Informazione ed attivismo sono due dimensioni essenziali, soprattutto tra i più giovani, per costruire una propria presenza nell’agire pubblico come cittadino attivo e consapevole.
Mai come oggi però si constata una generale confusione su cosa sia informazione e cosa sia attivismo, scambiando spesso quest’ultimo per la prima o, al contrario, piegando e semplificando l’informazione per renderla facilmente condivisibile e dunque utilizzabile come forma di espressione digitale del dissenso. Azione impropriamente confusa per attivismo.
Attivismo e informazione digitale
Questa commistione tra attivismo e informazione digitale vede al generale processo di impoverimento e approssimazione dei contenuti informativi un inversamente proporzionale incremento della polarizzazione delle posizioni politiche. Conseguenza inevitabile è la diseducazione al dibattito e al confronto fino al generale ripudio della complessità, elemento indefettibile degli eventi che pone tutti, anche rispetto alle convinzioni più profonde, davanti alle contraddizioni dei fatti e delle idee.
Basti pensare a quanti pochi contenuti contraddittori, pensieri dissonanti o conoscenti con un pensiero politico differente troviamo nel feed dei nostri social per capire come tutto il processo mediatico non sia volto all’informazione ma alla consumazione della notizia. Dinamica che di conseguenza mina l’efficacia dell’attivismo che, in mancanza di strumenti informativi forti, cade facilmente nelle strumentalizzazioni e mistificazioni politiche delegittimandosi.
Nell’eterno presente della condivisione social, in cui la notizia del giorno supera e dimentica quella del giorno prima, solo un’informazione approfondita può restituire alla complessità quel ruolo cardine nel dibattito politico pubblico che in passato era il motore dell’attivismo nelle piazze, nelle università e nelle istituzioni.
Approssimarsi senza approssimare
Dalla reviviscenza della complessità emerge un nuovo significato di approssimazione, non più come concetto di sciatteria o di superficialità, bensì inteso nel suo senso riflessivo, come sforzo di approssimare se stessi il più possibile alla conoscenza tramite la ricerca e la comprensione della realtà, pur sapendo di potersi avvicinare alla verità senza mai raggiungerla. Attività dunque intrinsecamente fallace ma allo stesso tempo essenziale per rifiutare i dogmi e le semplificazioni, mere illusioni a cui abbandonarsi per sfuggire alle contraddizioni e responsabilità che l’accettazione della complessità comporta. Approssimarsi dunque non approssimare.
Quest’articolo dà il via ad una rubrica che ogni mese vuole offrire ai suoi lettori, tramite un’analisi dell’attualità, una visione sulle forme di attivismo e sul ruolo delle nuove generazioni alla luce delle sfide che ci attendono nel prossimo quarto di secolo.