L’amministrazione condivisa dei beni comuni

Autore

Ettore Iorio

Data

21 Settembre 2022

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3' di lettura

DATA

21 Settembre 2022

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La dimensione globale delle sfide dei prossimi anni, come la crisi climatica e sanitaria, ha reso evidente la necessità di soluzioni collettive che rimettano al centro dell’azione i cittadini come principali attori dei cambiamenti in atto

Gli stessi rimedi posti in essere per fronteggiare la crisi pandemica si fondano in gran parte sulla cooperazione dei cittadini che, tramite il rispetto delle regole e delle precauzioni, tutelano la salute pubblica, non potendo da solo lo Stato apportare dei rimedi esaustivi che non implichino il coinvolgimento attivo e responsabile della cittadinanza. La salute dunque è un bene comune, così come l’ambiente o il patrimonio artistico, ma anche strade, piazze, parchi e scuole lo sono.

L’individuazione e il perseguimento degli interessi pubblici così come la cura dei beni comuni è da sempre stata prerogativa dello Stato e delle sue amministrazioni, di cui i cittadini erano inermi destinatari. Il contesto culturale e sociale che si è sviluppato negli ultimi anni impone un ripensamento dei rapporti tra Stato e cittadini ed in particolare della titolarità del perseguimento e della cura degli interessi collettivi.

La partecipazione alla vita pubblica vede i cittadini coinvolti principalmente nelle elezioni dei rappresentanti nel Parlamento, o nell’esperimento degli strumenti di democrazia diretta come i referendum o le delibere popolari. Ma nella quotidianità migliaia sono i cittadini che, associati e riuniti nella grande catena del Terzo settore, partecipano alla vita pubblica contribuendo alla cura dei beni comuni e degli interessi collettivi. Riconoscere l’importanza di tali realtà cittadine, conferire strumenti innovativi e ripensare il rapporto tra lo Stato e cittadini è stato oggetto di una rivoluzione che negli ha portato al modello dell’amministrazione condivisa.

Uno schema amministrativo che trova riconoscimento nell’articolo 118, ultimo comma, della Costituzione che testualmente afferma come «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».

Gregorio Arena, professore di diritto amministrativo all’Università di Trento, ha dato forma e applicazione a questo principio tramite un regolamento, ad oggi adottato da 273 Comuni in Italia, in cui cittadini e le amministrazioni collaborano per realizzare, tramite i patti di collaborazione, progetti di cura e tutela dei beni comuni per il perseguimento di interessi collettivi. Il cittadino, posto in una condizione di parità, diventa non più destinatario inerme ma alleato dell’amministrazione grazie ad un rapporto collaborativo dove le conoscenze dei bisogni e le energie della cittadinanza si fondono con gli strumenti e le competenze delle amministrazioni. Migliaia sono i patti ad oggi stipulati in tutta Italia per la cura del verde pubblico o del patrimonio artistico, per il recupero di immobili abbandonati o il riutilizzo di bene sequestrati alla mafia, fino alla tutela di interessi immateriali come la salubrità dell’aria o dell’acqua.

Il modello di amministrazione condivisa è un patrimonio unico del nostro ordinamento che non trova eguali in altre costituzioni europee o d’oltre oceano, il dato più importante che questo schema amministrativo porta con sé sono i benefici in termini sociali, una cittadinanza attiva e coinvolta nella cura dei proprio beni comuni è una cittadinanza più responsabile e consapevole ma anche più coesa e felice grazie alle sinergie ed integrazione sociale e culturale che si creano nella realizzazione dei patti.

La rivoluzione dell’amministrazione condivisa sta anche nel linguaggio utilizzato, in primis la parola patto sostituisce quella di contratto, generale schema giuridico che disciplina i rapporti tra l’amministrazione ed i privati. Mentre il contratto pone le parti su piani diversi e distanti, in cui l’amministrazione affida la realizzazione di un progetto di cui poi ne verifica la corretta esecuzione a fronte di un pagamento, il patto pone amministrazione e cittadini sullo stesso piano, in cui quest’ultimi vengono coinvolti non solo nella realizzazione ma anche nella ideazione e progettazione del patto da realizzare.

Questa fase di confronto è utile a far emergere una serie di bisogni di cui spesso le amministrazioni, quando preparano un bando o affidano la realizzazione di un servizio, sono ignare. Anche l’esecuzione dei progetti presenta aspetti innovativi sia per la natura aperta dei patti, che permettono in ogni momento di ampliare il novero dei cittadini o delle associazioni che ne fanno parte, e sia per il rapporto collaborativo e di continuo dialogo che si instaura con l’amministrazione che in molti casi mette a disposizione mezzi, risorse, coperture assicurative e tutto ciò che può essere utile alla realizzazione del patto di collaborazione.

Non è un caso che la riforma del Codice del Terzo Settore ha espressamente previsto all’articolo 55 il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore nella co-programmazione e co-progettazione con le pubbliche amministrazioni delle funzioni di programmazione e organizzazione. Un lessico nuovo che testimonia un cambiamento radicale di cultura civica ed amministrativa che può risanare il rapporto, negli ultimi anni deteriorato, tra cittadini e Stato in un patto per la rinascita del nostro Paese.

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