La pesca a strascico è un problema per la biodiversità

Autore

Redazione

Data

4 Settembre 2025

AUTORE

TEMPO DI LETTURA

1' di lettura

DATA

4 Settembre 2025

ARGOMENTO

PAROLE CHIAVE


Biodiversità

Pesca

CONDIVIDI

Un recente studio pubblicato sulla rivista internazionale Scientific Reports – realizzato dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ISPRA – ha rivelato che attività di pesca e alcune variabili oceanografiche influenzano molto la biodiversità del Mar Mediterraneo.

La ricerca si è basata su dati raccolti tra il 2014 e il 2020 in tre sotto-regioni del Mediterraneo (il Mare Adriatico, il Mar Ionio e il Mar Mediterraneo Centrale, il Mar Tirreno e il Mar Mediterraneo Occidentale). I dati sono stati utilizzati per calcolare due indici di biodiversità: la diversità alfa (il numero effettivo di specie in una comunità) e la diversità beta (una misura della differenza di specie tra diverse comunità). Modelli statistici sono stati poi applicati per spiegare le variazioni degli indicatori di biodiversità in funzione delle variabili ambientali e della pressione di pesca.
«Studi precedenti sulla biodiversità del Mediterraneo si sono concentrati su habitat costieri e comunità locali, spesso con dati limitati. Questa ricerca invece si concentra su una scala geografia abbastanza ampia e su monitoraggi standardizzati» afferma Davide Agnetta, ricercatore della Sezione di Oceanografia dell’OGS e primo autore dell’articolo.

I risultati indicano che variabili ambientali (come la profondità, la temperatura, la concentrazione di ossigeno o il tipo di substrato) e alcune attività di pesca influenzano la biodiversità in modo diverso a seconda dell’area, mentre lo strascico di fondo ha ovunque un effetto negativo sulla biodiversità e, di conseguenza, anche sulle risorse a disposizione per la pesca. Lo strascico di fondo è noto per ridurre abbondanza e taglia delle specie che vivono a contatto con il fondale marino e i risultati dello studio sembrano confermarlo: in alcune aree con forte pressione di pesca, risultano più abbondanti pesci pelagici piccoli e cefalopodi, probabilmente per la riduzione dei predatori.

Per approfondire: Le Scienze

Leggi anche
Clima, Oggi
1′ di lettura

Abbiamo violato 7 dei 9 limiti planetari

di Redazione
Società
Freccette
4′ di lettura

Combattere contro i mulini (ad acqua)

di Giuseppe Santagostino
Oggi, Scienza
1′ di lettura

Il nostro cervello ha una direzione preferita?

di Redazione
Cultura
Viva Voce

Mondo animale e nativi americani

di Edoardo Serini
5′ di lettura
Società
Viva Voce

Naturalmente unico. Comunicarsi fuoriclasse del biologico

di Gloria Ballestrasse
3′ di lettura
Politiche
Viva Voce

Retorica, iperboli e strategie semantiche della comunicazione di Trump

di Massimiliano Frenza Maxia
5′ di lettura
Scienza
Viva Voce

I polpi possono cambiare colore: ma a quale costo?

di Redazione
3′ di lettura
Economia
Viva Voce

Etica e leadership sostenibile: il vero lavoro delle HR

di Antonella Cozzi
5′ di lettura
Scienza
Viva Voce

Perché ridiamo?

di Redazione
3′ di lettura

Credits

Ux Design: Susanna Legrenzi
Grafica: Maurizio Maselli / Artworkweb
Web development: Synesthesia