Cop29: aspettative, sfide e opportunità per l’azione climatica

Il summit di Baku si prepara a definire nuove azioni per affrontare la crisi climatica, con focus su obiettivi di mitigazione, adattamento e finanza.

Autore

Cristina El Khoury, Valeria Zanini

Data

8 Novembre 2024

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8 Novembre 2024

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Dall’11 al 22 novembre 2024, Baku, capitale dell’Azerbaigian, ospiterà la COP29, la Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, l’evento annuale in cui i leader mondiali si riuniscono per discutere di clima.

Ecco i principali temi che saranno oggetto di discussione.

Una svolta per la mitigazione

L’urgenza di agire contro la crisi climatica è stata messa in evidenza dal Global Stocktake (GST), il bilancio globale dei progressi verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, presentato alla COP28 di Dubai. Il GST ha chiaramente indicato che gli attuali impegni di mitigazione non sono sufficienti per limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Se la situazione rimarrà invariata, si prevedono conseguenze devastanti sugli ecosistemi, sulle risorse idriche e sull’agricoltura. Il GST raccomanda una riduzione delle emissioni di gas serra del 43% entro il 2030, del 60% entro il 2035 e dell’84% entro il 2050, rispetto ai livelli del 2019. Inoltre, è urgente triplicare la capacità di energia rinnovabile, per raggiungere gli 11.000 GW entro il 2030 e raddoppiare la velocità del miglioramento dell’efficienza energetica a livello globale. Questi obiettivi richiedono una profonda trasformazione nei settori industriale, dei trasporti e delle infrastrutture urbane, che dovranno adattarsi a standard più sostenibili e a basse emissioni di carbonio.

I Nationally Determined Contributions (NDC) rappresentano gli impegni nazionali con cui ciascun Paese dichiara le proprie strategie di decarbonizzazione e vengono rinnovati per aumentarne l’ambizione ogni cinque anni. Il prossimo ciclo di NDC dovrà essere finalizzato entro febbraio 2025. La COP29 avrà dunque il compito di promuovere una riforma ambiziosa degli impegni nazionali, con l’obiettivo di accelerare l’adozione di energie rinnovabili, migliorare l’efficienza energetica e ridurre drasticamente la dipendenza dai combustibili fossili.
Tuttavia, non esistono linee guida precise su cosa debba essere incluso negli NDC: la sfida di Baku sarà, quindi, quella di incentivare l’adozione di NDC sufficientemente ambiziosi. Per sostenere questo obiettivo, sarà necessario accordarsi su target chiari, sia qualitativi che quantitativi, per la riduzione delle emissioni e l’adattamento ai cambiamenti climatici, accompagnati da tempistiche precise e da un budget adeguato al loro raggiungimento.

L’implementazione dell’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi

Dopo l’insuccesso della COP28 nel definire metodologie, governance e l’autorizzazione dei crediti di carbonio, la responsabilità di finalizzare l’attuazione dell’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi ricade sulla COP29. Questo articolo rappresenta un pilastro strategico per creare un mercato globale di crediti di carbonio, che consenta ai Paesi di scambiare a livello internazionale gli obiettivi di mitigazione ottenuti a livello nazionale, incentivando così una riduzione delle emissioni su scala globale. La struttura dell’Articolo 6 è complessa, con i suoi principali punti di discussione incentrati su tre aspetti chiave:

  • Il paragrafo 2, che stabilisce le modalità per il trasferimento dei crediti di carbonio tra Paesi;
  • Il paragrafo 4, che richiede la creazione di un organismo di supervisione per garantire requisiti e processi uniformi nel mercato internazionale del carbonio;
  • Il paragrafo 8, che promuove la cooperazione tra Paesi per il raggiungimento degli obietti negli NDC tramite meccanismi non di mercato.

Tra le priorità tecniche vi è l’urgenza di definire in modo chiaro il concetto di carbon removal, attualmente troppo ampio e comprensivo di tecnologie sperimentali come la geoingegneria marina e le piantagioni monocolturali, che potrebbero compromettere l’integrità delle compensazioni. Un altro nodo centrale è la definizione dei processi di autorizzazione dei crediti di carbonio, dato che sussistono divergenze sul potere di modifica o revoca delle autorizzazioni una volta effettuato il primo trasferimento. È essenziale inoltre adottare metodologie rigorose di calcolo e verifica per evitare il doppio conteggio delle riduzioni delle emissioni: questo aspetto, se non gestito con trasparenza, rischia di minare la credibilità del mercato del carbonio e di compromettere gli obiettivi climatici globali, già ora insufficienti.

A livello politico, infine, la COP29 dovrà decidere tra un approccio centralizzato e uno decentralizzato per la gestione del mercato internazionale del carbonio. Molti Paesi in via di sviluppo spingono per una gestione centralizzata sotto l’egida delle Nazioni Unite, per garantire trasparenza, responsabilità e un accesso equo anche a quegli Stati che non dispongono di registri nazionali. Al contrario, alcune nazioni, come gli Stati Uniti, preferiscono un approccio decentralizzato, che consenta maggiore flessibilità per accordi bilaterali e riduca la supervisione internazionale.

Adattamento: proteggere le popolazioni più vulnerabili

Negli ultimi anni, le azioni di adattamento hanno guadagnato crescente rilevanza all’interno delle conferenze climatiche, poiché oggi circa 3,6 miliardi di persone sono considerate altamente vulnerabili1 agli impatti del cambiamento climatico. Con l’aumento della frequenza e intensità degli eventi climatici estremi, risulta essenziale investire in strategie di adattamento, specialmente per i Paesi più vulnerabili, che spesso sono anche quelli meno responsabili delle emissioni globali. La COP28 aveva invitato tutte le Parti a creare piani di adattamento nazionali entro il 2030, lasciando però in sospeso la questione chiave di come saranno finanziato i piani.   

La COP29 avrà come obiettivo il rafforzamento del Global Goal on Adaptation (GGA), il quadro di riferimento internazionale per l’adattamento climatico stabilito nell’Accordo di Parigi e già oggetto di discussione alla COP28. Durante quest’ultima, infatti, è stato approvato un framework che comprende temi cruciali come acqua, cibo, salute ed ecosistemi, che i Paesi potranno utilizzare per indirizzare i propri sforzi di adattamento. L’incontro di Baku si concentrerà sullo sviluppo di nuovi standard e strumenti per migliorare la valutazione e la gestione dei rischi legati al cambiamento climatico a livello nazionale.

Al centro dei negoziati si discuterà anche della necessità di un impegno finanziario concreto da parte della comunità internazionale per sostenere l’adattamento, con particolare attenzione alle esigenze dei Paesi in via di sviluppo, i più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico. Questi Paesi richiedono la mobilitazione di almeno 400 miliardi di dollari all’anno entro il 20302. È probabile, inoltre, che emergano discussioni sul ruolo dell’accesso a tecnologie avanzate e competenze tecniche per le economie emergenti o in via di sviluppo, elementi essenziali per un adattamento efficace.

Questo approccio integrato, che prevede supporto finanziario, tecnologico e formativo, è infatti fondamentale per permettere ai Paesi meno sviluppati di costruire strategie di adattamento sostenibili. L’accesso a risorse tecnologiche avanzate e competenze specialistiche si rivelerà cruciale per garantire che le economie a basso reddito possano adattarsi in modo adeguato, riducendo al minimo la vulnerabilità socioeconomica ed ecologica.

La COP29, dunque, avrà il compito di stabilire obiettivi quantitativi e misurabili, insieme a meccanismi concreti di attuazione, per promuovere un adattamento efficace e sostenibile alla crisi climatica.

Un nuovo obiettivo collettivo di finanziamento per il clima

Uno dei temi più dibattuti alla COP29 sarà la definizione del New Collective Quantified Goal on Climate Finance (NCQG). Il target attuale di 100 miliardi di dollari all’anno, fissato a Copenaghen nel 2009, si è rivelato ormai insufficiente per affrontare le crescenti esigenze di mitigazione e adattamento, stimate a 2400 miliardi di dollari l’anno per i Paesi considerati in via di sviluppo sotto l’UNFCCC, ad esclusione della Cina. Con proposte tra i 1.000 e i 1.300 miliardi di dollari annui, il nuovo obiettivo mira a mobilitare risorse significative destinate prevalentemente alle nazioni in via di sviluppo.        
La COP29 sarà chiamata a delineare una strategia di finanziamento climatico più ambiziosa e concreta, affrontando diversi ostacoli che complicano il raggiungimento di un accordo. Tra i principali nodi critici si trovano due aspetti centrali: la distribuzione della responsabilità finanziaria tra le nazioni e la tipologia di finanziamenti da erogare.

Infatti, un elemento chiave del dibattito riguarda l’eventuale inclusione di economie emergenti come Cina, India e Arabia Saudita tra i Paesi contributori finanziari. Sebbene classificati dall’UNFCCC nel 1992 come ‘in via di sviluppo’, questi Paesi hanno ora economie sviluppate. La richiesta di un contributo da parte loro, sollevata dai Paesi tradizionalmente considerati dall’UNFCCC come industrializzati, sta venendo però osteggiata, generando tensioni nei negoziati e rischiando di rallentare il processo decisionale.

Inoltre, c’è disaccordo sulla forma che il finanziamento dovrebbe assumere. I Paesi in via di sviluppo prediligono sovvenzioni e prestiti a tasso agevolato per ridurre il peso fiscale, mentre i Paesi industrializzati vorrebbero introdurre prestiti con maggiori garanzie.

Per garantire la credibilità del nuovo obiettivo finanziario globale, saranno indispensabili livelli elevati di trasparenza e chiarezza sugli impegni finanziari, per evitare che le risorse promesse siano in realtà una ricollocazione di fondi già destinati ad altri progetti, che minerebbe la fiducia tra i paesi beneficiari e contributori.

I leader mondiali saranno in grado di attuare strategie ambiziose per rispondere alle sfide climatiche incombenti?

Raggiungere un consenso sui temi chiave della COP29 non sarà semplice, a causa di numerosi ostacoli che rischiano di compromettere gli accordi. In primo piano si pone un contesto economico e politico sempre più instabile, caratterizzato da una crescente competizione internazionale. A ciò si aggiungono interessi nazionali divergenti, legati alle risorse energetiche e strategiche disponibili in ciascun Paese, e differenze sostanziali nella vulnerabilità agli impatti del cambiamento climatico e nella capacità di ciascuna nazione di contribuire alle soluzioni.

Un ulteriore punto di frizione riguarda la distribuzione delle responsabilità storiche delle emissioni tra i Paesi che per primi sono stati responsabili delle emissioni e che ancora oggi, cumulativamente, hanno emesso di più, che sono chiamati all’onere maggiore dell’azione climatica, e Paesi che, seppur hanno iniziato più tardi il percorso di sviluppo economico e di aumento delle emissioni, sono oggi tra i grandi emettitori, responsabili ogni anno di percentuali rilevanti delle emissioni globali.

È importante ricordare che le COP avanzano per progressi incrementali, costruendo gradualmente sui risultati delle edizioni precedenti. Anche se l’attuale panorama internazionale non sembra favorire una cooperazione solida, la COP29 potrebbe comunque rappresentare un’opportunità per avanzamenti significativi. Le aspettative sono alte in vista della COP30, che si terrà a Belém, in Brasile, già considerata una tappa cruciale per il futuro della governance climatica globale e per una possibile accelerazione dell’azione collettiva sul clima.

Note

  1. Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), Sesto Rapporto di Valutazione (AR6), Secondo Gruppo di Lavoro – Impatti, Adattamento e Vulnerabilità, 2022
  2. Oxford Institute for Energy Studies (OIES), Preparing for COP 29: Seven Critical Success Factors, 2024.
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