Katie si sveglia alle otto meno un quarto. La scuola inizia alle otto e mezza, ma il traffico si aggrappa ostinato all’asfalto. Intenzioni condivise ammassate, come un blocco di cemento.
Un bacio sulla fronte da parte di suo padre, sull’uscio di casa. Lui è il capo del suo ufficio, riscalda la tazza che la moglie gli ha preparato sul tavolo apparecchiato, senza fretta. Accende la televisione e assiste alle svolte brusche di una città che conosce e non conosce. In famiglia hanno due macchine. Sua madre guida l’utilitaria con agilità, poi deposita Katie all’ingresso, come una celebrità a cui risparmiare passi di troppo.
Rethabile punta le lancette di una sveglia rudimentale sulle 6. La scuola inizia alle 8, ma per raggiungerla deve camminare per un’ora e mezza. Tra section A e section J nessun autobus di linea. Non fa caso al freddo che la investe quando si libera dei tre strati di coperte di lana, si veste pesante, senza badare alla moda o ad abbinamenti. Porta con sé una mela che consumerà lungo il tragitto. Lascia una casa in cui a salutarla rimane solo il rimbombo dei muri. I suoi escono nel buio delle quattro, con occhiaie scavate e schiene spezzate da sacchi pesanti. Anche guadagnarsi il pane ha un prezzo.
Classi riscaldate nelle scuole private, insegnanti bianchi si destreggiano tra lezioni di inglese, matematica, scienze e storia. Spagnolo come seconda lingua, perché è la seconda più parlata al mondo. Le scuole che Kate frequenta sono le migliori, perché i suoi genitori hanno per lei ambizioni che ancora non capisce bene. A lezione di inglese e matematica, a volte scienze ha insegnanti neri che spiegano in isi-Xhosa.
Rethabile conserva un pranzo frugale di porridge nella lunch-box che il coach le ha regalato. Alcuni suoi compagni lo comprano al KFC. Colossi trapiantati dall’emisfero boreale, cibo di qualità discutibile al costo di qualche rand. Lei lo considera il lusso della domenica, con tutta la famiglia.
Katie, il pomeriggio con le sue amiche va a prendere una cioccolata al Waterfront, e magari compra un capo di Zara e un paio di scarpe Adidas, ridendo senza sapere di cosa. Nessun load shedding in un shopping mall di ricchezza abbozzata. Non penseranno che quella in cui si sentono al sicuro è una bolla per bianchi, al rientro chiuderanno gli occhi o li agganceranno al cellulare. Non vedranno i cocainomani calcare il traffico in cerca di qualche spicciolo, con cartelli originali.
Doposcuola, Rethabile fa un’altra mezz’ora a piedi. Intorno, uomini a capo chino estraggono rame da binari che erano e non sono più, da ‘scambiare per soldi’. Lei arriva alla scuola di calcio femminile, una fondazione frutto di finanziamenti occidentali. Indossa una divisa già calda di un altro corpo e gioca a calcio. Lo sport insegna la disciplina, sempre e comunque, ma quando c’è il sole è meglio. Quando non gioca fa i compiti, oppure fa una spesa magra al Shoprite più vicino. Lavorerebbe, ma non ci sono posti di lavoro. Il lunedì e il giovedì volontari bianchi la aiutano con i compiti. Ha bisogno di imparare di più. Una di loro le dice che viene dall’Italia, ma tiene per sé il non detto di investimenti e voci sul curriculum. Rethabile da grande vorrebbe diventare pilota di aerei, le piacerebbe viaggiare e vedere il mondo da una prospettiva diversa. La volontaria le confessa che ha freddo, tenta la mossa di un’alleanza basata sulle sensazioni. Le chiede se in casa da lei abbiano un radiator. Rethabile non capisce. Quando G. le mostra un’immagine su Internet, lei risponde di non averne mai visto uno.
Tra un’equazione e l’altra sente i crampi allo stomaco, sussurra ‘I am hungry’ sulle pagine a quadretti di un quaderno aperto. È un regalo dei volontari, una di quelle che tra loro chiamano donazioni.
La sera, una cena senza dialogo, la televisione accesa e pietanze di cui curare la presentazione. La madre propone vacanze di sole in Madagascar, Katie non sa. Suo padre tutte le sere sceglie un libro da cominciare, ma la sera seguente non ne continua mai uno. Dopo cena, Kate studierà con tenacia, con voracità addirittura, sotto lo spettro di un privilegio da mantenere. Fuori dalla finestra, nella lontananza, luci spente. Buchi di bilancio di un’azienda energetica statale.
Rethabile deve fare un’altra ora di tragitto. A piedi, nel buio. Tiene gli occhi bassi, sa di sugar daddies e corpi venduti a ore tra gli insediamenti informali, tassi elevatissimi di una malattia che ha stadi con nomi diversi. PrEP, HIV, AIDS. È una malattia che rende inavvicinabili, perché l’ignoranza crea discriminazione. Cenerà in qualche modo al buio delle cinque, andrà a letto alle sei, con un abbraccio ai suoi e le coperte rimboccate alla sorella. Lascerà che il tramonto spenga i suoi sogni fino a domani. La sua è una famiglia che non sa aggirare la violenza del load shedding, né i proiettili che attraversano il ghetto con rabbia nella notte nera. Nella notte avrà visioni di mobilità sociale, di case a Camps Bay in cui c’è posto anche per lei. Si risveglierà nell’aggressività delle macchine della polizia incendiate, delle gang criminali nella mischia già affollata di taxisti indignati.
Katie si sveglia alle otto meno un quarto, perché la scuola inizia alle otto e mezza. Rethabile si è svegliata alle sei, ma andare a scuola significherebbe scavalcare i proiettili.
Resta asserragliata in casa, con una sorella minore a cui preparare il pranzo, e nella gola il pensiero di genitori ostinati per amore delle figlie. Un futuro migliore in cui credono ancora.