Quando la Costituzione incontra l’ambiente

Spagna, Italia, Francia: le vie giuridiche alla giustizia ambientale

Autore

Anna Beccaria

Data

24 Novembre 2025

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7' di lettura

DATA

24 Novembre 2025

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Dal Mar Menor all’Italia: il diritto come risposta all’inazione politica

In Europa, la crisi ambientale continua a sollecitare l’intervento politico, spesso caratterizzato da ritardi o misure insufficienti. In questo contesto, la giustizia costituzionale e la giurisprudenza emergono come strumenti capaci di supplire a vuoti politici, aprendo spazi di responsabilità e innovazione. Un esempio significativo arriva dalla Spagna, dove con la sentenza STC 142/2024 del Tribunal Constitucional e la Ley 19/2022, la laguna del Mar Menor è stata riconosciuta come soggetto di diritto, in relazione all’art. 45 della Costituzione spagnola, che tutela il diritto a un ambiente sano.

La Corte costituzionale ha operato una lettura evolutiva dell’art. 45 CE, dimostrando come il diritto possa cambiare ‘dall’interno’, senza bisogno di modifiche costituzionali radicali. In questo senso, il Mar Menor diventa una ‘breccia giuridica’ determinando non solo un riconoscimento formale dei diritti della natura, ma un esempio concreto di come la giurisprudenza possa innovare e colmare i vuoti lasciati dalla politica.

Da qui sorge spontaneo domandarsi se l’Italia possa intraprendere un percorso analogo, alla luce della riforma costituzionale del 2022 che ha introdotto la tutela ambientale e la compatibilità ecologica dell’iniziativa economica.

Il confronto che segue propone tre prospettive: la Spagna, quale modello interpretativo attraverso la giurisprudenza costituzionale; lItalia, la cui Costituzione verde è ancora in cerca di giurisprudenza attiva; La Francia, dove responsabilità civica e azione giudiziaria vengono impiegati come strumenti di accountability ambientale.

Italia. Una Costituzione verde ancora in cerca di applicazione

La riforma costituzionale del 2022 ha introdotto modifiche significative agli articoli 9 e 41, sancendo la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, e vincolando l’iniziativa economica al rispetto dell’ambiente e della salute. Questa cosiddetta ‘Costituzione verde’ non crea nuovi diritti autonomi per la natura, ma fornisce un quadro normativo fondamentale che può orientare l’azione dei giudici, delle autorità pubbliche e dei cittadini. La costituzionalizzazione della tutela ambientale rappresenta un passaggio cruciale, grazie alla quale inserire l’ambiente tra i principi fondamentali significa che ogni politica, legge o decisione economica deve essere letta alla luce di questo vincolo costituzionale.

L’articolo 9, in particolare, assume un ruolo di strumento interpretativo per i giudici. Qualsiasi atto normativo, decisione amministrativa o iniziativa privata che possa avere impatto sull’ambiente può essere valutato alla luce di questo principio costituzionale. Se uno Stato, un ente locale o un’impresa adotta un provvedimento che rischia di danneggiare gli ecosistemi, i tribunali possono chiedersi se quell’atto rispetta i principi fondamentali della Costituzione, tra cui la tutela dell’ambiente. Non si tratta di un nuovo diritto immediatamente applicabile, ma di un parametro chiaro per valutare la legittimità o l’illegittimità di azioni con conseguenze dannose per l’ambiente. In questo modo, la Costituzione diventa una chiave interpretativa più forte, rafforzando il ruolo dei tribunali nella protezione dell’ambiente e nella responsabilizzazione delle istituzioni e degli operatori economici.

Tale disposizione di rango costituzionale funge anche da fondamento intergenerazionale, riconoscendo che le scelte ambientali di oggi influenzano i diritti e le condizioni di vita delle generazioni future. L’articolo 41 completa il quadro, imponendo che l’iniziativa economica privata sia libera ma compatibile con l’ambiente e la salute, offrendo ai giudici un mezzo per limitare attività economiche potenzialmente dannose. 

Il caso PFAS di Vicenza, riguardante l’inquinamento massiccio da sostanze perfluoroalchiliche (‘PFAS’) nel territorio della Miteni di Trissino, con gravi ripercussioni su falde acquifere, ambiente e salute pubblica, rappresenta un esempio concreto di come, in Italia, la Costituzione e le norme ambientali già vigenti non siano automaticamente sufficienti a garantire la tutela effettiva dell’ambiente. Nonostante esistano strumenti normativi chiari per prevenire e limitare danni ecologici, la loro efficacia dipende in larga misura dalla volontà e dalla capacità della magistratura di interpretarli in chiave sostanziale, riconoscendo la centralità della protezione ambientale come principio costituzionale.

In questo contesto, i tribunali diventano veri e propri laboratori di applicazione dei principi costituzionali. In altre parole, la vicenda processuale mostra concretamente che il diritto ambientale può essere uno strumento potente solo se il meccanismo giudiziario è attivo e consapevole, nel quale il principio costituzionale diventa una ‘chiave interpretativa’ attraverso cui il tribunale può annullare, limitare e condannare atti dannosi per l’ambiente, trasformando norme astratte in tutela reale. 

In questo quadro, prende forma l’ipotesi che anche in Italia la giurisprudenza possa seguire il modello spagnolo, dove il diritto costituzionale viene reinterpretato in senso evolutivo per colmare i vuoti dell’azione politica. Se i tribunali riuscissero a leggere gli articoli 9 e 41 come strumenti sostanziali e non solo simbolici, l’Italia potrebbe trasformare la sua Carta in una leva concreta di responsabilità politica e collettiva, aprendo la strada a una tutela ambientale più efficace.

Francia. Quando i cittadini citano lo Stato: la lezione dell’Affaire du Siècle

Se la Spagna mostra come l’interpretazione costituzionale possa aprire varchi inattesi, la Francia offre un modello diverso: quello di una cittadinanza che utilizza il diritto come strumento di controllo sull’azione pubblica. L’Affaire du Siècle è oggi uno dei casi più emblematici di accountability climatica in Europa, dove nel 2019 quattro ONG tra cui Oxfam e Greenpeace hanno citato lo Stato per inazione climatica.

Questo caso ha segnato un punto di svolta nella comprensione del ruolo della giustizia climatica, non più come semplice strumento di tutela ambientale, ma un meccanismo di accountability dello Stato, capace di sollecitare interventi concreti laddove la politica mostra ritardi o insufficienze.

Il caso ha preso avvio dalla constatazione che lo Stato francese stesse violando i propri impegni climatici, come definiti dagli accordi internazionali e dalle proprie politiche nazionali. Il Tribunale amministrativo di Parigi, nel 2021, ha riconosciuto che le autorità pubbliche avevano causato un danno ecologico e che erano responsabili per non aver adottato misure adeguate a contrastare i cambiamenti climatici, in particolare rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni previsti nel budget carbone nazionale 2015–2018.

La sentenza è stata confermata dal Conseil d’État, che ha imposto allo Stato di correggere le proprie strategie e di adottare azioni concrete per ridurre le emissioni e proteggere l’ambiente, ribadendo allo stato francese l’obbligo di conformarsi non solo alle politiche interne, ma anche agli impegni internazionali, in primis l’Accordo di Parigi. I giudici hanno chiarito che gli obiettivi climatici non sono un programma politico generico, ma un vero obbligo giuridico, suscettibile di valutazione tecnica e di controllo giudiziario.

L’esito del caso mette in luce la capacità del diritto di diventare uno strumento di partecipazione civica e pressione politica, dove cittadini e associazioni non si limitano a denunciare danni ambientali, ma costringono le istituzioni ad assumersi le proprie responsabilità. L’Affaire du Siècle dimostra che la giustizia può supplire ai limiti della politica climatica, imponendo obblighi concreti e misurabili allo Stato, anche in assenza di modifiche legislative o costituzionali.

In prospettiva italiana, questa vicenda offre spunti significativi, soprattutto rispetto alla possibilità di utilizzare la giurisprudenza come leva per rendere effettiva l’applicazione dei principi costituzionali. In un contesto europeo più ampio, l’azione giudiziaria climatica diventa una nuova frontiera della cittadinanza attiva, in cui la società civile ha un ruolo diretto nel monitorare e influenzare l’operato delle istituzioni pubbliche.

Una strada italiana alla giustizia ambientale: tre modelli, una stessa supplenza

L’analisi dei tre contesti europei mette in luce modalità diverse con cui il diritto può supplire all’inerzia politica. Dalla Spagna emerge la potenza di un’interpretazione evolutiva della Costituzione, capace di legittimare il riconoscimento di diritti della natura. Dalla Francia arriva l’esempio di cittadini e ONG che, attraverso l’azione giudiziaria, costringono lo Stato a rispettare i propri impegni climatici, trasformando il diritto in strumento di accountability e partecipazione civica.

In Italia, la sfida consiste nel tradurre i principi costituzionali di tutela ambientale e compatibilità ecologica dell’iniziativa economica in strumenti concreti ed effettivamente applicabili. L’insegnamento principale risulta chiaro: anche in assenza di una politica ambientale sempre efficace, il diritto può creare strumenti di pressione e responsabilizzazione. Le cause climatiche rappresentano oggi non solo una difesa dell’ambiente, ma anche un meccanismo innovativo di democrazia partecipativa, in cui il giudice diventa garante degli impegni internazionali e delle promesse politiche.

Il diritto ambientale, se attivato dalla giurisprudenza e dalla società civile, può così trasformarsi in una leva di responsabilità politica e collettiva, esercitata dal basso verso l’alto.


Fonti bibliografiche

  • Tribunal Constitucional, STC 142/2024, España.
  • Ley 19/2022, sobre la protección del Mar Menor, España.
  • Costituzione della Repubblica Italiana, artt. 9 e 41, riforma 2022.
  • Tribunale amministrativo di Parigi, Affaire du Siècle, 2021.
  • Conseil d’État, conferma sentenza Affaire du Siècle, 2021.
  • Accordo di Parigi sul clima, 2015.
  • Caffo, F., Il caso PFAS di Vicenza: responsabilità ambientale e ruolo della giurisprudenza, 2022.
  • Bonvicini, S., La Costituzione verde italiana: opportunità e limiti della riforma costituzionale, Rivista di Diritto Ambientale, 2023.
  • Santini, L., Accountability climatica in Europa: strumenti giuridici e partecipazione civica, 2022.
  • Spadaro, A. (2022), Costituzione e ambiente: una nuova stagione dei diritti fondamentali?, in Forum di Quaderni Costituzionali.
  • Galletta, D. (2022), Una Costituzione verde per l’Italia: cosa cambia davvero, in Il Mulino Online, 18 febbraio 2022.
  • Legambiente (2023), Dalla Costituzione verde alla giustizia ambientale: primi bilanci della riforma costituzionale, Report nazionale, Roma.Di Tella, L. (2024), PFAS in Veneto: quando l’inquinamento incontra il silenzio istituzionale, in Internazionale, 22 marzo 2024
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