Nuove classi sociali e spazio politico nella società italiana.

Neoplebe, classe creativa, élite’ continua il dibattito sulla trasformazione delle classi sociali nella società italiana di oggi.

Autore

Teresa Pullano

Data

10 Ottobre 2022

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5' di lettura

DATA

10 Ottobre 2022

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Dall’analisi degli strati sociali alla trasformazione delle classi nell’Italia di oggi

Perulli e Vettoretto tornano a parlare di classe. La loro analisi fotografa il cambiamento sociale delle classi nell’Italia contemporanea. Questa è già, di per sé, una delle ragioni dell’importanza del libro Neoplebe, classe creativa, élite. Sono infatti ormai rari gli studi che hanno come tema la trasformazione delle classi sociali nel mondo contemporaneo, e in particolare in Italia. Perulli e Vettoretto, sociologo urbano il primo e urbanista il secondo, privilegiano il termine di strato, categoria più generale rispetto a quella di classe, termine quest’ultimo che indica la relazione tra posizione sociale e rapporti di produzione. Tuttavia, lo studio non si limita a fornire dei dati, seppur molto importanti, sulle variazioni della composizione della società italiana in termini di professioni, di titoli di studio e quindi anche di ruolo all’interno della società stessa dei vari gruppi sociali. Perulli e Vettoretto propongono un quadro teorico che dia il senso del passaggio da una società di classe moderna, articolata in borghesia, classe media e classi popolari, a una nuova divisione dei gruppi sociali tra élite, classe creativa e neoplebe.

La professione è la variabile principale utilizzata dallo studio, considerata nel periodo che va dalla crisi finanziaria del 2008 al 2020. Le varie professioni sono analizzate secondo il criterio del livello di competenza necessario al loro svolgimento e dalla natura stessa del lavoro, se manuale o intellettuale ecc. A partire da un totale di 129 classi professionali, Perulli e Vettoretto individuano i tre strati principali da cui traggono il titolo del libro. I due autori, pur attenti a tenere separate le due categorie di strato e di classe sociale, si pongono tuttavia delle domande che sono alla base di una riflessione sulla trasformazione non solo della composizione materiale, descrittiva, dei gruppi sociali, ma anche della visione del mondo e del sé che la consuetudine con un universo lavorativo, oppure il livello di studio, contribuiscono a formare. Il legame tra lavoro, professione e visione sociale e politica è la relazione al centro del libro di Perulli e Vettoretto.

In che modo le trasformazioni del mondo della formazione e del lavoro comportano una ridefinizione della composizione sociale e politica della società? I temi dei fattori di formazione e di alterazione degli strati sociali, così come degli elementi che potrebbero rendere possibile l’assunzione di una ‘coscienza di classe’ da parte dei membri dei vari strati sono presenti, seppur a volte sottotraccia, lungo tutto il discorso del libro di Perulli e Vettorello. 

Il primo merito di Neoplebe, classe creativa élite è quello di ripensare la composizione di classe della società italiana contemporanea e di proporre un aggiornamento del lessico politico. Infatti, continuare ad analizzare i fenomeni sociali e politici del presente con categorie sociali che non corrispondono più alla realtà di oggi ci porta a non comprendere i mutamenti che abbiamo sotto gli occhi. 

Trasformare gli spazi urbani ed i territori per cambiare la società

L’originalità dell’analisi, il coup de force del testo, risiede nel collegare le trasformazioni degli strati sociali con la loro distribuzione spaziale. Il territorio, le regioni, il tessuto urbano, le città e infine la costruzione dello spazio da parte sia del tessuto economico, degli individui e dei gruppi sociali e delle politiche pubbliche, sono attori centrali del cambiamento sociale. 

L’Italia non è solo divisa in tre strati sociali, ma anche in tre spazi geografici che si traducono in spazi sociali. L’élite, ovvero lo strato sociale che ha funzioni di management pubblico e privato, si concentra nel Nord-Ovest; il Centro è caratterizzato dalla presenza della classe creativa, che comprende i lavoratori dell’economia della conoscenza; infine il Mezzogiorno è lo spazio della neoplebe, che comprende i vecchi ceti medi, il proletariato dei servizi, gli operai e il lavoro manuale. 

Alla differenziazione territoriale e spaziale corrisponde una differenziazione sociale, economica, in parte perfino culturale e forse, in ultima analisi, politica. Nell’Italia di oggi, sono cambiati i territori e gli strati sociali della politica, e vi è una relazione tra i due piani che va elaborata, come fanno Perulli e Vettoretto. 

Gli spazi dominati dalla presenza della neoplebe, il Mezzogiorno, pur con differenze ed eccezioni che il libro illustra in modo preciso, sono anche i territori disinvestiti dalle politiche pubbliche e di welfare, pubblico e privato. Sono gli stessi territori colpiti dalla maggiore mobilità interna, dove le persone con titoli di studio più elevati si spostano nelle regioni del Nord, e quelli in cui i processi di internazionalizzazione dell’economia sono marginali. Una prima indicazione appare chiara dallo studio: se non si affronta la questione meridionale, il grado di sviluppo sociale ed economico dell’intero Paese continuerà a essere inferiore rispetto a quello del resto dell’Europa. Vi è dunque un estremo bisogno di politiche pubbliche regionali, urbane, territoriali, che intervengano nell’ambito delle possibilità di accesso a titoli di studio e attività di formazione, ai servizi di welfare territoriali, nello sviluppo di infrastrutture regionali e urbane. Urge dunque ripensare, con Perulli e Vettoretto, le radici spaziali delle ineguaglianze sempre più forti tra strati sociali. In una logica competitiva, simile a quella delle politiche urbane e territoriali nel resto d’Europa, le risorse economiche, incluse il capitale umano, si concentrano nelle principali aree urbane, ovvero Milano, Bologna, Genova, Torino, Roma. Le regioni con una maggiore presenza degli strati sociali dell’élite e della classe creativa sono anche quelle che attraggono maggiormente lavoratori qualificati. Le politiche pubbliche territoriali e di welfare sono più forti laddove vi è già un elevato grado di internazionalizzazione e di centralità rispetto alle reti globali. Purtroppo, la svolta nelle politiche urbane e regionali impressa dagli anni Ottanta in poi, in Italia e in Europa, ha implicato il forte ridimensionamento di politiche di coesione sociale e territoriale a favore di politiche di competizione tra i territori e tra le città

Il declassamento dell’Italia e le vie d’uscita possibili

Queste politiche non hanno funzionato per l’Italia. Infatti, se l’obiettivo è quello di favorire una maggiore competitività del paese su scala internazionale, sarebbe auspicabile una rinnovata mobilità sociale e una riduzione della neoplebe in favore di classe creativa ed élite. Invece, a inizio 2020, la neoplebe costituisce la maggioranza dei soggetti, con il 58% del totale, mentre la classe creativa rappresenta l’11%, che sale al 31% con i suoi strati di servizio, e l’élite l’1%, che sale all’11% con gli strati di servizio. Dal 2008 al 2020, l’élite si è drasticamente assottigliata, con un calo del 50% su base annua. La classe in crescita è quella creativa, aumentata del 23% in totale dal 2008 al 2020. La neoplebe rimane sostanzialmente stabile. 

Sono due i dati rilevanti: la neoplebe costituisce la larga maggioranza della società italiana, avvicinandosi al 60% dei lavoratori. La classe creativa è in crescita, è dunque l’unico strato della società che vede una possibilità di ascesa sociale. 

Molto utile è il confronto tra i dati italiani e quelli degli altri paesi europei che gli autori fanno nell’ultimo capitolo del libro. Sia per presenza dell’élite che per la presenza della classe creativa, l’Italia è ben al di sotto della media europea e lontana anni luce da paesi come Regno Unito, Francia e Germania. Per quanto riguarda le élite, l’Italia è addirittura l’ultima tra i Paesi europei. La mancanza di un’élite consistente si traduce in una scarsa visione di futuro per le decisioni economiche e politiche del Paese. Per presenza della classe creativa, l’Italia precede solo Paesi come la Spagna, l’Ungheria, la Slovacchia, la Romania e la Bulgaria. Si avvicina a questi anche per la consistente presenza della neoplebe, ridotta nelle principali democrazie europee. 

Sono dati allarmanti, che parlano del declassamento dell’Italia all’interno dell’Europa. Questo declassamento, avvertito dai cittadini italiani, che li avvicina molto di più agli ex Paesi comunisti che non ai Paesi fondatori dell’Unione europea, può forse spiegare il voto degli Italiani per i partiti populisti e per i partiti nazionalisti. 

Ci auguriamo che l’analisi proposta da Perulli e Vettoretto susciti un ampio dibattito, data la notevole importanza e la chiarezza della proposta interpretativa. La proposta politica del libro è quella di rinforzare la coscienza di classe della classe creativa e di andare verso un’alleanza tra neoplebe e classe creativa per interrompere il declino, il declassamento dei territori e della società. L’educazione civica e la formazione rivestono in questa proposta un ruolo essenziale, che ci sentiamo di condividere appieno. Bisognerebbe estendere il dibattito alla questione della rappresentanza politica. Come si traduce la nuova fotografia delle classi in termini di rappresentanza politica? Quali partiti rappresentano la neoplebe, la classe creative e l’élite? E quindi quali alleanze sono auspicabili e possibili?

Sarebbe inoltre molto interessante ampliare il lavoro iniziato nell’ultima parte del libro e chiedersi in che modo la posizione, territoriale, economica, sociale e politica dell’Italia in Europa ne influenzi le dinamiche sociali e come intervenire anche sullo spazio europeo per invertire il declassamento italiano. 

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