Che cos’è un OGM? La maggior parte di voi penserà a un organismo che è stato modificato inserendo all’interno del suo DNA un pezzo di DNA derivante da un organismo di un’altra specie. Ed effettivamente avreste ragione: in questo caso l’organismo finale è definito transgenico, proprio perché ha subito un processo di transgenesi. L’organismo ospitante può essere qualsiasi (es. un animale, una pianta, un microrganismo) come anche quello da cui deriva il DNA (es. un animale, una pianta, un microrganismo, oppure anche inesistente in natura e costruita al computer). Il problema è che se ci fermiamo a questa definizione anche tanti altri organismi che non associamo alla transgenesi sarebbero OGM, come tutti quelli che derivano da incroci. Ci basti pensare alle tante piante e animali che coltiviamo e alleviamo, il cui materiale genetico (che qui semplificheremo con ‘genoma’) è stato mischiato con altri, come se fossero due mazzi di carte. E già qui capiamo che ci può essere confusione in definire cosa sia un OGM, e quindi anche su cosa indirizzare il nostro odio o amore nel caso in cui avessimo dei sentimenti specifici sul tema.
L’Unione Europea definisce gli OGM come gli organismi (esseri umani esclusi) il cui materiale genetico è stato alterato in un modo che non avviene naturalmente tramite la riproduzione o la ricombinazione naturale. Questo però comprenderebbe anche tutti gli organismi ottenuti tramite l’induzione di mutazioni casuali, poi selezionate, come nel caso di alcune piante (es. tipologie di grano): questa procedura diventa però un’eccezione, portando un prodotto che non è un OGM. Questa riga tra “OGM” e “non-OGM” è fondamentale, per una serie di motivi: da qui in poi ci limitiamo a considerare solo le piante per rendere il discorso più semplice.
Se una pianta viene catalogata come OGM deve passare procedure di controllo da parte dell’EFSA per autorizzarne la commercializzazione, la coltivazione e il consumo umano e/o animale nell’Unione Europea, considerando la salute umana e ambientale. Il prodotto finale deve essere poi chiaramente etichettato e venduto come OGM. Questo chiaramente ha un impatto sui consumatori e l’opinione pubblica, soprattutto se contraria agli OGM, in quanto di fatto si andrà a creare una lista di ‘cattivi’. Gli Stati membri possono unilateralmente decidere se, una volta dato il via libera dell’EFSA, coltivare o meno gli OGM sul proprio territorio: la maggior parte degli Stati, tra cui l’Italia, è fermamente per il no. La Spagna per esempio è il maggior produttore di OGM europeo, soprattutto mais transgenico per la mangimistica animale. Quindi di nuovo, le piante che rientreranno secondo il giudizio dell’EFSA (e della Commissione Europea) nell’insieme ‘OGM’ non potranno essere coltivate in Italia – per scelta nostra sia chiaro. Tuttavia non possiamo vietarne la commercializzazione, quindi l’importazione (anche da altre parti del mondo dove coltivano OGM, come per esempio USA e Brasile), in quanto violerebbe la libera circolazione di una merce che la Commissione Europea ha detto essere ok. E fin qui quasi tutto chiaro: sono pochi gli esempi diffusi sul mercato che lasciano dubbi, in quanto per esempio il mercato mondiale di mais, soia e cotone è dominato da piante transgeniche, per cui, tra una legislazione e l’altra, abbiamo pochi dubbi: sono OGM.
Tutto bellissimo fino a quando non spunta una tecnologia che permette ancor più facilmente di modificare il genoma delle piante, inserendo all’interno mutazioni con grande precisione. Si tratta dell’editing genomico, che forse avrete sentito parlare associato a CRISPR, che è una delle tecniche primarie con cui si ottiene questo risultato. Essenzialmente si inserisce nella pianta un pezzo di DNA (che chiameremo A) che codifica per una proteina che funge da forbice molecolare, un altro pezzo di DNA (B) che gli dice dove tagliare, ed eventualmente un altro pezzo di DNA (C) simile a quello della pianta all’altezza del taglio, ma solo con una mutazione studiata prima ad hoc. Il DNA C si inserisce nel genoma della pianta, e poi il DNA A e B vengono eliminati. Il risultato finale è una pianta che rispetto a prima ha solo una mutazione: domanda secca, è un OGM o no? Se non sai cosa rispondere, non ti preoccupare è normale, l’EFSA e la Commissione Europea ci hanno messo qualche anno per dare il proprio parere, perché questa situazione complica molto il delicato equilibrio che abbiamo descritto nel paragrafo precedente.
La questione non è banale, perché questa tecnologia, che ricade ora nelle NGT (new genomic techniques) o TEA (tecnologie di evoluzione assistita) in italiano, ha un potenziale impatto enorme sull’agricoltura, permettendo di sviluppare piante con proprietà uniche, come la resistenza a parassiti o condizioni climatiche avverse, senza la necessità di passare dalla transgenesi. Quindi abbiamo due scenari davanti: 1) le TEA sono considerati OGM perché effettivamente c’è un importante intervento biotecnologico umano, per arrivare sul mercato devono superare tanti controlli, l’Italia non li coltiva e ci perdiamo il treno 2) le TEA non sono considerati OGM perché alla fine il risultato finale potresti averlo ottenuto anche per mutazioni avvenute casualmente e selezionate come una qualunque varietà, non devono superare tutti i controlli dell’EFSA, l’Italia li coltiva e siamo tutti contenti.
Per farla breve il responso dell’EFSA è la seconda opzione, con alcune eccezioni che essenzialmente coinvolgono sempre la transgenesi. Però ora la domanda è: come l’hanno presa i vari portatori di interesse, scienziati, associazioni (di categoria o ambientaliste che siano), politici, pubblico che sono storicamente contrari agli OGM? La risposta è dipende: alcuni non sono contenti, dicendo che questa è una scappatoia per farci mangiare questi “nuovi OGM”, quindi brutti e cattivi, altri sono invece molto contenti, evidenziando come le TEA siano ben diversi dagli OGM (che evidentemente rimangono brutti e cattivi). Tra questi l’attuale governo italiano che ha addirittura dato una deroga permettendo la coltivazione sperimentale di piante ottenute tramite le TEA anticipando le mosse europee, che sono ancora nello stand-by legislativo, pur continuando a vietare gli OGM. Fermo restando che attualmente nella UE non esistono colture o animali derivanti esclusivamente da NGT autorizzati per la vendita come alimenti o mangimi (e tantomeno per la coltivazione).
In conclusione, dire cosa sia o cosa non sia OGM è complicato, in quanto sarà poi una legislazione man mano a definirlo, cercando di stare al passo della ricerca scientifica. Parafrasando una citazione calcistica: «OGM è quando arbitro fischia», ovvero quando l’ente regolatorio lo definisce tale. Ha senso quindi definirsi favorevoli o contrari agli OGM? Nel dubbio, sia molti dei supporter delle TEA che i loro deterrenti continuano a usare gli OGM come il termine di paragone negativo, continuando a costruire una narrazione che può essere controproducente in futuro.
In ogni caso, l’azione di governo ha permesso la coltivazione sperimentale di una varietà di riso modificata con CRISPR in modo da essere resistente al brusone, un patogeno di questa pianta. La Prof.ssa Vittoria Brambilla dell’Università di Milano ha personalmente piantato questo riso in provincia di Pavia a maggio 2024. Peccato poco dopo sia stato distrutto da ignoti. Di chi è la colpa? Non lo sappiamo, ma sicuramente l’aria di disinformazione e pregiudizi intorno agli OGM, e a tutto ciò che può ricadere o meno in questo insieme, non aiuta.