Un recente studio pubblicato sulla rivista internazionale Scientific Reports – realizzato dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ISPRA – ha rivelato che attività di pesca e alcune variabili oceanografiche influenzano molto la biodiversità del Mar Mediterraneo.
La ricerca si è basata su dati raccolti tra il 2014 e il 2020 in tre sotto-regioni del Mediterraneo (il Mare Adriatico, il Mar Ionio e il Mar Mediterraneo Centrale, il Mar Tirreno e il Mar Mediterraneo Occidentale). I dati sono stati utilizzati per calcolare due indici di biodiversità: la diversità alfa (il numero effettivo di specie in una comunità) e la diversità beta (una misura della differenza di specie tra diverse comunità). Modelli statistici sono stati poi applicati per spiegare le variazioni degli indicatori di biodiversità in funzione delle variabili ambientali e della pressione di pesca.
«Studi precedenti sulla biodiversità del Mediterraneo si sono concentrati su habitat costieri e comunità locali, spesso con dati limitati. Questa ricerca invece si concentra su una scala geografia abbastanza ampia e su monitoraggi standardizzati» afferma Davide Agnetta, ricercatore della Sezione di Oceanografia dell’OGS e primo autore dell’articolo.
I risultati indicano che variabili ambientali (come la profondità, la temperatura, la concentrazione di ossigeno o il tipo di substrato) e alcune attività di pesca influenzano la biodiversità in modo diverso a seconda dell’area, mentre lo strascico di fondo ha ovunque un effetto negativo sulla biodiversità e, di conseguenza, anche sulle risorse a disposizione per la pesca. Lo strascico di fondo è noto per ridurre abbondanza e taglia delle specie che vivono a contatto con il fondale marino e i risultati dello studio sembrano confermarlo: in alcune aree con forte pressione di pesca, risultano più abbondanti pesci pelagici piccoli e cefalopodi, probabilmente per la riduzione dei predatori.
Per approfondire: Le Scienze