e complesso intreccio ha avuto uno slancio soprattutto dopo la pandemia di Covid-19, che ha esasperato la dimensione dell’isolamento sociale, a causa delle misure restrittive dei primi mesi dell’emergenza, spingendo verso l’uso smodato dei dispositivi digitali.
Ascrivere alle misure di contenimento sanitario l’insorgere del malessere psicologico nei giovani però sarebbe troppo riduttivo e fallace. Il declino della salute mentale ha mostrato degli incrementi considerevoli con la progressiva diffusione degli smartphone3, in combinazione con l’uso dei social network come nuovo ‘strumento’ per le relazioni fra gli individui. Una combinazione che ha esasperato una serie di componenti della nostra società, fra cui sicuramente l’individualismo estremo, la competizione sociale-economica tossica, la spinta verso tendenze narcisistiche di massa, l’atomizzazione con la scomparsa delle famiglie numerose, la diminuzione delle interazioni sociali e l’incremento dell’instabilità lavorativa/esistenziale.
Sicuramente la piena affermazione di una ‘società liquida’ (come la definisce Zygmunt Bauman), imperniata su logiche artificiali-alienanti, ha costruito la base per il declino della salute mentale destabilizzando i meccanismi naturali della nostra specie e il suo legame con l’ecosistema. La contemporanea scomparsa delle religioni, delle ideologie e delle grandi visioni comuni, sostituite da un consumismo asettico e da una serrata competizione individuale, ha comportato anche il progressivo indebolimento dei rapporti fra gli individui e il disfunzionamento dei gruppi umani, incrementando l’ansia e la paranoia nei singoli soggetti. Con la successiva accelerazione degli ultimi quindici anni, a causa dell’innovazione digitale, queste derive sono state ulteriormente potenziate in un complicato intreccio con le crisi sistemiche del nostro modello di sviluppo – come per esempio la crisi climatica-ambientale –, che hanno alimentato un nichilismo diffuso, un’ansia e un’impotenza generalizzata.
Osservando la complessa combinazione dei fattori negativi, diventa problematico soppesare l’effetto delle singole cause su un malessere multi-sfaccettato e complesso che mostra differenti dinamiche ed evoluzioni a seconda della società presa in esame. Sicuramente l’accelerazione tecnologica in un contesto di disgregazione sociale rimane uno dei fattori più potenti e pervasivi, in grado di ‘riconfigurare’ le menti dei più giovani nelle fasi iniziali dell’apprendimento, con conseguenze che stanno emergendo solo negli ultimi tempi.
Reazioni deboli e tardive
La sofferenza di decine di milioni di individui ha iniziato a generare una modesta e tardiva reazione nei Paesi occidentali, seppure in modo confusionario e limitato. Negli Stati Uniti le accuse contro i social network sono arrivate al cuore della politica americana, con le recenti audizioni al Congresso. Dal 2018 il Regno Unito ha istituito il ‘Ministro della Solitudine‘ per affrontare la situazione. In Italia, oltre al ‘bonus psicologo’, ora si parla dell’assunzione di 5000 psicologi nel settore pubblico. Altre nazioni sviluppate hanno approvato diverse misure d’emergenza, cercando di fornire un aiuto psicologico alle fasce più deboli, mentre in Cina il governo ha adottato leggi più stringenti vietando il persistente uso degli smartphone e dei videogiochi da parte degli adolescenti. Ma allo stato attuale tutte queste ‘soluzioni’ risultano gravemente insufficienti rispetto alle dimensioni del fenomeno. La stessa medicalizzazione del problema, come unico e rapido rimedio grazie alla somministrazione di massa degli psicofarmaci, ha finito per creare ulteriori danni nella società.
La complessità del fenomeno, la mancanza di un dibattito pubblico adeguato e le cautele del mondo scientifico, che solo negli ultimi anni ha incrementato gli sforzi conoscitivi, rallentano la presa di coscienza e l’attuazione di misure efficaci su larga scala. Oltre a questi fattori, a ostacolare il tutto è la stessa natura del nostro modello di sviluppo, al cui al centro del nucleo vi è lo sviluppo industriale-tecnologico senza limiti. La pressione delle dinamiche del Sistema globale è così forte e stringente che anche coloro che vorrebbero gestire in maniera diversa l’accelerazione tecnologica si trovano in un mondo o nell’altro costretti ad adeguarsi ai trend attuali, pena l’esclusione dall’agire comune e i contraccolpi sul piano economico. Gli stessi accorgimenti personali in chiave protettiva, come la riduzione del tempo sui social network, un diverso uso degli smartphone o l’attuazione di pratiche sociali diverse, si scontrano con le imposizioni sociali-culturali-lavorative vigenti, specialmente nelle fasce giovanili dove si arriva anche alla paranoide paura generata dal Fomo – fear or missing out (‘paura di essere escluso’), ovvero la sensazione d’ansia provata da chi teme di essere privato di qualcosa di importante se non manifesta assiduamente la sua presenza sui social network.
Questo insieme di ostacoli pone serissimi dubbi sulla possibilità di contenere questa ‘pandemia mentale’ senza un mutamento epocale del nostro modello di sviluppo, ormai esteso su scala planetaria. L’improbabilità del cambiamento apre le porte a scenari di natura diversa, che sono già all’opera in questo decennio.
Impatti & conseguenze
L’Era del Disagio è una nuova crisi sistemica delle società moderne ed è destinata a condizionare la traiettoria del nostro sviluppo. Nel breve-medio termine dovremmo assistere al peggioramento del benessere mentale delle nuove generazioni, con un aumento dei disturbi psicologici, della solitudine e la prosecuzione dell’atomizzazione sociale, leggermente rallentata da alcune deboli contromisure sociali/istituzionali e reazioni istintive di adattamento.
Il ritiro sociale e il distacco dalla realtà, grazie anche alla virtualizzazione artificiale che presenta modelli e vite irrealistici, e in certi casi anche inesistenti – pensiamo alle nuove modelle presenti su i social network create dalle intelligenze artificiali –, alimenteranno molteplici derive e l’emersione di reazioni inquietanti generate dal tentativo di emulare standard irraggiungibili, come il boom della chirurgia estetica nelle adolescenti. A questo potrebbe accompagnarsi un declino cognitivo di massa, che si salderebbe con l’evidente invecchiamento della popolazione e le problematiche collegate a esso, fra cui un conflitto intergenerazionale determinato dall’incomprensione profonda fra le generazioni ‘analogiche’ – Baby Boomer & Gen X – formatesi nel mondo pre-digitale e quelle più recenti dei nativi digitali.
La crisi inoltre avrà quasi sicuramente un impatto in quattro macro-ambiti:
1) un’accelerazione del declino demografico, con la natalità ai minimi termini grazie anche alla frammentazione dei nuclei famigliari e l’incapacità di formare relazioni stabili e durature;
2) molteplici impatti sull’economia a causa del minore numero di persone in grado di essere produttive, rese inabili dal malessere psicologico;
3) un impatto dal punto di vista geopolitico, di cui si stanno riscontrando segnali precisi negli ultimi due anni, con i membri della generazione Z sempre più restii all’impegno militare e a una partecipazione politica estesa nelle società democratiche;
4) un ulteriore crollo della partecipazione sociale, delle attività di gruppo e un impoverimento culturale-cognitivo degli individui sempre più fragili.
Crisi plurigenerazionale?
Se la Generazione Z mostra segnali drammatici, la successiva Alpha potrebbe presentare dinamiche ancora più destabilizzanti. I nati dal 2012 in poi stanno crescendo circondati dagli smartphone e dai device digitali, in un contesto di crisi della Modernità. Il loro sviluppo infantile e adolescenziale sarà condizionato profondamente da questi elementi, con delle conseguenze sul lungo termine per ora impossibili da verificare. I disturbi dell’apprendimento nei bambini sono in crescita nelle rilevazioni nazionali, grazie a una maggiore attenzione del corpus scolastico e scientifico, ma anche a causa dell’eccessivo uso degli strumenti tecnologici che alimentano questo tipo di difficoltà, in un contesto di riduzione delle interazioni sociali.
Diversi figli della Generazione Millennial, che presenta varie fragilità psicologiche, potrebbero farsi portatori di ulteriori problematiche mentali e sociali non potendo contare su delle figure genitoriali equilibrate. Nei prossimi decenni, in particolare nella decade 2030-2040, multipli trend planetari diventeranno preponderanti e saranno gestiti da generazioni numericamente ridotte rispetto al passato, inevitabilmente indebolite dal malessere psicologico. Come si adatteranno di fronte ai rapidi cambiamenti planetari? Come affronteranno la prosecuzione della ‘pandemia mentale’? Quale direzione prenderà questa specifica crisi? Queste sono le domande che dovranno diventare centrali nel dibattito pubblico dei Paesi avanzati.
Note
- C. McCurdy, L. Murphy (a cura di), We’ve only just begun. Action to improve young people’s mental health, education and employment, Resolution Foundation, The Health Foundation, febbraio 2024; Mental health today A deep dive based on the 2023 Gen Z and Millennial survey, Deloitte, maggio 2023; Generation Z and Mental Health, The Annie E. Casey Foundation, febbraio 2023.
- J. Menasce Horowitz, N. Graf, Most U.S. Teens See Anxiety and Depression as a Major Problem Among Their Peers, Pew Research Center, febbraio 2019; C. Hopkins, Eating disorders among teens more severe than ever, in «NBC News», 29 aprile 2023; The Impact of Social Media on Youth Mental Health, in «Neurosciencenews», 23 maggio 2023.
- Jon Haidt, Why Some Researchers Think I’m Wrong About Social Media and Mental Illness, in «After Babel», 17 aprile 2023; D. Marengo, M. A. Fabris, C. Longobardi, M. Settanni (a cura di), Smartphone and social media use contributed to individual tendencies towards social media addiction in Italian adolescents during the COVID-19 pandemic, marzo 2022; 48% of Gen Z Say Social Media Makes Them Feel Anxious, Sad or Depressed 58% Are “Seeking Relief” from Social Media, Businesswire, 24 ottobre 2019; Gen Z mental health: The impact of tech and social media, McKinsey Health Institute, 28 aprile 2023; C. Miller, J. Bubrick, A. Hamlet, Does Social Media Use Cause Depression? How heavy Instagram and Facebook use may be affecting kids negatively, Child Mind Institute. Sul legame fra gli specifici disturbi depressivi e i social network vi sono anche studi che contestano gli effetti negativi: E. O’Donnell, Social Media Use and Adult Depression, in «Harvard Magazine», marzo-aprile 2022; K. Feldscher, Is social media use bad for young people’s mental health? It’s complicated, Harvard T.H. Chan, 17 luglio 2023; N. McCrae, Social media is not to blame for depression in young people, in «The Conversation», 2 marzo 2017.